La frontiera Mediterranea
Tradizioni culturali e sviluppo locale
a cura di Pietro Barcellona e Fabio Ciaramelli
La frontiera mediterranea costituisce una delle radici più scoperte dell'attuale crisi dell'Europa, tanto sul piano storico-culturale quanto sul piano socioeconomico. Il volume, curato da Pietro Barcellona e Fabio Ciaramelli, ospita i contributi di: Giuseppe Galasso, Franco Benigno, Franco Cassano, Rada Ivekovic, Ricardo Timm De Souza, Bruno Pinchard, Ugo M. Olivieri, Antonio Pioletti, Mario Alcaro, Ugo Leone, Ivano Spano, Enzo Scandurra, Cornelia E. Nauen, Mario Centorrino, Vincenzo Fazio, Lorenzo Barberi.
- Collana: Strumenti / Scenari
- ISBN: 9788822053572
- Anno: 2006
- Mese: marzo
- Formato: 14 x 21 cm
- Pagine: 224
- Tag: Storia Politica Economia Politica internazionale Europa
Il Mediterraneo come frontiera meridionale di un'Europa che non rinunci alle sue tradizioni culturali è uno spazio a più dimensioni, in cui devono vigere regole di convivenza in grado di garantire il pluralismo, il confronto e l'integrazione. L'unico modello di sviluppo praticabile per la regione è radicato nelle realtà locali, nella loro storia e nelle loro specificità. Ecco perché l'Europa non può offrire al Mediterraneo solo tecnologia, burocrazia e regole monetarie, senza aprire un credito di carattere culturale e decisionale nei confronti delle aree più distanti dai suoi centri di potere. Insomma, un'Europa che mantenga vivo il senso della propria identità e che voglia salvaguardare i propri livelli di sviluppo non può disinteressarsi della regione che la mette in contatto col Sud del mondo. Questo libro a più voci nasce dal tentativo di rompere la chiusura specialistica degli statuti disciplinari, i quali finiscono con l'inseguire i frantumi di una realtà sempre più complessa, ma anche priva di leggibilità complessiva, e presenta l'esperimento ambizioso di mettere insieme competenze, analisi ed esperienze diverse, spaziando dalla dimensione storico-antropologica a quella socioeconomica. Il Mediterraneo diventa così il luogo e il pretesto per uno scambio proficuo tra cultura umanistica e tecnologie sociali.
Saggi introduttivi di Pietro Barcellona e Fabio Ciaramelli - I. MEMORIA STORICA E PROSPETTIVE DI FUTURO - La dimensione culturale del Mediterraneo di Giuseppe Galasso - Il Mediterraneo dopo Braudel di Franco Benigno - Il Mediterraneo contro tutti i fondamentalismi di Franco Cassano - Ragione con-divisa, fra passione e ragione di Rada Ivekovic - Noi e gli altri. L'incontro tra culture come esperienza filosofico-antropologica di Ricardo Timm De Souza - La filosofia e il mare: il tremolare della marina di Bruno Pinchard - Immagini letterarie del Mediterraneo e canone occidentale di Ugo M. Olivieri - Contaminazioni euromediterranee nel processo di formazione delle letterature europee di Antonio Pioletti - Le culture mediterranee tra identità e alterazione di Mario Alcaro - II. LO SPAZIO MEDITERRANEO FRA CONFLITTI E INTEGRAZIONE - Ambiente e sostenibilità nell'area mediterranea di Ugo Leone - La costruzione sociale del territorio: il Mediterraneo come paradigma di Ivano Spano - Abitare e produrre nei luoghi del Mediterraneo di Enzo Scandurra - Ricerca e cooperazione nell'Ue e nel Mediterraneo: apertura di strade per lo sviluppo sostenibile di Cornelia E. Nauen - Sviluppo e integrazione sociale di Mario Centorrino - Prospettive di integrazione economica e finanziaria di Vincenzo Fazio - Quale sviluppo locale per il Mediterraneo? di Lorenzo Barbera
Saggi introduttivi di Pietro Barcellona e Fabio Ciaramelli
Questo libro nasce da un Convegno internazionale sul Mediterraneo, promosso dal «Centro Braudel» dell'Università di Catania nel novembre 2004, con l'intento di reagire alla ricorrente rappresentazione del Sud in termini di arretratezza ed emarginazione. In opposizione a questa tendenza, è urgente individuare l'attualità e la complessità della questione mediterranea, tematizzandola in tutta la sua ampiezza e nella molteplicità delle problematiche disciplinari che essa suscita. Il Mediterraneo, infatti, costituisce un sistema complesso di condizionamenti geografici, tecnici, economici, sociali e culturali. Senza questo intreccio non si capirebbero le innumerevoli decisioni individuali che al suo interno vengono prese ogni giorno, in maniera più o meno libera e determinata. Alla loro base, bisogna perciò riconoscere una serie di condizionamenti sociali ed economici i quali, però, lungi dall'essere immobili, sono a loro volta l'effetto di una lenta trasformazione storica. Maurice Aymard ha scritto che «questa presenza del passato nel presente delinea la frontiera fra ripetizione e innovazione o rottura», e a partire da queste parole di ispirazione braudeliana, Giuseppe Galasso ha affermato che «la tesi di Braudel, pur relativa al '500, anzi alla seconda metà del '500, è in realtà una tesi che postula e fonda durate ben più lunghe di un solo secolo», sicché «omogeneità ed eterogeneità delle realtà mediterranee non si escludono affatto reciprocamente». In questa prospettiva vanno considerate le tensioni che attraversano la «regione» mediterranea. La prima delle quali è costituita senz'altro dal fenomeno migratorio, che non può essere letto soltanto attraverso la griglia dell'analisi economica, ma deve essere messo innanzitutto in relazione al rapporto tra le diverse culture e tradizioni. Un'Europa che mantenga vivo il senso della propria identità e che sviluppi al suo interno un'articolazione delle mediazioni culturali, non può correre il rischio di vivere sotto il segno della paura dello straniero. Una società capace di accogliere il diverso deve essere un luogo dove vigono regole di convivenza in grado di garantire il pluralismo, il confronto e l'integrazione. Il Mediterraneo è, in questa fase, il luogo più esposto alla «tensione» migratoria, perché è il luogo in cui l'inclusione e l'integrazione risultano estremamente ardue tanto a Sud quanto a Nord, a causa di una profonda crisi di auto-rappresentazione e del vuoto culturale che investe l'Europa. Un'ulteriore tensione, profondamente legata alla prima, è rappresentata dalla «destabilizzazione» politica. La guerra in Iraq, la questione mediorientale e la precarietà dei regimi politici in quell'area, la difficile collocazione della Turchia, la tragedia palestinese, la crisi socio-economica dell'Italia meridionale, per citare solo alcuni problemi rilevanti, innescano continue situazioni di crisi e di insicurezza, che di certo non attutiscono il peso dei fenomeni terroristici o criminosi. Per fronteggiare tensioni ed emergenze è necessario ripensare il Mediterraneo e il suo rapporto con l'Europa, da un lato, e con i paesi dell'Africa e del Medioriente, dall'altro. Il Mediterraneo ha alle spalle una storia di dialogo e di convivenza millenaria fra mondi diversi e contigui, grazie alla quale si può dire che esso si è sempre costituito come l'elemento della mediazione: fra l'assolutismo asiatico e il razionalismo europeo, tra la passione e la ragione, tra la forza e la libertà, fra la terra e il mare. In questo senso, il Mediterraneo rende possibile un'altra «rappresentazione» del mondo, che non coincide né con il principio del mare, né con il principio della terra, proprio perché in esso si è realizzata una singolare coesistenza degli opposti, che ha avuto forma nella filosofia greca, nella tragedia e nella polis. Castoriadis, commentando una lirica di Saffo – «era l'ora in cui le pleiadi si tuffano nelle isole ... è l'ora della mia solitudine...» – in un breve saggio dedicato al tema del linguaggio, riflette sulla traduzione corretta del termine «ora» e la ricollega all'intero contesto della poesia di Saffo. La nozione di «ora» usata dalla poetessa non è il minuto, non è l'ora dell'orologio, ma è la stagione del mondo, l'epoca della vita, il momento degli astri. «Ora» dovrebbe tradursi con mille e mille parole, perché le parole degli uomini non sono segni che automaticamente rimandano a un significato determinato, ma sono aperture di universi simbolici, nel cui spazio noi abitiamo. Questo è il linguaggio dell'Occidente e, in questo senso l'identità dell'Europa è costituita dall'assenza di un'identità rigida; a partire dalla storia del Mediterraneo, infatti, l'identità dell'Europa si costituisce come un'identità di accoglienza. Una volta l'Europa e l'Asia erano «sorelle». Nei Persiani, la madre di Serse, sogna due donne, la donna dorica e la donna asiatica, che rappresentano due mondi: il mondo della libertà e quello del vincolo. A partire da questa eredità classica, cioè euro-mediterranea, lo spazio europeo può essere pensato come il linguaggio di un'assenza che non sarà mai colmato da una presenza, e solo un linguaggio del genere può ridare corpo e spessore all'esperienza propriamente politica. Come scrive Cacciari, bisognerebbe fare lo sforzo di ricostruire un'identità storica. Nel mondo classico, l'Europa esiste perché incontra l'Asia; così come l'Europa moderna esiste quando si scopre l'America. La Nazione Europea, come la intendeva Lefebvre, è una originale coesistenza di culture diverse. L'Europa non può essere che questo: mediterranea. Non l'Europa mercantile, economica e finanziaria in competizione con gli Stati Uniti (dai quali viene fatalmente fagocitata), ma una forza che può resistere alla globalizzazione in nome di una tradizione di civiltà che non è consegnata alle singole nazioni, e che perciò può essere pensata come la nazione europea, cioè come il contenitore simbolico di una molteplicità di risposte […].
02 giugno 2006 | Il Mondo |