Liberalismo ritrovato
Dall’antica Roma al XXI secolo
prefazione di Luciano Canfora
Dall’antichità ai giorni nostri, un illuminante viaggio attraverso i significati e i valori che il liberalismo ha assunto nella storia, ma anche un’analisi delle lotte e delle controversie che esso ha suscitato.
- Collana: Storia e civiltà
- ISBN: 9788822005809
- Anno: 2020
- Mese: gennaio
- Formato: 14,5 x 21 cm
- Pagine: 328
- Tag: Storia Liberalismo
Come ideologia politica, il liberalismo rappresenta uno degli emblemi della modernità, per come ha contribuito a definire concetti fondamentali quali libertà, democrazia, Stato e diritti individuali. Prima ancora, però, esso costituisce un ideale di uomo e di società, le cui origini risalgono all’antichità.
L’autrice traccia un profilo finalmente completo e puntuale, a tratti provocatorio, del liberalismo in quanto fenomeno storico, profondamente radicato nella varietà dei contesti in cui è sorto e prosperato. Scopriamo così il ruolo che l’etica, la religione, la filosofia e l’economia, oltre che la lotta politica, hanno avuto nel forgiare l’ideale liberale, non senza pregiudizi e “miti” da sfatare.
Sono tanti i significati che nel tempo sono stati attribuiti ai termini “liberalismo” e “liberale”, e che Rosenblatt analizza e spiega, così da sgombrare il campo da equivoci e luoghi comuni. In un’epoca caratterizzata da populismi e sovranismi, da svolte autoritarie e guerre com merciali, da Brexit e Donald Trump, ha ancora senso parlare di liberalismo e valori liberali? Il dibattito è più acceso che mai e questo libro offre un contributo essenziale per mettere dei punti fermi e fare chiarezza sui temi più controversi.
Prefazione di Luciano Canfora – Introduzione – Capitolo primoChe cosa significava essere liberali, da Cicerone alla Rivoluzione americana – Capitolo secondo La Rivoluzione francese e le origini del liberalismo – Capitolo terzo Il liberalismo, la democrazia e la nascita della questione sociale (1830-1848) – Capitolo quarto La questione del carattere – Capitolo quinto Cesarismo e democrazia liberale: Napoleone III, Lincoln, Gladstone e Bismarck – Capitolo sesto La battaglia per laicizzare l’istruzione – Capitolo settimo Liberalismo vecchio e nuovo – Capitolo ottavo Il liberalismo diventa il credo americano – Epilogo – Ringraziamenti – Indice analitico
Introduzione
“Liberalismo” è una parola fondamentale e onnipresente nel nostro vocabolario. Ma “liberalismo” è anche un concetto assai controverso che suscita un acceso dibattito. Alcuni lo considerano un dono della civiltà occidentale all’umanità, altri la ragione del suo declino. A getto continuo escono libri che lo attaccano o lo difendono ed è molto difficile restare neutrali. I critici lo accusano di una lunga lista di peccati: dicono che distrugge la religione, la famiglia e la comunità. Lo ritengono permissivo ed edonistico, se non addirittura razzista, sessista e imperialista. I difensori sono altrettanto enfatici: per loro il liberalismo è responsabile di tutte le cose migliori che abbiamo, a cominciare dalle nostre idee di onestà, giustizia sociale, libertà e uguaglianza.
La verità, però, è che siamo confusi circa quello che intendiamo per “liberalismo”. Le persone usano questo termine nei modi più disparati, spesso senza volerlo, talvolta intenzionalmente. Se non troviamo un punto d’incontro ci precludiamo qualsiasi possibilità di discuterne in maniera sensata. Sarebbe bene sapere di cosa stiamo parlando quando parliamo di liberalismo.
A tal riguardo, le storie del liberalismo disponibili raramente sono d’aiuto. Innanzitutto, spesso si contraddicono. Secondo un libro di recente pubblicazione, ad esempio, il liberalismo ha avuto origine nel cristianesimo. Secondo un altro, invece, esso è nato da una battaglia contro il cristianesimo. In secondo luogo, le genealogie del liberalismo attribuiscono le sue origini e il suo sviluppo a un gruppo canonico di grandi pensatori, ma non sempre c’è accordo sui loro nomi. John Locke è spesso indicato come un padre fondatore. Ma c’è chi parla di Hobbes o di Machiavelli e chi ancora di Platone o persino di Gesù Cristo. Alcuni includono Adam Smith e una lista di economisti, altri no. È doveroso sapere che nessuno di questi precursori si considerava liberale o abbracciava un’ideologia nota come liberalismo, dato che né la parola né il concetto esistevano ai loro tempi. E va da sé che le nostre nozioni di liberalismo varieranno a seconda dei nostri pensatori di riferimento e del modo in cui li leggiamo. Chi parte da Machiavelli o Hobbes è probabile che sia un critico del liberalismo, mentre è probabile che sia un suo difensore chi parte da Gesù Cristo.
In questo libro il mio obiettivo non è attaccare o difendere il liberalismo, ma accertarne il significato e tracciarne l’evoluzione nel corso del tempo. Chiarisco quel che i termini “liberale” e “liberalismo” significavano per le persone che li usavano. Faccio luce su come i liberali definivano se stessi e cosa intendevano quando parlavano di liberalismo. Questa è una storia che non è mai stata raccontata.
La maggior parte degli studiosi ammette che la definizione del liberalismo costituisce un problema. Le loro opere iniziano con il riconoscere che si tratta di un termine vago o sfuggente. Stranamente, però, quasi tutti procedono poi con lo stabilire una definizione personale e con il costruire una storia che la corrobori. Questo, a mio avviso, è un modo di ragionare al rovescio e in questo libro cerco di fare chiarezza sulle nostre idee e rimettere in ordine le cose.
Ci sono poi ulteriori enigmi e curiosità. In Francia e in altre parti del mondo, nel linguaggio comune essere liberali significa essere a favore di un intervento statale ridotto al minimo (small government), mentre negli Stati Uniti designa la preferenza per una forte presenza dello Stato (big government). I libertari statunitensi rivendicano oggi di essere loro i veri liberali. Si presume che queste persone, in qualche modo, facciano tutte parte della stessa tradizione liberale. Come e perché ciò sia potuto accadere è quanto cerco di spiegare.
Quella che propongo, dunque, è sostanzialmente una storia della parola “liberalismo”. Sono certa che se non prestiamo la dovuta attenzione all’uso effettivo della parola, le storie che raccontiamo saranno inevitabilmente differenti e persino contraddittorie. Saranno inoltre costruite senza avere un serio fondamento nella realtà storica e peccheranno di anacronismo.
È un approccio che ci conduce ad alcune scoperte sorprendenti. Una è la centralità che ha la Francia nella storia del liberalismo. Non è possibile parlare della storia di questo concetto senza prendere in considerazione la Francia e le sue diverse rivoluzioni. Né possiamo trascurare il fatto che alcuni dei più profondi e influenti pensatori nella storia del liberalismo sono stati francesi. Un’altra scoperta è l’importanza della Germania, il cui contributo alla storia del liberalismo è solitamente minimizzato, se non totalmente ignorato. La verità è che la Francia ha inventato il liberalismo nei primi anni dell’Ottocento e che la Germania lo ha riconfigurato mezzo secolo più tardi. L’America si è impossessata del liberalismo solo agli inizi del XX secolo e solo allora è entrato nella tradizione politica statunitense.
Vedremo come molti personaggi, oggi relativamente sconosciuti, abbiano dato un contributo significativo al liberalismo. Il teologo tedesco Johann Salomo Semler ha inventato il liberalismo religioso, mentre l’aristocratico francese Charles de Montalembert ha probabilmente forgiato l’espressione “democrazia liberale”. Altre figure di spicco, scrivendo per la rivista americana «The New Republic», hanno poi importato e disseminato il concetto negli Stati Uniti.
Gli esponenti più classici del liberalismo, come John Locke e John Stuart Mill, giocano un ruolo importante nella mia storia; ma, come vedremo, sono profondamente immersi nei dibattiti della loro epoca. Essi dialogavano con gli intellettuali francesi e tedeschi e da questi erano ispirati. Parlavano direttamente ai loro contemporanei, non a noi; affrontavano i problemi del loro tempo, non i nostri. Metto inoltre in evidenza delle figure che hanno contribuito involontariamente alla storia del liberalismo, come i due Napoleone, il cancelliere austriaco Klemens von Metternich e tutta una serie di controrivoluzionari, che obbligarono i liberali a perfezionare e sviluppare le loro convinzioni.
Cerco infine di far luce su un fatto che ritengo cruciale e che è stato smarrito dalla storia. I liberali, sotto sotto, erano in prevalenza dei moralisti. Il loro liberalismo non aveva niente a che fare con l’individualismo atomistico oggi in voga. Non hanno mai parlato di diritti senza sottolineare i doveri. La maggior parte dei liberali credeva che le persone avessero dei diritti perché avevano dei doveri e molti di loro nutrivano un profondo interesse per le questioni di giustizia sociale. Hanno sempre respinto l’idea che una comunità sostenibile potesse essere costruita sulla sola base dell’interesse personale. E hanno costantemente messo in guardia sui pericoli insiti nell’egoismo. I liberali hanno esortato senza sosta alla generosità, alla rettitudine morale e ai valori civici. Questo, ovviamente, non deve far pensare che essi abbiano sempre messo in pratica ciò che predicavano o che siano stati all’altezza dei loro valori.
Come mi sforzo di mostrare, l’idea che il liberalismo sia una tradizione angloamericana essenzialmente preoccupata della tutela dei diritti e degli interessi individuali rappresenta uno sviluppo molto recente nella storia del liberalismo. È il prodotto delle guerre del XX secolo e specialmente della paura del totalitarismo nel periodo della Guerra fredda. Per secoli, prima di allora, essere liberale ha avuto tutt’altro significato. Significava essere un cittadino altruista e dotato di senso civico; significava comprendere il vincolo che legava reciprocamente i cittadini e agire in modo da favorire il bene comune.
10 Settembre 2020 | ArchivioStorico.INFO |