Il desiderio del vino
Storia di una passione antica
prefazione di Paolo Scarpi
Più che una storia del vino, la storia di una passione che accompagna l’uomo fin dagli albori della civiltà. Elemento centrale sulle tavole di tutto il mondo, il vino concentra in sé significati e valori che lo rendono essenziale alla comprensione di culture e società.
- Collana: Storia e civiltà
- ISBN: 9788822005724
- Anno: 2010
- Mese: novembre
- Formato: 14,5 x 21,5 cm
- Pagine: 328
- Note: rilegato e illustrato a colori
- Tag: Storia Storia antica Cucina Enogastronomia Vino
Nessun frutto della terra e del lavoro umano ha mai incontrato nella storia il successo arriso al vino. Assurto ben presto a ingrediente caratterizzante della dieta mediterranea, esso si è caricato di tutta una serie di connotazioni simboliche che ne hanno fatto un punto di riferimento nella cultura e nell’immaginario di tanti popoli, in particolare nella sfera religiosa. Bevanda consacrata tanto dalla mitologia greca quanto dalla tradizione ebraica e cristiana, il vino si è imposto come una sorta di ponte fra il nostro mondo e l’aldilà, fra l’umano e il divino, grazie alla sua peculiare capacità di rallegrare, di esaltare, di inebriare, dunque di condurre chi lo beve in un’altra dimensione, magari fino all’oblio della sua condizione terrena. Niente come il vino incoraggia la convivialità, il piacere dello stare insieme e del confrontarsi in tutta franchezza, ma esso può anche trasformarsi in pericolosa fonte di perdizione, come è attestato da tanti episodi di provenienza biblica, letteraria o folklorica. Nel ripercorrere le tappe salienti di una vicenda storica che ha contrassegnato profondamente la nostra cultura, l’autore delinea inoltre un itinerario geografico, che ci mostra come il vino sia riuscito ad ampliare progressivamente la sua area di influenza, tanto da dar luogo a una «mondializzazione felice che favorisce il calore umano e il dialogo tra i popoli». La trattazione è completata
da un ricco e affascinante apparato iconografico.
Dal simbolico al simbolico, ovvero buono da bere se buono da pensare - prefazione di Paolo Scarpi - Introduzione - 1. Le origini sacre del vino - Il primissimo vino - Il vino arriva in Mesopotamia - La conquista dell’Egitto - 2. Il più fedele compagno del monoteismo ebraico - Noè, ebbro di Dio e di vino - Il sacrificio profetico di Melchisedech - Lot ubriacato dalle sue figlie - Prudenza e responsabilità - Il buon vino rallegra il cuore dell’uomo - 3. E il vino diventa un dio - Dioniso, figlio di Zeus e padre del vino - Il symposium al centro del culto dionisiaco - Dioniso e Ampelo - La vite e il vino conquistano tutto il Mediterraneo e l’Europa - Il piacere greco e romano di bere bene - 4. Il sangue del Dio unico - Cana, o l’invenzione del primo grande vino - Io sono la vite, voi i tralci - Il calice della salvezza - 5. La Via della Seta, vicolo cieco del vino - La passione dei Persiani e dei Turco-Mongoli - Una curiosità esotica per i Cinesi - Il Giappone, l’ultima frontiera della viticoltura - 6. Il piacere proibito nell’islam - Il divieto coranico del vino - Accomodamenti con il Cielo - Le mille e una notte, un inno al vino - Permanenza di una viticoltura musulmana - 7. Nel solco dell’espansione romana e cristiana - Grandezza e decadenza del vigneto romano - Il preservarsi di una viticoltura prospera in Oriente sotto l’influenza bizantina - Il ripiegarsi della viticoltura occidentale intorno alle abbazie e ai vescovadi - La gioia cristiana di bere vino - 8. Lusso, calma e voluttà - Il vino, il potere, il denaro - Tre innovazioni per grandi vini da invecchiamento: lo zolfo, la bottiglia, il tappo - Il vino è una festa: l’incredibile successo dello champagne - E poi se ne parla! - Brillat-Savarin, cantore del matrimonio vini-cibi - 9. Una bevanda universale - La civiltà del vino alla conquista del Nuovo Mondo e degli antipodi - La lenta ma irresistibile ascesa della cultura del vino in Asia - 10. L’avvenire è nei terroirs - Dal vino che disseta al vino che fa sognare - L’invenzione delle denominazioni di origine controllata - Che cos’è un terroir? - La Francia dovrebbe credere di più nei suoi terroirs - In tutto il mondo il terroir ha il vento in poppa - Conclusione - Felicità di bere vino - Bibliografia
Introduzione
Le bevande fermentate sono una vera passione per l’umanità.
Esse ristorano il corpo e lo spirito, procurano euforia e facilitano le relazioni sociali. Con il loro sapore seducente e complesso, mai stabilizzato, evocano la vita, sono anzi la vita stessa, da sempre associate al suo culto, dunque al sacro e all’approccio alla sfera del divino. La birra è oggi la più antica e la più consumata tra esse, circa 1400 milioni di ettolitri contro i 300 milioni di vino, ma quest’ultimo ha ispirato, molto di più e meglio, artisti e poeti, ed ha accompagnato tutto il lungo processo evolutivo che ha portato al monoteismo. Il vino è la superba espressione della libertà gioiosa.
Roger Dion lo scrive nel suo libro più importante: L’Uomo, in effetti, ama il vino come l’amico che si è scelto: perché l’ha preferito, non perché è stato obbligato. Anche la storia del vino, fin nelle sue espressioni geografiche, reca impresso il marchio dell’arbitrarietà umana in misura più forte rispetto alla storia del grano o a quella del riso.
In realtà predilezione e arbitrarietà connotano anche la scelta del grano o del riso, ma i cereali bolliti o panificati si limitano a nutrire, mentre il vino eccita i grandi sentimenti, le immagini più folli, nonché una feconda disamina del destino umano. Probabilmente ciò avviene perché i primi sono legati alla fame e non al piacere, al contempo superfluo e indispensabile, del bere senza aver sete, che è prerogativa propria dell’umanità. Roland Barthes l’ha espresso con finezza: […] prima di tutto [il vino] è una sostanza di conversione, capace di rovesciare situazioni e condizioni, di estrarre dagli oggetti il loro contrario; di fare, per esempio, di un debole un forte, di un silenzioso un chiacchierone.
Pur senza evocarla, Barthes pensa forse alla reazione degli abitanti di Gerusalemme nel constatare lo stato dei discepoli di Gesù, divenuti facondi e poliglotti all’uscita dal Cenacolo, dopo aver ricevuto lo Spirito Santo nel giorno di Pentecoste: «Si sono ubriacati di mosto».
La vite, Vitis vinifera, è una delle piante più ubiquiste che ci sia. I suoi frutti maturano all’aria aperta dall’Equatore fino circa ai 55 gradi di latitudine nord (Inghilterra) e ai 45 gradi di latitudine sud (Nuova Zelanda). Il grano, che è il suo complice più antico, si spinge oltre il 60° grado boreale, ma non si avventura più di tanto fra i tropici; pertanto la vite si configura come una dilettevole compagnia per l’umanità, visto che la quasi totalità degli abitanti del pianeta vive fra le due latitudini estreme della viticoltura, accordandole talvolta un’attenzione distratta, ma in generale sempre più sostenuta.
Si tratta di una presenza che deve tutto alle seduzioni del vino. Chi lo ha gustato una volta ritorna ad esso. Chi ne ha provato la gioia, chi ha imparato a riconoscerne la complessità e l’infinita diversità, a diffidare del punto critico al di là del quale si perde più o meno coscienza o a oltrepassarlo solo eccezionalmente, vi resta legato per sempre. Il virus è terribilmente efficace, tanto i suoi effetti sono deliziosi. Solo il mondo musulmano ha fatto finta di rifiutarlo. Pensarci sempre, non parlarne mai, salvo che per metafore, berne in maniera discreta in attesa del paradiso di Allah. Questa è la filosofia islamica, che soltanto i sufi hanno ampiamente trasgredito, cantando il vino in poemi pieni di voluttà e rappresentandolo in dipinti altrettanto sensuali, dove i piaceri della carne si mescolano a quello del bere buon vino… per la maggior gloria di Allah, almeno per come l’immaginano.
Oggi la vite occupa una superficie di 8 milioni di ettari nel mondo e produce quasi 300 milioni di ettolitri di vino – ossia 5 litri per anno e per abitante del pianeta – per ottenere il quale lavorano dai 3 ai 4 milioni di persone. Ciò la rende una delle produzioni agro-alimentari con maggiore concorso umano, come si diceva poc’anzi, tanto più se vi aggiungiamo gli addetti al commercio, i sommelier e tutte le attività connesse – vetreria, tipografia, trasporto, ma anche ristorazione e… medicina, sebbene gli effetti nefasti di un’eccessiva assunzione di vino siano annullati dagli effetti benefici di un consumo ragionevole, che ritarda l’invecchiamento e il ricorso ai medici.
Nel novero delle produzioni agro-alimentari, il vino è una delle più lucrose, malgrado numerosi viticoltori, oggi come ieri, lamentino il fatto di attraversare una grossa crisi economica. Il volume d’affari mondiale del mercato vinicolo ammonta a 120 miliardi di dollari. Le sole esportazioni francesi di vino, nel 2007, hanno rappresentato l’equivalente del costo di 129 Airbus. La cosa è tanto più rimarchevole perché non si parla di un bene di prima necessità, come l’acqua, il grano, il riso o il mais, ma piuttosto di una bevanda di dilezione; l’appassionato che ne è privato è travolto dalla tristezza. È questo che ha permesso l’espansione planetaria del consumo di vino e, dovunque ciò era possibile, la scelta di produrlo localmente.
Lo scopo delle pagine seguenti è quello di ripercorrere la storia della passione che esso ha suscitato, una passione che ha cominciato a conquistare la Terra settemila anni fa dagli altopiani della Mezzaluna fertile. All’origine non c’è che il potere di evocazione esercitato dal vino, la sua capacità di far sognare, di procurare la gioia o, meglio ancora, la speranza, compresa quella di berne eternamente in paradiso, quando ciò è proibito quaggiù.
Il vino, in effetti, ha una connotazione eminentemente religiosa.
Esso mette in relazione l’umanità con l’aldilà, manifestando tutta la potenza del legame fra gli uomini e un ambiente terrestre da addomesticare con il sudore della fronte: la liturgia cattolica lo definisce «frutto della terra e del lavoro dell’uomo». Bevanda degli dèi e dei loro sacerdoti, bevanda dei re e delle loro corti, dono del Cielo e segno dell’Alleanza, allorché Dio diventa unico, il vino stesso è divenuto Dio vivente offerto a tutti gli uomini, in una sera di circa duemila anni fa a Gerusalemme.
Nessun altro elemento o bene del mondo terreno ha mai goduto di un tale status, di un tale prestigio, nemmeno il fuoco, purificatore ma anche distruttore, o l’oro, bello come il Sole, ma così inerte e oggetto di perdizione per coloro che vi si consacrano.
Il vino incanta per il suo aspetto fragile e fugace, ma anche perché è pericoloso quando si beve in misura eccessiva, fungendo così da monito al dominio di sé. Esso spalanca inoltre le porte del mondo dell’amore. La vita, la complessità, la finezza, la soavità, la gioia, la parola libera e acuta, il rischio elevano l’umanità verso ciò che essa ha di migliore, verso ciò che la sublima: il superamento del limite e la capacità di amare. Tutto il segreto della storia e della geografia del vino risiede in questa strana facoltà che tocca l’essenza, il nocciolo duro della condizione umana.
Questo saggio si basa su una concezione geografica che tenta di risalire alle fonti mentali della realtà spaziale. Privilegia i fattori che hanno contribuito a collocare il vino al vertice della cultura e quindi dello spirito di libertà di alcune delle più ricche civiltà della storia umana. Da tale passione contagiosa derivano scelte inerenti all’agricoltura, il paesaggio, il commercio, i consumi, la creazione letteraria e artistica, già descritte dettagliatamente in svariate altre opere. Molto meno religioso che un tempo, il vino non ha perso nulla della sua ricchezza culturale. Oggi costituisce uno dei più piacevoli mediatori del dialogo interculturale, delle relazioni intellettuali tra gli uomini di buona volontà.
08 marzo 2011 | Il Tirreno |
31 dicembre 2010 | Eat Parade |