L'antro delle ninfe
saggio introduttivo e cura di Jean-Pierre Cavaillé
Una raccolta di saggi di autori libertini e anticlericali che presenta una completa genesi ideologica e letteraria della sessualità, condensando una visione che, per certi versi, anticipa la dimensione contemporanea: l'oggettivazione del corpo femminile e il predominio del desiderio maschile.
- Collana: Libelli vecchi e nuovi
- ISBN: 9788822055064
- Anno: 2008
- Mese: marzo
- Formato: 12,5 x 21 cm
- Pagine: 128
- Tag: Storia Sociologia Sessualità
L'immaginario relativo alla sessualità, come lo conosciamo attualmente, si è stabilito nel tempo sulla base di modelli e di metafore che hanno una loro storia specifica. In Occidente, una tappa fondamentale nella storia della codificazione di tale immaginario è rappresentata dal pensiero libertino. Dopo i movimenti eretici che già avevano attraversato l'Europa nei secoli precedenti, nel XVII secolo si fa strada, soprattutto in Francia, una letteratura di argomento sessuale e di tono licenzioso, nella quale confluiscono gli stili più diversi, dall'alto al basso, dal sublime al triviale, dall'elegiaco al comico. Il volume coglie le radici di questo lato dell'immaginario sessuale contemporaneo e, allo stesso tempo, presenta un altro aspetto, minoritario in Occidente e oggi praticamente scomparso dalla cultura di massa. E cioè quello spirito rinascimentale dell'unità di corpo e psiche, di anima e sensi; uno spirito che, opponendosi alla concezione cristiana dell'ordine naturale e sociale, era fatalmente destinato a un tragico scontro con le autorità (temporali e spirituali) dell'epoca.
Libertinaggio e allegoria sessuale di Jean-Pierre Cavaillé - Sesso e filosofia libertina - L'antiallegoria libertina - Paesaggio pastorale e attività amorosa - Luogo terribile, luogo di delizie - Il mondo sotterraneo - Dolci antri - Porta dell'inferno e labirinto d'amore - Camera e anticamera - Dal testo alla pratica e ritorno - Tubertus Ocella [François La Mothe Le Vayer] - Esplicazione dell'antro delle ninfe - Descritto in versi da Omero nel tredicesimo libro dell'Odissea - Adrien de Monluc - Lamento di Tirsi a Clori - Allegoria - Claude Le Petit - Storia allegorica (da L'heure du berger)
Libertinaggio e allegoria sessuale
di Jean-Pierre Cavaillé
[...] nel segreto del tuo corpo, sei tu, adorata Mnasidika,
che racchiudi l’antro delle ninfe cantato dal vecchio Omero,
il luogo dove le naiadi tessono lini di porpora, il luogo dove,
goccia a goccia, colano fonti inesauribili, e dal quale la porta
del Nord lascia scendere gli uomini, mentre la porta
del Sud lascia entrare gli immortali.
Pierre Loüys, L’antro delle ninfe, in
Le canzoni di Bilitis II, Elegie a Mitilene.
L’Explication de l’antre des nymphes, la Plainte de Tircis à Cloris, L’Histoire allégorique contenuta ne L’heure du Berger; questi tre testi in prosa, poco noti, del XVII secolo francese hanno in comune il fatto di presentare delle allegorie molto speciali: l’antro visitato da Ulisse dopo il suo ritorno a Itaca, la caverna pastorale in cui la bella Clori non permette al buon Tirsi di entrare, la città di Somatte dalle tre porte dove arriva una coppia d’amanti. Rispettivamente una scena antica descritta da Omero nel tredicesimo libro dell’Odissea, uno scenario bucolico, una vista della capitale del regno d’Amore.
Dunque tre paesaggi piacevoli – tre paesaggi suggestivi, pieni di grotte e fontane, di piante e animali, di pastori e pastorelle, di divinità pastorali, di templi sontuosi e iscrizioni nel marmo – per evocare, invocare, descrivere, sollecitare il corpo sessuato nei suoi vari organi, umori, condizioni, funzioni e azioni. Diversissimi nello stile e nella forma, i tre testi condividono un’identica ironia parodistica, dissacratoria dell’allegorismo neoplatonico e dell’erotismo rarefatto dell’universo pastorale, un identico interesse forte per gli atti e le cose dell’amore fisico, un’identica ostentazione di distacco e indifferenza nei riguardi delle regole sociali, giuridiche e morali della sessualità, nonché un identico rapporto profondamente conflittuale – sebbene velato da un’obbligata discrezione – con la religione costituita, severa fustigatrice dei piaceri carnali.
Gli autori attestati o presunti di queste allegorie licenziose sono quelli che la storiografia è solita chiamare «libertini»: François La Mothe Le Vayer (1588-1672), Adrien de Monluc (1571-1646) e Claude Le Petit (1639-1662). Il primo è uno dei maggiori esponenti di quello che René Pintard aveva definito, piuttosto infelicemente, il «libertinaggio erudito», per distinguerlo dal libertinaggio di costumi tipico dei grandi signori disinibiti, come Adrien de Monluc, e dei poeti licenziosi, come Claude Le Petit. Ma anche se, rispetto agli altri due testi, dobbiamo riconoscere la netta superiorità in fatto di erudizione de L’antro delle ninfe, siamo per forza di cose indotti a constatare che il sapere di Le Vayer è completamente funzionale a una licenziosità morale che non ha nulla da invidiare alla libertà di toni di Monluc (ammesso che sia davvero l’autore della Plainte de Tircis à Cloris) o all’audacia di Le Petit che, in altri testi, raggiunge dei vertici estremi. Tuttavia, dobbiamo sottolineare anche ciò che li separa.
Le Vayer è un intellettuale affermato, discende da una famiglia di magistrati, in passato è stato anche precettore della famiglia reale. Rivendica il titolo di «filosofo». Monluc, conte di Cramail (o Carmain), fa parte dell’altissima nobiltà e, significativamente, non firma nessuna delle opere che gli sono attribuite. Claude Le Petit è figlio di un semplice sarto parigino e, come racconta nella prefazione de L’heure du Berger, cerca, non senza difficoltà, di vivere della propria penna. Né Le Vayer, che sappiamo essere l’autore dei Dialogues faits à l’imitation des Anciens (semiclandestini), ritenuti dai contemporanei – a ragione – profondamente irreligiosi, né Monluc, nonostante la condanna del testo che pubblichiamo qui, furono mai seriamente attaccati per i loro scritti. Claude Le Petit, che non poteva contare su protezioni altolocate, riconosciuto colpevole del crimine di lesa maestà divina e umana per aver composto il Bordel des Muses ou Les Neuf Pucelles putains e altri scritti «contro l’onore di Dio e dei santi», muore sul rogo nel 1662, all’età di ventitre anni. Ma il confronto dei tre testi, nonché di altri che citerò più avanti, dimostra l’ampia circolazione, al di là delle cesure sociali negli ambienti letterari più vari, degli stessi motivi licenziosi e irreligiosi.