L'intuizione dell'istante La psicoanalisi del fuoco
prima edizione 1973
nuova edizione con revisione di Barbara Sambo
con un'introduzione di Jean Lescure sulla poetica di Bachelard
Due testi fondamentali della ricerca filosofica di Bachelard; il primo, sul tempo, la durata e l’intuizione che ne abbiamo, pone le basi della «filosofia aperta» e discute Bergson, Roupnel, Einstein; il secondo, sul fuoco, inaugura la serie dei saggi dedicati agli elementi della materia.
- Collana: La Scienza Nuova
- ISBN: 9788822002464
- Anno: 2010
- Mese: febbraio
- Formato: 14 x 21 cm
- Pagine: 232
- Tag: Psicoanalisi Psicologia Filosofia Tempo Poesia
I due saggi raccolti in questo volume sono accomunati da una valorizzazione della poesia, intesa come forma più elevata di conoscenza, che ci consente di superare i limiti del pensiero scientifico e di quello filosofico. «La poesia è metafisica istantanea; in un breve componimento deve trasmettere una visione del mondo e il segreto di un animo, di un essere e degli oggetti». Il primo saggio, sul tempo, la durata e l’intuizione che ne abbiamo, pone le basi della «filosofia aperta» e discute Bergson, Roupnel, Einstein. Il secondo saggio approfondisce un tema in cui l’atteggiamento oggettivo non ha mai potuto realizzarsi. Bachelard ritiene che il problema posto dalle nostre convinzioni sul fuoco debba essere affrontato sul piano psicologico. A suo parere, esso costituisce il primo fenomeno in cui lo spirito umano è riflesso: solo il fuoco rappresenta, per l’uomo preistorico, il desiderio di conoscere. In termini junghiani, il fuoco è responsabile di un complesso arcaico fecondo, perciò «una specifica psicoanalisi deve distruggerne le dolorose ambiguità».
Jean Lescure, Introduzione alla poetica di Bachelard - L’INTUIZIONE DELL’ISTANTE - Introduzione - 1. L’istante - 2. Il problema dell’abitudine e il tempo discontinuo - 3. L’idea del progresso e l’intuizione del tempo discontinuo - Conclusione - Istante poetico e istante metafisico - LA PSICOANALISI DEL FUOCO - Prefazione - 1. Fuoco e rispetto: il complesso di Prometeo - 2. Fuoco e rêverie: il complesso di Empedocle - 3. Psicoanalisi e preistoria: il complesso di Novalis - 4. Il fuoco sessualizzato - 5. La chimica del fuoco: storia di un falso problema - 6. L’alcol: l’acqua che brucia. Il punch: il complesso di Hoffmann. Le combustioni spontanee - 7. Il fuoco idealizzato: fuoco e purezza - Conclusione
Conclusione
Se il presente lavoro potesse essere ritenuto la base di una fisica o di una chimica della rêverie, l’abbozzo di una determinazione delle condizioni oggettive della rêverie, dovrebbe preparare gli strumenti per una critica letteraria oggettiva nel significato più preciso del termine. Dovrebbe dimostrare che le metafore non sono semplici idealizzazioni che partono, come razzi, per esplodere nel cielo, svelando la loro futilità, ma che, al contrario, le metafore si definiscono e si coordinano più delle sensazioni, al punto che uno spirito poetico è semplicemente una sintassi di metafore. Ogni poeta dovrebbe elaborare un diagramma per indicare il significato e la simmetria delle sue coordinate metaforiche, esattamente come il diagramma di un fiore fissa il significato e le simmetrie della sua azione floreale. Non esiste fiore reale senza questa convenzione geometrica. E non c’è fioritura poetica senza una certa sintesi di immagini poetiche. Questa tesi non si propone di limitare la libertà poetica, né di imporre una logica, o una realtà, alla creazione del poeta. È successivamente al suo sbocciare che crediamo di scoprire il realismo e la logica intima di un’opera poetica. A volte, immagini eterogenee, che credevamo ostili, eteroclite, dissolventi giungono a fondersi in un’immagine adorabile. I mosaici più stravaganti del surrealismo esprimono all’improvviso gesti coerenti; un’iridescenza rivela una luce profonda; uno sguardo che scintilla di ironia ha un lampo di tenerezza: l’acqua di una lacrima sul fuoco di una confessione. Tale è dunque l’azione determinante dell’immaginazione: trasformare un mostro in un neonato!
Ma un diagramma poetico non è semplicemente un disegno: deve trovare il modo di integrare le esitazioni, le ambiguità che, da sole, possono liberarci dal realismo, permettendoci di sognare; la difficoltà del compito che mi sono proposto consiste proprio in questo. Non si fa poesia nel contesto di un’unità: l’unico non ha proprietà poetiche. Se non riusciamo a fare di meglio che rivolgerci alla molteplicità ordinata, possiamo servirci della dialettica per risvegliare risonanze sopite. Osserva giustamente Armand Petitjean: «L’agitazione della dialettica del pensiero, con o senza immagini, contribuisce più di ogni altra cosa a determinare l’Immaginazione». Prima di tutto bisogna esaminare gli slanci di un’espressione riflessa, psicoanalizzare le immagini familiari per accedere alle metafore e soprattutto alle metafore di metafore. Allora si capirà come Petitjean abbia potuto scrivere che l’Immaginazione sfugge alle determinazioni della psicologia, psicoanalisi compresa, e che costituisce un regno autoctono e autogeno. Sottoscrivendo questo punto di vista, sono convinto che sia l’Immaginazione, più della volontà o dello slancio vitale, la forza stessa della produzione psichica. Psichicamente, siamo creati dalla nostra rêverie. Creati e limitati dalla rêverie, che delinea i confini estremi del nostro spirito. L’immaginazione lavora al suo culmine, come una fiamma, ed è nella regione della metafora di metafore, nella regione dadaista in cui il sogno, come sostenuto da Tristan Tzara, è la misura di un’esperienza, quando la rêverie trasforma forme preliminarmente trasformate, che si deve cercare il segreto delle energie mutanti. Dobbiamo trovare il modo di installarci là dove l’impulso originale si scinde, tentato senza dubbio da un’anarchia personale, ma assoggettato alla seduzione altrui. Per essere felici bisogna pensare alla felicità di un altro. Emerge un’alterità nelle gioie più egoiste. Il diagramma poetico deve dunque suscitare una scomposizione delle forze, rompendo con l’ideale ingenuo ed egoista dell’unità della composizione. Il principale problema della vita creatrice può essere espresso in questi termini: come disporre di un avvenire non dimenticando il passato? Come ottenere che la passione si illumini senza raffreddarsi?
Poiché l’immagine diventa psichicamente attiva solo attraverso le metafore che la scompongono, e poiché uno psichismo veramente nuovo ha origine solo dalle trasformazioni più spinte, nella regione della metafora di metafore, si comprende meglio l’enorme produzione poetica delle immagini del fuoco. Tra le matrici di immagini, il fuoco è il più dialettizzato. Soltanto il fuoco è soggetto e oggetto. Risalendo alla radice dell’animismo, si ritrova sempre il calore. Solo ciò che è caldo viene immediatamente riconosciuto come vivente. Il calore fornisce la prova per eccellenza della ricchezza e permanenza sostanziale, attribuendo un significato immediato all’intensità vitale, all’intensità dell’essere. Se paragonate all’intensità del fuoco intimo, le altre intensità sensibili appaiono inerti, statiche e senza destino! Non costituiscono reali avanzamenti e non mantengono la loro promessa. Non si attivano in una fiamma e in una luce che simbolizzino la trascendenza.
Il fuoco intimo si dialettizza in tutte le sue proprietà, come in una replica di questa dialettica fondamentale del soggetto e dell’oggetto. Basta infiammarsi per contraddirsi. Quando un sentimento raggiunge la tonalità del fuoco, esponendosi in tutta la sua violenza nelle metafisiche del fuoco, si può star certi che racchiuderà una somma di contrari. L’essere amante vuole essere puro e ardente, unico e universale, drammatico e fedele, istantaneo e permanente. Di fronte all’enorme tentazione, la Pasifae di Vielé-Griffin mormora:
Un souffle chaud m’empourpre,
un grand frisson me glace.
Impossibile sfuggire a questa dialettica: avere coscienza di bruciare equivale a raffreddarsi; percepire un’intensità equivale a ridurla. L’intensità è maggiore se inconsapevole: questa è l’amara legge dell’uomo attivo.
Tale ambiguità spiega le esitazioni passionali; in ultima analisi, tutti i complessi collegati al fuoco sono complessi dolorosi, complessi al tempo stesso nervosi e poetici, complessi reversibili. Il paradiso si può trovare nel movimento o nel riposo, nella fiamma o nella cenere.
Dans la clairière de tes yeux
montre les ravages du feu ses oeuvres d’inspiré
et le paradis de sa cendre.
Prendere il fuoco o darsi fuoco, annullare o annullarsi, seguire il complesso di Prometeo o il complesso di Empedocle; tale è il cerchio psicologico che converte tutti i valori, dimostrando così la discordanza dei valori. Ciò prova che il fuoco è responsabile, in termini junghiani, di un complesso arcaico fecondo, e che una specifica psicoanalisi deve distruggerne le dolorose ambiguità per meglio sviluppare le vivaci dialettiche che conferiscono alla fantasia la sua vera libertà e la sua funzione di psichismo creatore.
11 dicembre 1937
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