Ladri di Stato
Storie di malaffare, arricchimenti illeciti e tangenti
prefazione di Marco Travaglio
Da Craxi a Previti, da Sgarbi a Dell’Utri. Storie di malaffare, arricchimenti illeciti e tangenti. Milioni, ville e barche: i trucchi per non pagare e sfuggire alla Legge. Mani pulite non è mai finita.
- Collana: Nuova Biblioteca Dedalo
- ISBN: 9788822063120
- Anno: 2010
- Mese: giugno
- Formato: 14 x 21 cm
- Pagine: 304
- Tag: Società Politica Politica italiana Attualità Criminalità
Il nostro Paese è preda sempre più di cricche affaristiche, manager statali disonesti, nonché politici filmati nell’atto di prendere bustarelle: tutti avidi di denaro pubblico. Gente che se la ride, la notte del terremoto in Abruzzo, al pensiero dei futuri affari sulla ricostruzione. Dall’ennesimo scandalo della Protezione civile emerge una squallida fotografia dell’Italia della vergogna. Il tutto mentre le fabbriche chiudono, la disoccupazione sale e il disagio sociale aumenta. Di scandalo in scandalo, dunque, la stagione di Tangentopoli non finisce mai; esiste una parte d’Italia che se la spassa alla grande sulla pelle dei contribuenti. Il libro si occupa di quattro personaggi emblematici delle Istituzioni: Bettino Craxi, Cesare Previti, Vittorio Sgarbi e Marcello Dell’Utri. Tutti condannati per reati finanziari (tangenti, truffe, evasione fiscale) fino in Cassazione: sentenze quindi definitive. Tra gli aspetti inediti di questo volume di grande attualità – che si basa su atti giudiziari, testimonianze, retroscena e intercettazioni telefoniche – anche un documento importante: visure catastali che attestano numerosissime operazioni immobiliari per milioni di euro. Prova provata dell’affarismo spregiudicato dei «ladri di Stato».
Prefazione di Marco Travaglio - Introduzione - I. Il bottino di Bettino - Garofani, petrolio e miliardi - La svolta - Mezzo punto vale miliardi - Una storia oscura - La frase chiave: «Se tu non, noi non...» - La «Milano da bere» - Le amicizie pericolose - Milioni nel water - Avviso di garanzia n. 8655/92 - «Un bandito di gran classe» - Enza riceve, Bettino incassa - Il Garofano non paga il conto - La grande caccia al tesoro - I petali miliardari del Garofano - La fine - Giovani Craxi crescono... - L’«ultimo tesoro» di Bettino - Appendice I - Affari (e dintorni) di Bettino Craxi - II. Previti, il predone - L’avvocato degli «affari illegali» - Affari, società e tribunali - La danza di «Mercier» e «Pavoncella» - Appendice II - Affari (e dintorni) di Cesare Previti - III. Il giullare del potere - L’onorevole dell’insulto - Lazzi, denaro e girandole - La resa dei conti - Basta che mi paghino - Appendice III - Affari (e dintorni) di Vittorio Sgarbi - IV. Dell’Utri: l’«amico degli amici» - Apparenze e realtà - Silvio, santo che non sura - Denaro e operazioni immobiliari - Il passato che ritorna - Appendice IV - Affari (e dintorni) di Dell’Utri - Indice dei nomi
Prefazione
di Marco Travaglio
La prima volta che ho letto un libro di Mario Guarino è stato 23 anni fa, ero un ragazzino, muovevo i primi passi nel giornalismo e mi diedero da recensire, per un piccolo settimanale torinese, Berlusconi. Inchiesta sul Signor tv pubblicato dagli Editori Riuniti e firmato, appunto, da Mario e da Giovanni Ruggeri. Fu una lettura illuminante, perché per la prima volta associava il personaggio alla P2, alla mafia, a tutti gli affari e malaffari che poi via via divennero di dominio pubblico. All’epoca, però, Silvio Berlusconi era «soltanto» un palazzinaro e un editore: mancavano sette anni alla sua «discesa in campo». Da allora Mario si è infaticabilmente dedicato a scandagliare gli anfratti più riposti della Mala Italia, con particolare attenzione al suo figlio migliore, cioè peggiore. Ora, con Ladri di Stato, ci regala un documentatissimo ritratto di altre quattro maschere della galleria degli orrori italiota: Bettino Craxi, Cesare Previti, Vittorio Sgarbi e Marcello Dell’Utri. Quattro personaggi che hanno almeno due caratteristiche comuni: hanno servito fedelmente il Cavaliere e sono pregiudicati.
Craxi apparecchiava leggi su misura per Berlusconi ben prima che questi arrivasse a farsele da solo, e se le faceva pagare piuttosto bene. Previti comprava giudici romani per garantire l’impunità al Cavaliere, dandogli modo di ripetere all’infinito la litania della sua assoluta immacolatezza fino alla discesa in campo, come se questa significasse che, prima, aveva sempre rigato diritto: in realtà, prima trovava giudici disposti a chiudere un occhio, anzi due, sulle sue malefatte, in cambio di mazzette, e dopo ne incontrò anche qualcuno incorruttibile. Dell’Utri curava, secondo gli atti e le sentenze del suo processo in corso a Palermo, i rapporti con Cosa Nostra e, già che c’era, si occupava anche dei fondi neri di Publitalia. Infatti, da buon pregiudicato per frode fiscale e false fatture, siede in Parlamento e può dichiarare spudoratamente al «Fatto Quotidiano»: «A me della politica non frega niente. Io mi sono candidato per non finire in galera». Vittorio Sgarbi è il telekiller, il manganello catodico che per anni, dagli ospitali studi di Canale 5, ha calunniato e diffamato i migliori magistrati d’Italia, quelli incorruttibili, difendendo i peggiori mascalzoni, senza dimenticare che ha riportato una condanna definitiva per truffa aggravata ai danni dello Stato, cioè del Ministero dei Beni Culturali. Infatti è stato appena nominato dal cosiddetto ministro dei Beni Culturali, Sandro Bondi, curatore del padiglione Italia della Biennale di Venezia. Forse, per dargli un’altra chance.
Leggendo Ladri di Stato, addentrandosi nelle biografie inzaccherate di questi figuri, il lettore potrà sbizzarrirsi a confrontarle con quelle ufficiali: cioè con l’immagine pubblica che giornali compiacenti o padronali e tv di regime hanno contribuito a creare intorno a loro. Craxi, uno statista morto in esilio nel rimpianto generale (anche del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che, nel decennale della morte, ha pensato bene di scrivere una lettera alla vedova per denunciare la persecuzione a cui fu sottoposto l’illustre corrotto, «trattato con una durezza senza eguali», dimenticando di precisare che rubava con una destrezza senza eguali). Previti, un avvocato che fra mille ricorsi l’Ordine forense non è ancora riuscito a espellere definitivamente, a quattro anni dalle sue condanne definitive per corruzione giudiziaria (ovviamente, dei 7 anni e mezzo di reclusione totalizzati per le tangenti Imi-Sir e Mondadori, il noto giureconsulto non ha scontato in carcere che quattro giorni e mezzo, poi è arrivato l’indulto, gentile omaggio del centrosinistra).
Dell’Utri, un politico di razza da intervistare sulle vicende interne del centrodestra e, soprattutto, un rinomato bibliofilo da interpellare nelle rubriche culturali e da ascoltare in religioso silenzio quando spaccia per autentici i falsi diari di Mussolini e quando millanta di possedere un capitolo inedito del romanzo pasoliniano Petrolio che, chissà come mai, il ladro o il ricettatore avevano promesso proprio a lui. Forse nella certezza che non avrebbe chiamato i carabinieri.
E Sgarbi, un critico d’arte da chiamare per conferenze ed expertise, da invitare in tutti i salotti televisivi, da nominare sottosegretario, o assessore o curatore di mostre o addirittura da eleggere a sindaco della già martoriata città di Salemi.
Ecco, il nuovo libro di Guarino è un documento impagabile per riassumere in tre tappe – sentenze, intercettazioni, visure catastali alla mano – la follia paranoide che ha imprigionato l’Italia nel lungo incubo chiamato Seconda Repubblica, ottenebrando le migliori menti del Paese e rendendole incapaci di distinguere le guardie dai ladri e dai truffatori. Cioè fra Mani pulite e Tangentopoli. Un periodo buio di cui Piercamillo Davigo ha detto di recente: «Fra qualche anno, quando sarà tutto finito, gli storici tenteranno vanamente di comprendere la nostra epoca. Alla fine penseranno a un’epidemia...». Invece era tutto vero.
02 settembre 2010 | Il Salvagente |
02 luglio 2010 | Corriere del Mezzogiorno |