L'emirato di Bari 847-871
prima edizione 1964
a cura di Francesco Violante
Dall’847 all’871 Bari è stata sede dell’Emirato islamico. Con quali conseguenze? Giosuè Musca ricostruisce il complesso quadro geopolitico del Mezzogiorno medievale, in un libro che è un vero unicum della storiografia.
- Collana: Nuova Biblioteca Dedalo
- ISBN: 9788822063458
- Anno: 2023
- Mese: febbraio
- Formato: 14 x 21 cm
- Pagine: 232
- Tag: Storia Medioevo Storia medievale Mezzogiorno Bari Città d'Italia
Non molti sanno che dall’847 all’871 sorse e fiorì a Bari uno Stato islamico. I suoi tre capi furono Halfun, il conquistatore; Mufarrag, che ne allargò i confini e vi costruì una moschea congregazionale; e Sawdan, l’emiro riconosciuto dal califfo di Baghdad, che per qualche anno lo rese potenza egemone nel Mezzogiorno continentale.
L’originale opera di Giosuè Musca, pubblicata per la prima volta nel 1964, resta l’unico saggio dedicato a questo capitolo della complessa storia del Mezzogiorno medievale, diviso tra potenze cristiane e islamiche. Questa nuova edizione, arricchita da un’introduzione di Francesco Violante, costituisce un punto di riferimento fondamentale, anche metodologico, per la ricostruzione geopolitica di un Mediterraneo in cui fedi, armi e culture si sono indissolubilmente scontrate e intrecciate.
Sessant’anni di Emirato di Francesco Violante / Presentazione di Francesco Gabrieli /1. Introduzione / 2. I Saraceni da mercenari a conquistatori 830-846 / 3. Khalfūn, primo emiro di Bari 847-852 / 4. Mufarraģ, secondo emiro di Bari 853-856 /5. Sawdān, terzo emiro di Bari 857-865 / 6. L’Emirato di Bari e gli ebrei /7 . Assedio e caduta di Bari 866-871 /8. Dalla caduta di Bari all’occupazione bizantina di Taranto 871-880 / 9. Società, religione, economia / 10. Conclusione / Appendici /1. La data dell’occupazione saracena di Bari/2. La cronaca falsa del prete Gregorio / Cronologia / Bibliografia /Indice dei nomi
Sul periodo di circa un quarto di secolo in cui la città di Bari fu capitale di un piccolo Stato musulmano indipendente, col suo emiro e la sua brava moschea, non esiste alcuno studio monografico. Se ne parla, con una certa ampiezza ma marginalmente agli altri interessi degli autori, nelle notissime opere di Gay e di Amari, la prima ancora utile per la sicurezza dei giudizi e per la valutazione positiva della parte svolta da Bisanzio nel Mediterraneo centrale, e la seconda, autentico monumento della storiografia ottocentesca, ancora insostituibile per la ricchezza d’erudizione e per la nobilissima passione patriottica che illumina tante sue pagine. Accenni numerosi all’Emirato di Bari sono in altri volumi, come quelli di Hartmann, Pochettino, Schipa, e in vari saggi, ma manca la monografia che, evitando alcuni errori (piccoli nell’economia delle loro opere ma fastidiosi se è l’Emirato di Bari a interessare il lettore) degli autori precedenti e prendendo Bari a centro d’interesse, rifaccia la storia dell’oscuro IX secolo, o meglio della parte centrale di esso, in Puglia e in Italia meridionale.
Le difficoltà di un simile lavoro derivano principalmente dalla frammentarietà delle notizie fornite dalle fonti, dalla loro approssimativa cronologia, dalla ristrettezza del loro punto di vista. Le principali fonti latine che dedicano attenzione a Bari saracena sono l’anonimo monaco autore della Chronica Sancti Benedicti Casinensis, Erchemperto e l’Anonimo salernitano. Il primo è contemporaneo agli avvenimenti, ma la sua cronaca non giunge nemmeno alla riconquista cristiana di Bari nell’871; il secondo, il più utile, è di poco posteriore; il terzo è del secolo seguente, ma non sempre è facile scoprire la verità storica nella massa dei suoi divertenti aneddoti. Altre fonti di epoca posteriore, come Leone Ostiense, dipendono dalle tre suddette. Se queste tre sono le fonti principali, numerosi accenni si trovano in diverse altre fonti latine contemporanee e di poco posteriori, ma sono accenni che servono a costruire lo sfondo del quadro, non a delinearne le immagini principali.
Le fonti arabe non prestano molta attenzione all’Emirato di Bari, e non moltissima alle incursioni saracene in Italia meridionale. Ciò è facilmente comprensibile, perché si trattava in genere di vicende non ufficiali, nate cioè non dall’iniziativa ufficiale di Baghdad o di Kairawān o di Spagna, ma dal desiderio di saccheggio di bande private. Comunque per l’Emirato di Bari ci è rimasta l’importante testimonianza di al-Balādhurī, che fiorì nella seconda metà del IX secolo proprio a Baghdad, cioè nel cuore, se non più politico, spirituale e religioso del mondo islamico: egli si occupò di tali imprese appunto nella misura in cui esse divennero ufficiali. Da al-Balādhurī dipendono Ibn al-Athīr (1160-1233) e Ibn Khaldūn (1333-1406), che ne ripetono o ne riassumono le parole.
Tra le fonti bizantine, le più importanti sono le opere di Costantino Porfirogenito, interessanti perché, nel celebrare tra l’altro le glorie del grande Basilio I, ci informano sull’orientamento politico bizantino verso i problemi dell’Italia meridionale e dell’Adriatico nel periodo che ci interessa, ma poco illuminanti sui fatti, per le imprecisioni e le confusioni, anche cronologiche, in cui l’autore cade.
Né oggi possediamo materiale nuovo rispetto a ciò ch’era già noto a Gay e ad Amari. Il presente lavoro prende perciò le mosse anzitutto da un’attenta rilettura di tutte le fonti disponibili e dal riordinamento dei dati da esse forniti, al fine di narrare, con la maggior chiarezza e ricchezza di particolari possibili, la storia di Bari e della Puglia in particolare e dell’Italia meridionale in genere nel cinquantennio 830-880, che racchiude il più breve arco di tempo dell’Emirato di Bari vero e proprio, che durò dall’847 all’871, poco più di ventitré anni. La novità della ricerca non sta tanto nella produzione di testi nuovi, quanto nella rielaborazione di particolari già noti, nel diverso centro d’interesse e in un ordine leggermente mutato dei fatti là dove anche il grande Amari, preso da altre e più ponderose preoccupazioni, si è trovato in qualche difficoltà. Ho cercato cioè di capire, sullo sfondo della storia del Mezzogiorno nei suoi rapporti con l’Impero carolingio da una parte e quello bizantino dall’altra, come nacque, si sviluppò e tramontò l’Emirato di Bari, cosa rappresentò questo fenomeno pressoché unico (se si escludono gli Emirati di Taranto e di Amantea e la più tarda colonia del Garigliano) di Stato musulmano indipendente sulla terraferma italiana.
I pericoli che si corrono in un lavoro del genere sono evidenti. Il nostro desiderio tutto moderno di veder chiaro, di porre un ordine razionale nei fatti e nelle idee si scontra e spesso rimane sconfitto di fronte alla frammentarietà delle fonti, ma soprattutto di fronte alla loro incapacità di narrare con ordine: mescolano ad arbitrio (o meglio, secondo la loro imperfetta visione) gli avvenimenti, non avendo una chiara concezione del tempo. Sono capaci però, con la loro passionalità e la loro parzialità di giudizio, di darci il quadro di un’umanità di fronte alla quale non possiamo sentirci estranei.
Non sorprenda perciò di incontrare spesso nel seguente saggio, quando si indicano date, parole come “circa”, “forse”, “anno più anno meno”: si potrebbe in quei casi discutere all’infinito se l’avvenimento narrato sia accaduto l’anno prima o l’anno dopo, e il tempo oggi vale qualcosa di più che ai giorni del buon padre Di Meo, che amava disquisire e polemizzare per datare con precisione un avvenimento, spesso servendosi anche di qualche fonte falsa. Ciò che ci interessa è l’ordine dei fatti, sin dove è possibile ricostruirlo, ma soprattutto la lezione storica e umana del passato.
D’altro lato, quell’insensibilità cronologica delle fonti così irritante per noi, e il loro latino non propriamente ciceroniano sono ben altrimenti eloquenti. La lingua, è noto, non è mezzo artificiale, meccanico di comunicazione che risponda più o meno a perfetti schemi o archetipi, ma sempre proiezione dello spirito. Come nel XVII secolo le agudezas e le stramberie di letterati e poeti saranno lo sfogo di animi coartati da dispotismo politico e Inquisizione, così la sintassi sorprendente e il vocabolario maccheronico degli scrittori cosiddetti barbari sono l’espressione di animi involuti, rozzi, incapaci di ordine e di nesso logico. Involuti e rozzi ma non barbari, non inferiori, che l’umanità può conoscere l’involuzione e la rozzezza ma non il subumano o l’antiumano, può conoscere la crudeltà quasi ferina ma rimane sempre umanità, mai priva di quella scintilla divina che può rivelarsi in una frase, in un’invettiva, in un accento di dolore.
Molto più importante perciò della precisione erudita è lo sforzo di capire lo spirito delle fonti e la realtà dei tempi; molto più importante dell’assoluta e irraggiungibile certezza del particolare è la coerenza dell’insieme. Nel mettere insieme le tessere di un mosaico l’artista ha come unica regola la sua fantasia creatrice, lo storico il suo metodo. Nel ricostruire un’oscura e dolorosa pagina della storia del nostro Mezzogiorno l’autore di questo saggio si augura di non essersi troppo allontanato non tanto dalla mitica “verità” dei fatti, quanto dalla realtà che i nostri antenati del IX secolo vissero e soffrirono.
16 Febbraio 2023 | www.liquidarte.it |
24 Febbraio 2023 | La Repubblica |
21 Marzo 2023 | www.corrierepl.it |
22 Marzo 2023 | bariseranews.it |
22 Marzo 2023 | Corriere del Mezzogiorno |
31 Maggio 2023 | Barlettalive.it |
01 Giugno 2023 | La Repubblica |
01 Giugno 2023 | La Gazzetta del Mezzogiorno |
21 Gennaio 2023 | La Repubblica ed Bari |
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