Aa. Vv.
I caratteri originari della conquista normanna (Atti delle XVI giornate normanno-sveve, 2005)
Diversità e identità nel Mezzogiorno (1030-1130)
a cura di Raffaele Licinio e Francesco Violante
Quindici storici analizzano il secolo e le modalità della conquista normanna del Mezzogiorno italiano. Pierre Toubert, Mathieu Arnoux, Giovanni Cherubini, Salvatore Tramontana, Aldo A. Settia, Mario Gallina, Gabriella Piccinni, Franco Porsia, Pina Belli D'Elia, Errico Cuozzo, Jean-Marie Martin, Cosimo D. Fonseca, Francesco Panarelli, Giancarlo Andenna, Salvatore Fodale.
- Collana: Fuori Collana
- ISBN: 9788822041647
- Anno: 2006
- Mese: novembre
- Formato: 17 x 24 cm
- Pagine: 416
- Note: illustrato in bianco-nero, brossura
- Tag: Storia Medioevo Storia medievale Mezzogiorno Età normanno-sveva
Gli Atti delle «sedicesime giornate normanno-sveve» tenute a Bari nell'ottobre 2004: quindici specialisti analizzano il secolo e le modalità della conquista normanna del Mezzogiorno, puntando in particolare a rintracciarne gli elementi di identità e quelli di diversità: in sintesi, i caratteri originari. Temi di vasto respiro, indagati con nuove chiavi di lettura: i Normanni prima della conquista; i popoli e le etnie, le mentalità e i territori alla vigilia della conquista; gli strumenti e la tattica dell'occupazione normanna; le resistenze e le opposizioni; i regimi signorili e la conduzione delle terre; i segni sul territorio: città e fortificazioni, l'architettura sacra; le istituzioni politico-amministrative: il ducato, i comitati; le istituzioni ecclesiastiche: gli episcopati, le cattedrali, i monasteri; la sacralizzazione della conquista.
Giovanni Girone, Indirizzo di saluto - Pierre Toubert, La première historiographie de la conquête normande de l'Italie méridionale (XIe siècle) - Mathieu Arnoux, I Normanni prima della conquista. Costruzione politica e identità nazionale - Giovanni Cherubini, Popoli, etnie e territorio alla vigilia della conquista. Il Mezzogiorno continentale - Salvatore Tramontana, Popoli, etnie e mentalità alla vigilia della conquista di Sicilia - Aldo A. Settia, Gli strumenti e la tattica della conquista - Mario Gallina, Gli stanziamenti della conquista. Resistenze e opposizioni - Gabriella Piccinni, Regimi signorili e conduzione delle terre nel Mezzogiorno continentale - Franco Porsia, I segni sul territorio. Città e fortificazioni - Pina Belli D'Elia, I segni sul territorio. L'architettura sacra - Errico Cuozzo, Le istituzioni politico-amministrative legate alla conquista. Le ripartizioni territoriali: i comitati - Jean-Marie Martin, Les institutions politico-administratives liées à la conquête. Le duché - Cosimo D. Fonseca, Le istituzioni ecclesiastiche legate alla conquista. - Gli episcopati e le cattedrali - Francesco Panarelli, Le istituzioni ecclesiastiche legate alla conquista - I monasteri - Giancarlo Andenna, Dalla legittimazione alla sacralizzazione della conquista (1042-1140) - Salvatore Fodale, Discorso di chiusura
Mathieu Arnoux
I Normanni prima della conquista.
Costruzione politica e identità nazionale
Un mercoledì di Pasqua, poco dopo il 1055, si tenne un placito nel palazzo ducale di Fécamp, presieduto dal duca dei Normanni Guglielmo e dalla moglie Matilde. I monaci benedettini di Saint-Florent di Saumur, sulla Loira, vi chiedevano la restituzione di alcune antiche possessioni dell’abbazia nel Cotentin. Durante il dibattito i monaci pensarono che fosse il caso di dare al duca e ai giudici della sua corte una breve lezione di diritto canonico sul concetto di elemosina e sul modo corretto di redigere un diploma. La reazione del duca fu gelida, e dovutamente riportata nella notitia placiti consegnata ai religiosi: «Rispose quest’uomo pieno di saggezza: “può darsi che siamo Normanni, ben sappiamo però che cosa si deve fare e, se Dio vuole, così faremo”». Lo scambio di battute tra il duca e i suoi interlocutori potrebbe essere commentato in vari modi, dato che, di questa restituzione, ci è rimasta la documentazione pressoché completa. Due aspetti della scena ci interessano qui particolarmente: in primo luogo, sembra che i monaci, pur essendo di luoghi non lontani dalla Normandia, ignorino totalmente sia la personalità del duca che la cultura religiosa e giuridica della sua corte; d’altra parte, va notata l’orgogliosa affermazione espressa da Guglielmo con sole tre parole: «licet simus Normanni». Rivolta a stranieri, costituisce un’attestazione precoce della coscienza di una specificità normanna. Nel suo complesso, la scena illustra perfettamente il rapporto che si stava allora creando tra il mondo normanno dall’identità recente, ma già affermata, e i suoi vicini del regno di Francia occidentalis. Un episodio senza spargimento di sangue, che va collocato all’interno di una serie d’incontri, scontri e scambi avvenuti negli anni compresi tra il 1020 e il 1066, di cui fanno parte anche la conquista dell’Italia meridionale o dell’Inghilterra. Aprendosi al mondo occidentale, i Normanni di Normandia affermano un’identità propria, la cui genesi e contenuto saranno il tema delle pagine che seguono.
Sarebbe stato semplice presentare questa relazione due decenni anni fa: bastava allora mettere a confronto l’allora recente sintesi di David Bates con il saggio provocatorio di Eleanor Searle, o ancora gli articoli di Lucien Musset con quelli di Michel de Boüard. Il dibattito era, allora, privo di sfumature: da una parte Bates e Musset insistevano sulla continuità delle strutture sociali e delle istituzioni giuridiche dell’alto Medioevo nella società normanna, sicché il ducato si poteva a buon diritto definire «la più carolingia della province del Regnum Francorum». Dall’altra parte, Searle e de Boüard e, prima di loro, Marc Bloch, mettevano l’accento sull’impresa eversiva che aveva portato all’espulsione dell’aristocrazia franca dalla vecchia Neustria e alla sua sostituzione da parte di un gruppo di predatori corsari dai modi eccessivamente brutali. Alla “continuità carolingia” si opponeva insomma una “spaccatura vichinga”, secondo due tesi solidamente argomentate, ma così totalmente incompatibili da suscitare molti dubbi e perplessità sulle dinamiche storiche che avevano partorito una situazione ovviamente contraddittoria. Si trattava di una vera e propria aporia più che di un enigma, dato che l’unico punto d’accordo tra gli studiosi stava nella la certezza che non vi fossero le fonti per sciogliere il dilemma. Non era rimasto, infatti, alcun documento scritto in Normandia per gli anni compresi tra il 918 e il 990, e l’unica fonte narrativa sulle origini del ducato di Normandia, le Gesta Normannorum di Dudone, canonico di Saint-Quentin, era unanimemente descritta come “disastrosa”, alla stregua, del resto, dei due scrittori coevi maggiormente informati sulle vicende normanne, Rodolfo il Glabro e Adhémar da Chabannes. I due decenni trascorsi dalla sintesi di David Bates hanno permesso di oltrepassare questo stadio ipercritico, e al tempo stesso paralizzante, e di riproporre in prospettiva decisamente storica la questione degli inizi del ducato di Normandia. Si possono delineare due movimenti che hanno portato a rivalutare completamente le fonti della storia normanna, e di conseguenza a cambiare del tutto i paradigmi interpretativi.