La poetica della rêverie
prima edizione 1973
nuova edizione
revisione di Barbara Sambo
Il sogno come apertura all’ignoto e al cosmo, la coscienza creatrice del poeta e le immagini poetiche esaminate nella prospettiva bachelardiana; un’epistemologia sempre in bilico tra ragione scientifica e fenomenologia dell'immaginario.
- Collana: La Scienza Nuova
- ISBN: 9788822002372
- Anno: 2015
- Mese: luglio
- Formato: 14 x 21 cm
- Pagine: 224
- Tag: Psicoanalisi Filosofia Immaginazione Linguaggio Epistemologia Poesia Sogni
La rêverie – fantasticheria, immaginazione, abbandono al flusso del sogno a occhi aperti – è uno stato della coscienza che tutti conosciamo. Gaston Bachelard, figura emblematica dell’epistemologia francese, la definisce come la materia prima dell’opera letteraria. In questo testo, evocativo e magico, si propone di riesaminare in una nuova prospettiva le immagini poetiche fedelmente amate. Oltre a evidenziare il valore conoscitivo della rêverie, mette in luce il godimento che se ne può trarre. Facendo riferimento ai concetti junghiani di animus e anima, Bachelard affronta il tema dell’idealizzazione dell’essere amato. Dedica un capitolo ai ricordi d’infanzia e approfondisce la distinzione tra sogno notturno e rêverie diurna. Conclude sostenendo: «Di quale altra libertà psicologica godiamo oltre a quella di fantasticare? Psicologicamente parlando, è proprio nelle rêveries che siamo degli esseri liberi».
Introduzione - 1. Rêveries sulla rêverie - Il sognatore di parole - 2. Rêveries sulla rêverie - «Animus» e «Anima» - 3. Le rêveries sull'infanzia - 4. Il «cogito» del sognatore - 5. Rêverie e cosmo
Introduzione
In un recente saggio dedicato all’immaginazione poetica, ho cercato di dimostrare l’utilità del metodo fenomenologico, chiarendo, secondo i princìpi della Fenomenologia, la presa di coscienza di un soggetto affascinato dalle immagini poetiche. Tale presa di coscienza, che la Fenomenologia moderna attribuisce a tutti i fenomeni psichici, sembra conferire un valore soggettivo durevole a immagini che spesso manifestano solo un’oggettività incerta ed effimera. Costringendoci a un ritorno sistematico su noi stessi, a uno sforzo di chiarezza nel cogliere un’immagine offerta da un poeta, il metodo fenomenologico ci incoraggia a comunicare con la coscienza creatrice del poeta stesso. Malgrado la sua semplicità, la nuova immagine poetica si trasforma in origine assoluta, in origine di coscienza. Nell’epoca delle grandi scoperte, un’immagine poetica può rappresentare l’origine di un mondo, il germe di un universo immaginato nella rêverie di un poeta. La presa di coscienza dello stupore suscitato dal mondo creato dal poeta ha una dimensione del tutto primitiva. Senza dubbio, la coscienza aspira a più alti destini e si rinsalda applicandosi a opere che hanno tra loro uno stretto legame. In particolare, «la coscienza di razionalità» ha un carattere di permanenza che costringe il fenomenologo ad affrontare un problema complesso: in che modo la coscienza si concatena in un intreccio di verità? Al contrario, la coscienza immaginante, aprendosi su un’immagine isolata, ha – almeno a prima vista – minori responsabilità. Considerata in rapporto a immagini separate, la coscienza immaginante potrebbe dunque contribuire a una pedagogia elementare delle dottrine fenomenologiche.
Ecco, tuttavia, un duplice paradosso. Perché, si domanderà il lettore, sovraccaricare un libro sulla rêverie con quel pesante apparato filosofico che è il metodo fenomenologico?
Perché, dirà da parte sua il fenomenologo, scegliere una materia così fluida come le immagini per esporre i princìpi della fenomenologia?
Sarebbe molto più semplice se potessimo adottare il metodo tradizionale dello psicologo, che descrive ciò che osserva, misura i livelli, classifica i tipi – che vede nascere l’immaginazione nei bambini, senza mai domandarsi in che modo muoia nell’uomo comune.
Ma il filosofo può trasformarsi in uno psicologo? Può piegare il suo orgoglio fino ad accontentarsi della constatazione dei fatti, dopo essere penetrato, con lo sforzo e l’entusiasmo richiesti, nel regno dei valori? Un filosofo rimane, come si usa dire oggi, «in situazione filosofica».
Talvolta ha la pretesa di ricominciare tutto daccapo, ma si illude... Ha letto talmente tanti libri di filosofia! Con il pretesto di studiarli e di insegnarli, ha deformato parecchi «sistemi». Quando giunge la sera e il filosofo non insegna più, crede di avere il diritto di rinchiudersi nel suo sistema preferito.
È così che ho scelto la fenomenologia: nella speranza di riesaminare sotto nuova luce le immagini fedelmente amate, così tenacemente fissate nella memoria, al punto che, quando le ritrovo nelle mie rêveries, non saprei dire se le sto immaginando o ricordando.
03 luglio 2015 | Teologia |
19 Gennaio 2023 | Gazzetta di Mantova |
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