La matematica e la sua storia - vol. 4
Dal XVIII al XXI secolo
prefazione di Gabriele Lolli
L’ultimo volume di una storia della matematica che vede per la prima volta i matematici come persone immerse nel loro tempo: la fine di un viaggio affascinante e imperdibile.
- Collana: La Scienza Nuova
- ISBN: 9788822002778
- Anno: 2020
- Mese: ottobre
- Formato: 14 x 21 cm
- Pagine: 512
- Tag: Matematica
Disponibile
L’ultimo volume di una tetralogia destinata a diventare un unicum della divulgazione scientifica, dedicata a un avvincente viaggio nella storia della matematica, dalle origini ai giorni nostri. Con un linguaggio accessibile, immediato e coinvolgente viene raccontato lo stupefacente e produttivo periodo che va dal XIX al XXI secolo attraverso la storia dell’evoluzione delle sue idee, dei suoi protagonisti, dei tempi, dei luoghi e degli eventi.
Prefazione di Gabriele Lolli - Premessa - Capitolo 1 La nascita di un’idea nuova di algebra - Capitolo 2 Le geometrie non euclidee - Capitolo 3 La risoluzione dei problemi dell’Ellade classica - Capitolo 4 Il programma di Erlangen e la topologia - Capitolo 5
Verso la conquista dell’infinito matematico - Capitolo 6 Il contributo di Georg Cantor - Capitolo 7 La “crisi dei fondamenti” - Capitolo 8 Nuove scuole epistemologiche per la fondazione della matematica - Capitolo 9 Il trionfo della logica matematica - Capitolo 10 Recenti successi della matematica - Conclusione - Bibliografia - Indice dei nomi
Verso la conquista dell’infinito matematico - Capitolo 6 Il contributo di Georg Cantor - Capitolo 7 La “crisi dei fondamenti” - Capitolo 8 Nuove scuole epistemologiche per la fondazione della matematica - Capitolo 9 Il trionfo della logica matematica - Capitolo 10 Recenti successi della matematica - Conclusione - Bibliografia - Indice dei nomi
Prefazione
di Gabriele Lolli
Anche chi non è storico di professione riconosce l’utilità, o meglio la necessità, della storia nell’insegnamento della matematica, con due obiettivi: da una parte vedere momenti e modi di creatività, cosa che non si può fare con i manuali, ma solo risalendo al contesto dei lavori originali; dall’altra rendere evidente e spiegare il fatto che la matematica è sempre in crescita.
Non è una crescita solo cumulativa, di tecniche e risultati per le teorie di base, e non è neanche solo estensione in ampiezza, e dispersione, ché anzi si va sempre più verso unificazioni; ma è pur vero che il passato è sempre recuperato, in linguaggi più familiari.
Molto felicemente, questo volume inizia nella prima pagina anticipando la cronaca di una “rivoluzione culturale”, che non è stata né la prima né l’ultima: «Dai primi decenni del XIX secolo, […] la matematica ha cambiato volto, ha cambiato aspetto, ha cambiato prospettive, ha cambiato la sua stessa storia».
Il primo esempio offerto nel libro esprime un vero salto epistemologico: è quello delle equazioni algebriche e della ricerca di soluzioni per radicali delle equazioni di V grado. Il salto qui raccontato è il passaggio dalla ricerca di soluzioni come pratica matematica allo studio della risolubilità. Il nuovo oggetto di studio è evidentemente più astratto delle semplici equazioni singole. Cosa vuol dire studiare la risolubilità? La risolubilità va rappresentata, per essere trattata matematicamente. Nel caso di Niels Henrik Abel (1802-1829), dopo aver dimostrato l’impossibilità di una soluzione generale radico-razionale delle equazioni di V grado, indipendentemente trovata da Paolo Ruffini (1765-1822), il giovane matematico norvegese si orientò a cercare le caratteristiche delle equazioni di grado maggiore di quattro che permettessero di trovare un metodo per decidere quali possono essere risolte con operazioni radico-razionali e quali no. Questo aspetto fu poi sviscerato da Évariste Galois (1811-1832). Per studiare un concetto nuovo, occorrono di solito altri concetti, prima non considerati. Allo scopo, Abel introdusse novità che presto si rivelarono feconde, il concetto algebrico di corpo e le funzioni ellittiche; Galois presentò il concetto di gruppo. Concetti fortemente unificanti. Con le loro teorie, l’astrazione si materializza nelle strutture.
La regola di Ruffini, che gli studenti conoscono, resta didatticamente proponibile anche se sembra «superfluo darle un nome proprio», ma non può essere un capitolo del programma di studio; l’etichetta dell’argomento è la risolubilità delle equazioni, da iniziare con la dimostrazione d’impossibilità di Ruffini qui riportata, che ci permette di seguire la lotta del matematico e medico italiano per l’espressione nel vecchio linguaggio del pensiero stesso dell’impossibilità di un risultato positivo, quello che i contemporanei faticavano ad accettare.
La mossa strategica di questo episodio, da un verbo di azione al concetto astratto, si ripete: dal calcolare alla calcolabilità. Quando nel XX secolo si discuteva se usare solo metodi costruttivi nelle dimostrazioni, come voleva Leopold Kronecker (1823-1891), oppure quelli nuovi basati sull’infinito, si è dovuto precisare cosa sono i metodi costruttivi: i calcoli numerici ne erano un esempio, ma per dimostrare che un problema non è risolubile con un calcolo (trasportato dai numeri alle parole: un algoritmo) occorreva definire e studiare la calcolabilità. Studiare la calcolabilità non è fare calcoli, ma cercare di nuovo se ci sono problemi non risolubili algoritmicamente, e quali sono in diversi ambiti i problemi risolubili e quali no: decidere con un algoritmo in generale se un programma darà un risultato su un argomento o entrerà in un ciclo insolubile; il problema della parola per i gruppi è insolubile; la validità logica è insolubile. Il non computabile è molto più ampio del computabile.
Ancora, per studiare la coerenza e altre proprietà delle teorie assiomatiche si è passati dal dimostrare a studiare la dimostrabilità, ed è nata la logica matematica, o piuttosto le logiche.
Diceva David Hilbert (1862-1943) nel 1900 che: «Nella matematica moderna la questione dell’impossibilità di certe soluzioni [dimostrazione del V postulato, quadratura del cerchio, risoluzione delle equazioni di V grado mediante radicali] svolge un ruolo eminente». Ma anche in altri campi: ricordava il problema del perpetuum mobile e come, solo dopo che si rinunciò a trovarlo, si cercarono «le relazioni che devono sussistere tra le forze naturali quando debba risultare impossibile un perpetuum mobile».
La progressiva astrazione non è una caratteristica solo moderna, e non è solo guidata dai risultati d’impossibilità. La teoria dell’infinito ha spalancato un universo ben più esteso dell’orizzonte finito. Quando Georg Cantor (1845-1918), come è ricordato nel volume, introdusse i numeri infiniti andando oltre le corrispondenze biunivoche che per Bernard Bolzano (1781-1848) segnalavano la relazione di uguaglianza di cardinalità, fece la stessa cosa che nell’antichità remota costituì il passaggio dalle corrispondenze registrate con tacche su ossa, nel Paleolitico (si veda il primo volume di La matematica e la sua storia), ai segni cuneiformi di numeri che si trovano nel –XV secolo su un contenitore di argilla rinvenuto a Mosul (Iraq). Istanti fatali, li chiama Umberto Bottazzini. C’è voluto meno tempo per Cantor, il processo di astrazione è spaventosamente accelerato.
Chissà a cosa andranno incontro i giovani lettori di questo libro che vivranno nel futuro; la storia insegna a guardare avanti; intanto possono prepararsi meditando anche sulle novità recenti opportunamente accennate in chiusura, dalla calcolabilità e informatica alla teoria dei giochi, ai frattali, al caos.
di Gabriele Lolli
Anche chi non è storico di professione riconosce l’utilità, o meglio la necessità, della storia nell’insegnamento della matematica, con due obiettivi: da una parte vedere momenti e modi di creatività, cosa che non si può fare con i manuali, ma solo risalendo al contesto dei lavori originali; dall’altra rendere evidente e spiegare il fatto che la matematica è sempre in crescita.
Non è una crescita solo cumulativa, di tecniche e risultati per le teorie di base, e non è neanche solo estensione in ampiezza, e dispersione, ché anzi si va sempre più verso unificazioni; ma è pur vero che il passato è sempre recuperato, in linguaggi più familiari.
Molto felicemente, questo volume inizia nella prima pagina anticipando la cronaca di una “rivoluzione culturale”, che non è stata né la prima né l’ultima: «Dai primi decenni del XIX secolo, […] la matematica ha cambiato volto, ha cambiato aspetto, ha cambiato prospettive, ha cambiato la sua stessa storia».
Il primo esempio offerto nel libro esprime un vero salto epistemologico: è quello delle equazioni algebriche e della ricerca di soluzioni per radicali delle equazioni di V grado. Il salto qui raccontato è il passaggio dalla ricerca di soluzioni come pratica matematica allo studio della risolubilità. Il nuovo oggetto di studio è evidentemente più astratto delle semplici equazioni singole. Cosa vuol dire studiare la risolubilità? La risolubilità va rappresentata, per essere trattata matematicamente. Nel caso di Niels Henrik Abel (1802-1829), dopo aver dimostrato l’impossibilità di una soluzione generale radico-razionale delle equazioni di V grado, indipendentemente trovata da Paolo Ruffini (1765-1822), il giovane matematico norvegese si orientò a cercare le caratteristiche delle equazioni di grado maggiore di quattro che permettessero di trovare un metodo per decidere quali possono essere risolte con operazioni radico-razionali e quali no. Questo aspetto fu poi sviscerato da Évariste Galois (1811-1832). Per studiare un concetto nuovo, occorrono di solito altri concetti, prima non considerati. Allo scopo, Abel introdusse novità che presto si rivelarono feconde, il concetto algebrico di corpo e le funzioni ellittiche; Galois presentò il concetto di gruppo. Concetti fortemente unificanti. Con le loro teorie, l’astrazione si materializza nelle strutture.
La regola di Ruffini, che gli studenti conoscono, resta didatticamente proponibile anche se sembra «superfluo darle un nome proprio», ma non può essere un capitolo del programma di studio; l’etichetta dell’argomento è la risolubilità delle equazioni, da iniziare con la dimostrazione d’impossibilità di Ruffini qui riportata, che ci permette di seguire la lotta del matematico e medico italiano per l’espressione nel vecchio linguaggio del pensiero stesso dell’impossibilità di un risultato positivo, quello che i contemporanei faticavano ad accettare.
La mossa strategica di questo episodio, da un verbo di azione al concetto astratto, si ripete: dal calcolare alla calcolabilità. Quando nel XX secolo si discuteva se usare solo metodi costruttivi nelle dimostrazioni, come voleva Leopold Kronecker (1823-1891), oppure quelli nuovi basati sull’infinito, si è dovuto precisare cosa sono i metodi costruttivi: i calcoli numerici ne erano un esempio, ma per dimostrare che un problema non è risolubile con un calcolo (trasportato dai numeri alle parole: un algoritmo) occorreva definire e studiare la calcolabilità. Studiare la calcolabilità non è fare calcoli, ma cercare di nuovo se ci sono problemi non risolubili algoritmicamente, e quali sono in diversi ambiti i problemi risolubili e quali no: decidere con un algoritmo in generale se un programma darà un risultato su un argomento o entrerà in un ciclo insolubile; il problema della parola per i gruppi è insolubile; la validità logica è insolubile. Il non computabile è molto più ampio del computabile.
Ancora, per studiare la coerenza e altre proprietà delle teorie assiomatiche si è passati dal dimostrare a studiare la dimostrabilità, ed è nata la logica matematica, o piuttosto le logiche.
Diceva David Hilbert (1862-1943) nel 1900 che: «Nella matematica moderna la questione dell’impossibilità di certe soluzioni [dimostrazione del V postulato, quadratura del cerchio, risoluzione delle equazioni di V grado mediante radicali] svolge un ruolo eminente». Ma anche in altri campi: ricordava il problema del perpetuum mobile e come, solo dopo che si rinunciò a trovarlo, si cercarono «le relazioni che devono sussistere tra le forze naturali quando debba risultare impossibile un perpetuum mobile».
La progressiva astrazione non è una caratteristica solo moderna, e non è solo guidata dai risultati d’impossibilità. La teoria dell’infinito ha spalancato un universo ben più esteso dell’orizzonte finito. Quando Georg Cantor (1845-1918), come è ricordato nel volume, introdusse i numeri infiniti andando oltre le corrispondenze biunivoche che per Bernard Bolzano (1781-1848) segnalavano la relazione di uguaglianza di cardinalità, fece la stessa cosa che nell’antichità remota costituì il passaggio dalle corrispondenze registrate con tacche su ossa, nel Paleolitico (si veda il primo volume di La matematica e la sua storia), ai segni cuneiformi di numeri che si trovano nel –XV secolo su un contenitore di argilla rinvenuto a Mosul (Iraq). Istanti fatali, li chiama Umberto Bottazzini. C’è voluto meno tempo per Cantor, il processo di astrazione è spaventosamente accelerato.
Chissà a cosa andranno incontro i giovani lettori di questo libro che vivranno nel futuro; la storia insegna a guardare avanti; intanto possono prepararsi meditando anche sulle novità recenti opportunamente accennate in chiusura, dalla calcolabilità e informatica alla teoria dei giochi, ai frattali, al caos.
31 Agosto 2021 | maddmaths |
Scrivi la tua recensione
Regular Price
28,00 €
- 5%
Special Price
26,60 €
Spedizione GRATUITA per ordini superiori a 29,00 €
Disponibile in 2/3 giorni lavorativi
Articolo acquistabile con Carta cultura giovani e merito e Carta del Docente
Transazione sicura
Volumi correlati