Mondher Kilani è professore emerito di Antropologia all’Università di Losanna. Ha compiuto molte ricerche sul campo, nonché studi sulla storia e l’epistemologia del discorso antropologico. È autore di numerose opere, tra le quali: Les cultes du cargo mélanésiens (Losanna, 1983); La construction de la mémoire (Ginevra, 1992); L’universalisme américain et les banlieues de l’humanité (Losanna, 2002); Pour un universalisme critique (Parigi, 2014). Insieme con René Gallissot e Annamaria Rivera ha scritto L’imbroglio etnico in quattordici parole-chiave, tradotto dal francese e rieditato più volte da questa casa editrice. Due altri suoi lavori, anch’essi a cura e con prefazione di Annamaria Rivera, sono stati pubblicati per i nostri tipi: Guerra e sacrificio (2008) e Antropologia. Dal locale al globale (2011).
nuova edizione aggiornata introduzione di Annamaria Rivera
Traduzione di Annamaria Rivera
Dopo Antropologia. Dal locale al globale, un tentativo di riprendere il discorso antropologico per analizzarne le possibilità e discuterne i fondamenti.
Un unico filo rende coerente questa raccolta di saggi. Ed è la consapevolezza dell’arbitrarietà o della parzialità delle rappresentazioni che il discorso occidentale, anche quello antropologico, ha prodotto quando ha cercato di descrivere l’Altro. Decostruire la logica e i fondamenti della «invenzione dell’altro»; esplicitare la storicità delle condizioni di produzione della conoscenza antropologica (i rapporti di dominio, l’appartenenza dell’antropologo a una cultura dominante); sottoporre a critica nozioni-cardine come sapere e credenza, alterità e identità, uguaglianza e gerarchia, tradizione e modernità: sono i presupposti per ricostruire un’antropologia che si sottragga sia alle trappole del relativismo, sia al solipsismo dell’antropologia «postmodernista». Attraverso il resoconto delle ricerche in Papua-Nuova Guinea, nelle oasi del Sud tunisino, nelle Alpi del Vallese, in Svizzera, negli spazi urbani dell’immigrazione maghrebina in Francia, Kilani mostra come sia possibile una «invenzione dell’altro» più consapevole della problematicità del rapporto soggetto-oggetto e dunque meno etnocentrica.