Il diritto di sognare
prima edizione 1974
nuova edizione con revisione della traduzione di Barbara Sambo
In una raccolta di saggi, che vanno dal 1942 al 1962, l’originalissima e feconda ricerca sull’immaginazione, l’inconscio, la paura, i sogni, di uno dei filosofi che più profondamente hanno segnato la cultura del nostro tempo.
- Collana: La Scienza Nuova
- ISBN: 9788822002396
- Anno: 2008
- Mese: luglio
- Formato: 14 x 21 cm
- Pagine: 208
- Tag: Psicologia Filosofia Immaginazione Sogni Inconscio
I saggi raccolti in questo volume, scritti da Bachelard tra il 1942 e il 1962, testimoniano il suo ininterrotto percorso di ricerca di una sintesi tra pensiero razionale e immaginazione. Da un lato, si colloca la scienza, realizzazione progressiva della ragione; dall’altro, vi sono gli ostacoli che la frenano, conferendo al progresso un carattere discontinuo. L’immaginazione costituisce appunto uno di questi ostacoli, espressione del sentimento, dell’irrazionalità, dell’istinto. Bachelard, figura emblematica dell’epistemologia francese, si presenta in questo libro non come un filosofo, ma come un pensatore che si concede il diritto di sognare. Il suo obiettivo dichiarato è di trasmettere l’intensità del mondo, restituendo la filosofia alle sue visioni primitive. A questo scopo, fa riferimento anzitutto alle sue personali passioni: la letteratura, la poesia, l’arte. Sulla base di una nuova e originale prospettiva critica, propone una rilettura dei lavori di poeti come Baudelaire, Rimbaud, Mallarmé, Eluard; dei pittori Chagall, Monet, Segal, degli scultori Waroquier e Chillida; degli incisori Marcoussis e Flocon; degli scrittori Poe, Balzac, Brosse. Soltanto scrittori e artisti ci aiutano, secondo Bachelard, ad accedere a un mondo di primitiva bellezza.
Avvertenza - I. ARTI - Le ninfee o le sorprese di un’alba d’estate - Introduzione alla Bibbia di Chagall - Le origini della luce - Il pittore sollecitato dagli elementi - Simon Segal - Henri de Waroquier scultore: l’uomo e il suo destino - Il cosmo del ferro - Un sogno della materia - La divinazione e lo sguardo nell’opera di Marcoussis - Materia e mano - Introduzione alla dinamica del paesaggio - Le traité du burin di Albert Flocon - Castelli in aria - II. LETTERATURA - Serafita - Le avventure di Gordon Pym - Rimbaud, il fanciullo - La dialettica dinamica della rêverie di Mallarmé - Victor-Emile Michelet - Germe e Ragione nella poesia di Paul Eluard - Una psicologia del linguaggio letterario: - Jean Paulhan - L’ordine delle cose - III. RÊVERIES - Lo spazio onirico - La maschera - Radio e fantasia - Momento poetico e momento metafisico - Frammento di un diario dell’uomo
Le ninfee o le sorprese di un’alba d’estate
Il n’y a point de Polype, ni de Caméleon, qui puisse
changer de couleur aussi souvent que l’eau.
Jean-Albert Fabricius, Théologie de l’Eau
I
Le ninfee sono i fiori dell’estate, che sanciscono l’arrivo della bella stagione. Al loro apparire sulle acque dello stagno, il giardiniere prudente sa di poter trarre dalla serra gli aranci. E, se già a settembre precocemente sfiorisce il nenufaro, ciò è segno che l’inverno sarà lungo e duro. Chi desideri, come Claude Monet, fare una buona provvista di bellezza acquatica, conviene si levi presto dal letto e lavori in fretta, perché lo attende il racconto della breve e ardente storia dei fiori d’acqua.
Ecco dunque il nostro Claude partire di buon mattino. Forse, avviandosi verso l’ansa delle ninfee, corre col pensiero a Mallarmé, che scelse il nenufaro bianco come simbolo di qualche Leda amorosamente inseguita. Forse egli ripete fra sé la pagina del poeta che nel bel fiore ravvisa «[...] un nobile uovo di cigno[...] che non d’altro si gonfia se non della vacanza squisita di sé...». E così, abbandonandosi alla gioia di vedere presto fiorita la sua tela, il pittore, con la vena scherzosa con cui si rivolge sempre ai suoi modelli, nell’atelier come nei campi, si domanda:
Quel oeuf le nénuphar a-t-il pondu la nuit?
E sorride, pregustando la sorpresa che lo attende. Affretta il passo. Ma
Déjà la blanche fleur est sur son coquetier.
E tutto lo stagno è avvolto nel profumo del suo fiore fresco, il fiore giovane, il fiore ringiovanito dalla notte.
Al calar della sera – Monet l’ha visto migliaia di volte – il giovane fiore va a coricarsi sotto l’onda. Non si dice forse che il suo peduncolo rievoca la notte, ritraendosi nel tenebroso fondale di limo? E così a ogni aurora, il fiore della ninfea – immensa sensitiva delle acque – rinasce con la luce, ristorato da un buon sonno nella notte estiva, ed è perciò un fiore eternamente giovane, figlio immacolato dell’acqua e del sole.
Tanta giovinezza ritrovata, una così fedele sottomissione al ritmo del giorno e della notte, una tale puntualità nel segnare l’attimo dell’aurora, tutto ciò fa della ninfea il fiore stesso dell’impressionismo. La ninfea è un istante del mondo, un mattino degli occhi, il sorprendente fiore di un’alba estiva.
Inevitabilmente viene il giorno in cui il fiore è troppo forte, troppo maturo, troppo consapevole della sua bellezza per rassegnarsi a nasconderla quando cala la sera. Bello come un seno, la sua bianchezza ha assunto una sfumatura di rosa, un lieve tocco rosato senza il quale il bianco non avrebbe coscienza del proprio candore. Questo fiore un tempo non lo si chiamava forse Clavus Veneris? E nella vita mitologica antecedente la vita d’ogni cosa, incarnò Eraclion, la forte ninfa morta di gelosia per avere troppo amato Eracle.
Ma Claude Monet sorride di questo fiore all’improvviso permanente: ieri infatti il suo pennello lo ha reso immortale. Il pittore può dunque proseguire il racconto della giovinezza delle acque.
II
Come tutto è nuovo in un’acqua mattinale! Quale intensa vitalità deve possedere questo fiume-camaleonte per rispondere con tanta prontezza al caleidoscopio delle prime luci del giorno! La vita di un’acqua tremula ravviva tutti i fiori, il più lieve movimento di un’acqua stagnante è l’esca cui abbocca una bellezza floreale.
L’acqua si agita con palpiti di fiore, dice il poeta. Un nuovo fiore complica il disegno di tutto il fiume. Un arbusto più eretto dona nuove e più ornate increspature. E che dire di questo giovane iris d’acqua spuntato fra il rigoglioso verde dei nenufari? Bisogna che il pittore lo colga subito nel suo incredibile trionfo! Eccolo dunque, all’esterno tutto aggressività, con le sue foglie aguzze, mentre fa ricadere sui flutti, con sferzante ironia, la sua lingua color zolfo.
Un filosofo disposto a osare, davanti a una composizione acquatica di Monet, potrebbe elaborare le dialettiche dell’iris e della ninfea, la dialettica della foglia eretta e della foglia pendula, pesantemente e saggiamente poggiata sul filo dell’acqua. Senza dubbio si tratta della dialettica essenziale della pianta acquatica: da un lato desidera innalzarsi, animata da non si sa quale ribellione contro l’elemento nativo; dall’altro aspira a restare fedele al suo elemento. La ninfea ha compreso la lezione di calma impartita dall’acqua dormiente. Siffatto sogno dialettico ci consentirà forse di cogliere, in tutta la sua squisita grazia e delicatezza, la dolce verticalità che si manifesta nella vita delle acque stagnanti. Ma il pittore tutto ciò lo sente d’istinto, e sa trovare nei riflessi una legge sicura che compone in altezza il calmo universo acquatico[…].
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