Da zero a infinito
Fascino e storia dei numeri
In uno stile brillante e accattivante un libro che combina il fascino dei numeri alla storia della matematica. Con il pretesto di spiegare perché ogni numero è interessante, l’autrice presenta i più affascinanti problemi di teoria dei numeri e, alla fine di ogni capitolo, sfida il lettore a risolvere intriganti enigmi matematici.
- Collana: ScienzaFACILE
- ISBN: 9788822068125
- Anno: 2010
- Mese: aprile
- Formato: 14 x 21 cm
- Pagine: 192
- Tag: Scienza Matematica Infinito
Pubblicato per la prima volta nel 1955 e ristampato in numerose edizioni aggiornate, il volume nasconde sotto le spoglie di uno stile apparentemente semplice e di una struttura lineare, un testo che il lettore interessato sarà invogliato a rileggere e che, ad ogni rilettura, fornirà nuovi stimoli per approfondire i problemi trattati. In ogni capitolo, con il pretesto di spiegare le proprietà caratteristiche di un numero particolare, intero, irrazionale o trascendente, si approfondiscono numerosi argomenti matematici di grande interesse, presentando alcune scoperte fondamentali nella giusta prospettiva storica: la «biografia» del numero due, per esempio, introduce al tema dell’aritmetica binaria, fondamentale per i sistemi informatici, e il capitolo sul numero sei tratta la questione dei numeri perfetti, che sin dall’epoca dei Greci non hanno mai smesso di affascinare i matematici di ogni tempo.
Questa traduzione italiana è basata sull’ultima edizione aggiornata del 2006, che contiene il racconto dei principali risultati nella teoria dei numeri, tra cui il Teorema di Wilson, l’intrigante legge di reciprocità quadratica, i numeri di Mersenne e quelli di Fermat, e due capitoli aggiuntivi dedicati al numero «e» di Nepero e ad «aleph zero», il primo numero cardinale transfinito.
Nota dell’autrice - 0 Zero - Prima di essere accettato come il primo tra i numeri naturali era soltanto un simbolo - 1 Uno - Un numero che rende la matematica diversa da tutte le altre scienze - 2 Due - Un sistema di numerazione primitivo raggiunge il successo con il calcolatore elettronico - 3 Tre - Il primo numero dispari divisibile solo per se stesso e uno - 4 Quattro - I numeri moltiplicati per se stessi forniscono teoremi meravigliosamente difficili - 5 Cinque - I numeri pentagonali compaiono inaspettatamente nella funzione generatrice delle partizioni - 6 Sei - Perché scoprire numeri perfetti sempre più grandi è diventato così importante? - 7 Sette - Il problema dei poligoni regolari con un numero primo di lati ottiene una risposta inattesa - 8 Otto - La soluzione di un problema sui cubi conduce a un problema ancora più complesso - 9 Nove - Aggiungete un trattino al segno d’uguaglianza: guardate un po’ cosa succede! - e Il numero di Eulero - Un numero «innaturale» risponde alla questione più complessa dei numeri naturali - Aleph con zero - Quale insieme è più grande di quello degli interi positivi e ha lo stesso numero di elementi? - Indice analitico
Dopo la seconda metà del XX secolo erano noti dodici numeri perfetti, e il più grande era 2126 (2127 – 1), scoperto settantacinque anni prima da Lucas. C’era stato soltanto un tentativo audace nel 1951 con l’avvento del neonato computer, ma si verificò semplicemente M127 sul quale Lucas aveva espresso qualche dubbio.
Il problema di Euclide restava ancora irrisolto.
La macchina che nel 1952 superò la barriera nel campo dei numeri di Mersenne fu il calcolatore del National Bureau of Standards, noto come SWAC, all’epoca uno dei più veloci calcolatori esistenti, essendo in grado di sommare due numeri a die - ci cifre in 64 microsecondi. Poiché un microsecondo è pari a un milionesimo di secondo, ciò significa che lo SWAC poteva eseguire una somma del genere 156000 volte più velocemente di un essere umano – se questo fosse stato in grado di farla in 10 secondi.
Queste cifre non sembrano strabilianti oggi, ma nel 1952 erano davvero sbalorditive. Lo SWAC estese le capacità di calcolo dell’uomo proprio come l’allora nuovo telescopio di Monte Palomar, nella California meridionale, aveva potenziato la capacità d’ingrandimento.
Ma lo SWAC non era un matematico. A parte la velocità e l’accuratezza, era inferiore ad ogni essere umano capace di fare addizioni, sottrazioni, divisioni e moltiplicazioni in maniera efficiente, poiché non poteva calcolare nulla che non fosse stato già programmato.
A Berkeley, Robinson non aveva mai visto la macchina che si trovava a Los Angeles, ma aveva cominciato a programmare lo SWAC per testare i numeri di Mersenne usando soltanto il manuale.
Il lavoro consisteva nello scomporre e riassemblare il metodo di Lucas per controllare la primalità all’interno di un programma che utilizzasse le tredici istruzioni riconosciute dallo SWAC. Il lavoro era complicato dal fatto che mentre la macchina era stata costruita per manipolare numeri a 36 bit, i numeri in gioco arrivavano a 2300 bit. La memoria totale delle macchine era solo di 256 word, e ogni word era formata da 36 bit più un segno, così che un numero di circa 2300 bit richiedeva 64 word. Ma per utilizzare il metodo di Lucas si sarebbe dovuto elevare il numero al quadrato.
Così un solo numero avrebbe occupato metà della memoria disponibile sulla macchina. Si trattava, come scoprì Robinson, di un compito molto simile a quello di spiegare a un essere umano come moltiplicare dei numeri con cento cifre su una calcolatrice da tavolo costruita per operare con numeri a dieci cifre.
Per ovviare al problema si dovette scrivere il programma totalmente in linguaggio macchina. Per la verifica di un eventuale numero primo con il metodo di Lucas furono necessarie 184 istruzioni distinte per programmare lo SWAC. La stessa sequenza di istruzioni, comunque, poteva essere utilizzata per controllare un qualsiasi numero di Mersenne a partire da 23 – 1 fino a 22297 –
1. Quest’ultimo era il numero più grande che si poteva gestire.
Restava ancora una cosa da fare prima che la macchina potesse «risolvere» il problema: bisognava codificare le istruzioni.
Questo fu fatto utilizzando le lettere e i simboli della tastiera di una tradizionale macchina per scrivere, per esempio, indicando con la lettera «a» l’istruzione per sommare. Le istruzioni, così codificate, furono quindi trasferite su nastri di cartoncino in modo che divenissero una semplice griglia di fori interpretati dalla macchina o come impulsi elettrici (se c’era un forellino nel nastro) oppure come assenza di impulsi (in assenza del forellino).
Questa semplicità di linguaggio fu il fattore principale dell’allora formidabile velocità di calcolo. Perfino gli enormi numeri che venivano elaborati, erano rappresentati integralmente come sequenze di 1 (impulsi) o di 0 (assenza di impulsi). Per effettuare i calcoli lo SWAC, invece di utilizzare il sistema decimale, usava il sistema binario che abbiamo descritto nel capitolo «Due».
Derrick H. Lehmer (1905-1991), direttore dello SWAC, e tutto il suo staff non furono eccessivamente entusiasti quando Robinson inviò il suo programma a Los Angeles. Dopo tutto, nonostante avessero una certa familiarità con la macchina e il relativo manuale, quasi mai eseguivano senza errori i loro programmi al primo tentativo. Misero il programma di Robinson in un cassetto per prendere tempo e mostrargli, in seguito, che non avrebbe potuto funzionare. Ma Robinson continuò a insistere. Finalmente, dopo un paio di settimane, borbottando che Robinson avrebbe scoperto che programmare un calcolatore basandosi sul manuale non era così semplice, presero il suo lavoro dal cassetto dove languiva.
La sera del 30 gennaio 1952, le istruzioni programmate, codificate e punzonate su più di sette metri di nastro furono inserite nella macchina. Questo inserimento richiese un tempo lungo, pari a diversi minuti, molto più di quello necessario allo SWAC per eseguire tutti i comandi sul nastro, di soli pochi secondi. A quel punto, per verificare la primalità di un qualsiasi numero di Mersenne, bastava inserire l’esponente del nuovo numero da esaminare. La macchina era in grado di fare il resto da sola, anche stampare il risultato – una serie ininterrotta di zeri se il numero era primo oppure un numero scritto in base esadecimale se non lo era.
La dimostrazione della primalità sarebbe stata una serie ininterrotta di zeri perché per il test di Lucas (descritto nel capitolo «Tre») un numero è primo solo se non ha resto quando si divide per questo numero un certo termine di una certa successione. La versione del test di Lucas utilizzata da Robinson era una variante a cui Lehmer, il direttore dell’istituto, aveva apportato delle migliorie.
L’operatore dello SWAC, seduto a una scrivania di fronte alla grande macchina, inserì il primo numero da testare. Lo scrisse al contrario, non nel sistema binario, che avrebbe reso il suo lavoro troppo lungo, ma in base sedici, in modo che la macchina stessa avrebbe potuto tradurlo in binario. Poi premette un pulsante sul pannello dei comandi, e la macchina, seguendo le 184 istruzioni che aveva ricevuto, iniziò il test di primalità per il primo numero.
Si scelse di verificare 2257 – 1, il più grande degli undici numeri che Mersenne presentò come primi. Era già stato testato venti anni prima da Lehmer e sua moglie, Emma Trotsky Lehmer (1906-2007), e fu stabilito che non era primo. Impiegarono due ore al giorno, per un anno intero, per effettuare il test su una macchina calcolatrice elettrica a manovella così rumorosa che i vicini si lamentavano se la si usava di notte. Quella sera del 30 gennaio 1952 entrambi i coniugi Lehmer, presenti nella stanza, videro la macchina elaborare, in una frazione di secondo, la soluzione che era costata loro più di settecento ore di duro lavoro: 2257 – 1 non è un numero primo!
Lo SWAC continuò poi a lavorare su una lista di altri possibili primi ancora più grandi. Mersenne aveva detto, 400 anni prima, che per affermare che un numero di quindici o venti cifre è primo, non sarebbe bastato tutto il tempo del mondo; ma non aveva previsto un espediente quale il metodo di Lucas-Lehmer o una macchina come lo SWAC. Grazie a quel metodo, lo SWAC verificò, uno per uno, quarantadue numeri, il più piccolo dei quali aveva più di ottanta cifre. Nessuno di questi fu dimostrato primo.
Alle 10 di sera la macchina generò la sequenza di zeri lungamente attesa. Il numero appena testato, espresso concisamente come 2521 – 1, fu il primo numero di Mersenne scoperto dopo settantacinque anni. Il nuovo numero perfetto che si poteva formare partendo da questo, ossia 2520 (2521 – 1), era il tredicesimo numero perfetto che veniva scoperto dopo molti secoli.
Il fatto che il programma di Robinson funzionò con successo al primo tentativo suscitò un certo clamore. «Che il codice sia stato scritto senza errori fu (ed è ancora oggi) un’impresa straordinaria» commentarono John Todd e Magnus R. Hestenes nella loro storia dell’Istituto per l’analisi numerica.
Per circa due ore nella notte del 30 gennaio 1952, 2521 – 1 ebbe il privilegio di essere il più grande numero primo di Mersenne conosciuto.
Poi, subito dopo mezzanotte, giunse la sequenza di zeri che annunciava un altro numero primo più grande ancora, 2607 – 1.
Nei mesi successivi il programma di Robinson scoprì un totale di cinque numeri primi di Mersenne fino ad allora sconosciuti. Lo SWAC impiegò per la verifica del tredicesimo primo di Mersenne circa un minuto, l’equivalente di un anno di lavoro a tempo pieno per un uomo. Per il diciassettesimo e l’ultimo ci volle un’ora. Un uomo avrebbe impiegato una vita intera.
Circa trent’anni più tardi Robinson fece girare il suo programma su uno dei primi Personal Computer IBM, che si rivelò due volte più veloce dello SWAC.
23 ottobre 2010 | Corriere della Sera |
01 giugno 2010 | Linus |