La guerra dei simboli
Veli postcoloniali e retoriche sull'alterità
Dopo il successo de "L'imbroglio etnico", un nuovo libro che ci aiuta a decifrare le poste in gioco, le controversie, i conflitti della cosiddetta «società multiculturale».
- Collana: Nuova Biblioteca Dedalo
- ISBN: 9788822062864
- Anno: 2005
- Mese: ottobre
- Formato: 14 x 21 cm
- Pagine: 144
- Tag: Antropologia Etnologia Immigrazione Islam Guerra
Il «luogo etnografico» da cui parte la riflessione che si dipana nel volume è costituito da un'ampia analisi critica della controversia pubblica sul cosiddetto velo islamico, che in Francia è recentemente sfociata in una legge proibizionista. Il caso francese è comparato con l'analoga, seppur minore, contesa del velo che periodicamente in Italia attira l'attenzione dei mass media. A questo tema si àncora una profonda e brillante disamina delle dispute e delle retoriche intorno al rapporto con l'alterità. Sono perciò analizzate e decostruite la polemica contro il comunitarismo e il relativismo culturale, la dottrina dello «scontro di civiltà», la concezione delle culture come bunker simbolici dietro le quali si maschera l'egemonismo occidentalista. Per concepire un'universalità policentrica, fondata sull'uguaglianza, valida per tutti gli esseri umani - conclude l'autrice - occorre passare attraverso le pratiche negoziate della traduzione, dell'interpretazione, dello scambio fra culture diverse.
Introduzione - 1. L'interdetto del velo. Antropologia di una contesa dei simboli - Premessa - La controversia del foulard nel contesto francese - Esclusione sociale e reazioni identitarie - L'hijâb, un significante polisemico - Un affaire di che cosa? - Il foulard all'italiana - Corpi velati/corpi svelati - 2. Gli spettri del comunitarismo e del relativismo culturale - Due motivi convergenti - La polemica anticomunitarista in Francia - Il relativismo culturale: un bersaglio di comodo - Una pietra miliare del pensiero antropologico - Ratti perturbanti e dispositivi universalizzanti - Integrare i dilemmi - Un salto epistemologico per pensare unicità/pluralità - L'universalità è un verbo, non un sostantivo - 3. Noi, la civiltà. Fasti e nefasti di una nozione controversa - Premessa - La Civiltà, ovvero l'identità etnica dell'Occidente - Il «paradosso» dell'etnocentrismo illuminista - Come accadde che il buon selvaggio divenne cattivo - L'antitesi cultura/civiltà - Una perdurante e immeritata fortuna - Egemonismo e pensiero della decadenza - Glossario critico essenziale - Bibliografia
Introduzione
L'antropologia, scriveva Michel Foucault (1998: 408), ha potuto prendere forma solo «nella sovranità storica [...] del pensiero europeo e del rapporto che lo contrappone a tutte le altre culture non meno che a se stesso». Se questo è vero, v'è sempre qualcosa di paradossale nella posizione di chi cerca di indagare le parole e le cose del presente in una prospettiva antropologica. Il paradosso è ancora più evidente allorché, come è nel caso di questo volume, il tentativo sia quello di decostruire le retoriche sull'alterità, vale a dire le strategie discorsive attraverso le quali il noi europeo maggioritario enuncia e definisce gli altri, solitamente nel tentativo di esorcizzarli, addomesticarli, subordinarli o dominarli. Oggi le strategie simmetriche e complementari della guerra e del terrorismo su scala globale, insieme alle ideologie che le sostengono, militano in favore di una crescente moltiplicazione di barriere e confini, evocando la mostruosa utopia negativa dello «scontro di civiltà»; oggi dunque è più che mai necessario sfidare il paradosso e provare a rinverdire la propensione verso l'incertezza e la critica di sé e del proprio particolare, che è stata uno dei portati più fecondi del pensiero europeo. Il «luogo etnografico» da cui parte e a cui si àncora la riflessione che si dipana in questo volume è la controversia francese sul foulard detto islamico, che cerco di indagare quanto meno con uno stile di pensiero che deve quasi tutto all'antropologia e di comparare con una minore «disputa del velo» italiana, allo scopo di coglierne analogie e differenze. Ho scelto di ricostruire e analizzare questa vicenda in quanto mi sembra sufficientemente rappresentativa della dialettica identità/alterità nelle società europee e, come dicevo, delle retoriche che genera e riproduce, amplificate e irrigidite dalle strategie di propaganda e dai mezzi di comunicazione di massa. La vicenda contiene altresì un nucleo tematico che credo meriti di essere affrontato: quello delle relazioni di genere e del nesso fra segni esteriori di differenziazione sessuale e controllo sui corpi femminili. I ricorrenti affaires del velo hanno imposto nel dibattito pubblico i temi polemici e per molti versi pretestuosi dell'anticomunitarismo e dell'antirelativismo, che qui cerco di analizzare criticamente senza pretendere, tuttavia, di dar conto in modo esaustivo delle discussioni scientifiche relative, e segnatamente dell'ampio e serrato dibattito in campo antropologico intorno alla questione razionalità/diversità culturale. Se indago questi temi retorici è perché mi sembrano appartenere a pieno titolo a quel genere di strategie discorsive che concorrono ad avvalorare il teorema dello «scontro di civiltà». La stessa «civiltà» – – nozione fortemente venata da etnocentrismo, che fino a pochi anni fa sembrava in declino – oggi si inserisce trionfalmente nel quadro di tali retoriche: è per questa ragione che dedico alla sua genologia il terzo e ultimo capitolo del volume. L'opera di decostruzione di queste strategie discorsive dalla valenza potentemente performativa si colloca nel solco della riflessione condotta attraverso le tre edizioni de L'imbroglio etnico1, opera scritta insieme con René Gallissot e Mondher Kilani, ma in qualche misura rappresenta anche un aggiustamento della prospettiva che vi era prevalente. Nel volume presente, infatti, un posto più ampio è dedicato alla critica dell'universalismo particolare e astratto che oggi torna a palesarsi chiaramente come una delle maschere dell'egemonismo occidentalista e delle strategie imperiali. Il pensiero dei Lumi ha sempre contenuto un lato oscuro, teso a sacrificare le parti alla totalità, a nominare una superiorità e un'inferiorità, a ricondurre il nonidentico all'identico (Laplantine e Nouss 2001: 571), un lato che oggi riemerge sommergendo il grandioso progetto di emancipazione e la straordinaria promessa di liberazione che l'illuminismo conteneva. Come antidoto, non si tratta di invocare il «diritto alla differenza » o di accontentarsi di rispettare le particolarità, né di compiacersi di un relativismo culturale pigro, muto, sterile. È opportuno invece, a mio parere, compiere un salto epistemologico per ri-pensare unicità/particolarità in forme più adeguate al presente e offrire così un contributo alla prospettiva di un universale policentrico e transculturale. È d'obbligo che io ringrazi: Vittorio Lanternari, del cui magistero spero si avverta qualche traccia nei miei lavori; l'illustre collega Pietro Clemente per aver accettato di leggere i primi due capitoli, suggerendomi qualche indispensabile indicazione bibliografica; Laurent Lévy che mi ha gratificata della sua amicizia, dei suoi suggerimenti e del confronto con la sua esperienza; Elena Bertonelli, amica cara che abitualmente mi concede ascolto e il conforto della sua competenza filosofica; Gianfranco Laccone, mio marito, che mi allevia la fatica della ricerca e della scrittura con sostegno paziente e affettuoso, e la dote preziosa dell'ironia; Alice Vox, mia figlia, cuore generoso e mente aperta ad accogliere la varietà molteplice delle forme di vita.
1 GALLISSOT R. e RIVERA A., L'imbroglio etnico, in dieci parole-chiave, Dedalo, Bari 1997; L'imbroglio ethnique, en quatorze mot-clès, Payot-Lausanne 2000. GALLISSOT R., KILANI M. e RIVERA A., L'imbroglio etnico, in quattordici parole-chiave, Dedalo, Bari 2001.
04 giugno 2006 | il manifesto |
22 novembre 2005 | il manifesto |