Il pollo di Marconi

Prologo





Marconi, il pollo e il cardinale
Bologna, luglio 1895

Guglielmo Marconi, inventore del telegrafo senza fili e premio Nobel per la Fisica nel 1909, aveva iniziato fin da giovane a fare esperimenti con l’elettricità a casa propria, la Villa Griffone vicino a Sasso Marconi (Bologna). Al punto che, a soli vent’anni, era diventato celebre fra i contadini della zona, che vedevano bagliori violacei uscire dalla finestra del suo laboratorio al secondo piano dove testava i suoi apparecchi accompagnato dal fragore delle scintille. Si era persino diffusa la voce che le mucche della zona avessero smesso di fare il latte perché le antenne della villa attiravano troppa corrente elettrica.
I vecchi del paese giravano al largo da «cal mat ed Marconi», quel matto di Marconi, e sussurravano di streghe e diavoli che si davano convegno al Griffone: «Da lì bisogna passare al largo!». E lui, che aveva un animo goliardico, non faceva nulla per smentire quella nomea. Anzi, sfruttò il suo armamentario elettrico, capace di fare cose mai viste prima, per divertirsi alle spalle di chi non ne sapeva nulla.
Un giorno, fece prendere uno spavento clamoroso a un’inserviente che lavorava nella sua villa, Clara Corsini. La donna aveva lasciato in cucina un pollo spennato. Quando lei uscì per riempire un secchio d’acqua, il giovane Marconi entrò in cucina e collegò dei fili elettrici alle zampe del pollo. I cavi erano connessi a un rocchetto a induzione, un trasformatore (allacciato a una batteria) capace di generare impulsi ad alta tensione. Poi Marconi si nascose nel corridoio e attese che Clara tornasse in cucina. Quando la donna si avvicinò al tavolo per prendere il pollo e metterlo nella casseruola, Marconi accese il contatto e all’improvviso il corpo del pollo si mise a saltare sul tavolo come se fosse vivo, muovendo i muscoli delle zampe. Clara lanciò un urlo, piantò tutto e fuggì all’aperto gridando che il pollo era resuscitato. Marconi la inseguì per convincerla a rientrare in cucina: «È solo uno scherzo, il pollo è morto, non preoccuparti!». Ma la donna non ne volle più sapere: rimase terrorizzata, ormai convinta che Marconi fosse «uno stregone».
Non fu l’unica volta in cui Marconi sfruttò i suoi pionieristici strumenti elettrici per fare uno scherzo. Un giorno venne a sapere che sarebbe arrivato dalle sue parti il cardinale di Bologna, Domenico Svampa: l’alto prelato avrebbe soggiornato per due notti a Pontecchio, a poco meno di un chilometro da Villa Griffone. Avrebbe dormito nella “stanza del papa”, chiamata così perché aveva ospitato tutti i vescovi e cardinali di passaggio a Bologna, compreso Giacomo Della Chiesa, poi diventato papa Benedetto XV.
Era un’occasione ghiotta per Marconi. Appresa la notizia, qualcuno lo sentì dire: «Il cardinale sentirà che cosa succederà questa notte!». Così organizzò un altro tecno-scherzo. Il giovane inventore conosceva l’arciprete di Pontecchio, don Domenico Calzolari, e frequentava abitualmente la canonica. Riuscì a entrare nella stanza del cardinale Svampa nascondendo sotto il suo letto un ricevitore collegato con un campanello. Nel cuore della notte, da Villa Griffone, Marconi lo fece squillare premendo un pulsante. E lo ripeté diverse volte, facendo sempre svegliare di soprassalto il cardinale, che non sapeva spiegarsi da dove potesse venire quel suono. Così chiamò in suo aiuto don Calzolari, che sotto il letto trovò il ricevitore con il campanello e capì tutto: chi poteva averlo messo se non «quel matto di Marconi»?
Il cardinale, tuttavia, non si offese per lo scherzo. Anzi, il giorno successivo volle conoscerne l’autore. E parlando con lui comprese che quel giovane stava facendo esperimenti davvero rivoluzionari. Marconi ne fu lusingato, ma chiese al cardinale di non raccontare a nessuno quell’episodio: infatti non aveva ancora brevettato la sua straordinaria invenzione.
Negli anni successivi, ricordando quegli esperimenti (e quegli scherzi) pionieristici, Marconi confidò ad Adelmo Landini, suo fedele assistente: «Probabilmente se fossi vissuto nel Medioevo mi avrebbero bruciato vivo!».