Silicon jungle
Intrighi, tradimenti e giochi di potere nel mondo di Internet
Tradimenti, giochi di potere e intrighi nel mondo di internet: da un professionista del settore, un thriller sui rischi associati alla concentrazione e allo sfruttamento dei dati strettamente personali che ogni giorno affidiamo al web.
- Collana: ScienzaLetteratura
- ISBN: 9788822015068
- Anno: 2012
- Mese: maggio
- Formato: 13 x 21 cm
- Pagine: 416
- Tag: Letteratura Romanzo Informatica Internet
Stephen Thorpe è un informatico giovane e brillante. Tanto brillante da aggiudicarsi un ambitissimo stage presso Ubatoo, un colosso informatico della Silicon Valley che è allo stesso tempo motore di ricerca, sistema di localizzazione, circuito di pagamento, gestore di posta elettronica e di telefonia mobile: impossibile vivere nel mondo contemporaneo senza consegnargli ogni giorno una miriade di informazioni sui propri interessi, desideri, punti deboli. Il gruppo di data mining cui appartiene Stephen setaccia gli immensi database di Ubatoo per costruire profili degli utenti da sfruttare a fini commerciali, con un vincolo di assoluta riservatezza. Quando il suo capo gli chiede di collaborare con un’associazione per la difesa delle libertà civili, lo stagista si presta in buona fede, convinto che si tratti di tutelare la privacy dei cittadini ingiustamente tartassati dal governo in nome della sicurezza nazionale. Ma nulla è come sembra e l’ingenuo Stephen si trova invischiato in una trama più grossa di lui, fra buoni samaritani, agenti governativi ed estremisti, tutti interessati a una cosa sola: mettere le mani sui dati. Sul filo della suspense, Silicon jungle descrive dall’interno il funzionamento di una grossa azienda informatica e affronta il tema scottante dei limiti etici del data mining, svelando le falle del sistema che custodisce i dati sensibili di un terzo degli abitanti del pianeta.
Prefazione - Conclusione - Due cavigliere - Antropologi sul campo - Coccomolly - Progetto Touchpoints - A rapporto - Sotto torchio dalle nove alle quattro - Previsioni del futuro e trentotto aghi in un pagliaio - Contatto - Due secchioni e una capanna - Una sottostima - Euforia e pillole dimagranti - A tempi migliori - Maratona - Anima e corpo di uno stagista - Candid camera - Episodi - Cibo a volontà e volontariato - Soggetti di studio - Ciò che fa notizia - Pazienza - Crescita esponenziale - Tante casette rosa - Verità, bugie e algoritmi - Negoziazioni e gatte da pelare - La scoperta di Jenny - Sognando Jenny - Allucinazioni e archetipi - Prometti poco, consegna tanto - Le quattro telefonate che ti cambiano la vita - Tante grazie - Una scampagnata - Controllo - Storia di due ammissioni - Preludio al pasticcio - L’effetto Yuri - Il pasticcio - Pensieri come farfalle - Correlazioni - In rotta di collisione - Controllo, atto secondo - Storie di ordinaria decostruzione - Controllo, atto finale - Fondamenta - Senso unico - Gli amici di Sebastin - Uno «smanettone» con un altro nome - Quando piove - Cuore in gola - Cosa ho fatto quest’estate - Posto fisso - Per Adam - Fede - Conta per due - Disconnessa - Sahim - Epilogo: inizio - Ringraziamenti - Nota dell’autore - Documenti riguardanti il data mining e le libertà civili - Informazioni sulla privacy - Bibliografia
Ogni volta che qualcuno usava i servizi di Ubatoo per inviare un’e-mail o comporre un messaggio istantaneo, nei giganteschi database dell’azienda ne veniva conservata una copia. Ogni ricerca effettuata, che fosse a mezzanotte nell’intimità della propria abitazione o nell’orario di lavoro per conto della propria impresa, dal punto di vista di Ubatoo era identica: veniva registrata nei file di log e messa in coda per essere analizzata. Bastava aggiornare un profilo per farlo vedere ai propri amici ed ecco che sette copie di quella pagina venivano immediatamente memorizzate su tutti i server di Ubatoo, in qualsiasi punto del globo fossero situati. Di tutte le presentazioni e i file che la gente archiviava su Ubatoo per salvarli e per condividerli con i colleghi, con i gruppi di mamme e i consigli aziendali, veniva fatto un backup ridondante nel «cloud computing» di Ubatoo, una «nuvola informatica» costituita da enormi batterie di server situate in decine di località sparse in sei dei sette continenti. L’ubicazione esatta di quei complessi era nota solo a pochissime persone anche all’interno dell’azienda.
In quanti e quali luoghi si trovava il file di un utente? Nessuno lo sapeva; era un sofisticato insieme di algoritmi a determinare dov’era archiviato il contenuto e dove si trovava il suo backup.
Gli algoritmi si adattavano automaticamente in base agli schemi di uso, al flusso in entrata e alle dimensioni delle richieste, per stabilire quale fosse il luogo migliore dove custodire la recensione di un libro, i file MP3, il portafoglio titoli, le e-mail e i biglietti d’auguri elettronici. Il vantaggio per l’utente era che, se l’intera Europa fosse stata improvvisamente colpita da un meteorite, gli sarebbero comunque rimaste varie copie delle e-mail e delle fotografie delle vacanze da consultare senza alcuna interruzione.
E quando quei server non erano occupati a scrivere e ad archiviare i dati degli utenti, cosa facevano? Ogni gruppo di server elaborava i dati che aveva accumulato, ventiquattr’ore al giorno, sette giorni su sette, 365 giorni all’anno, senza pause. Cliccavi qualcosa sul sito di Ubatoo, trovavi un risultato di ricerca che avevi voglia di approfondire, un’immagine che ti colpiva? Quei clic attivavano immediatamente decine di macchine, che provvedevano a registrarli e salvarli per poterli analizzare in un secondo momento. La reazione era ancora più istantanea se qualcuno usava un telefono Ubatoo o una delle sue carte di credito (di plastica o virtuali). Quelle erano informazioni particolarmente preziose, perché rivelavano aspetti molto personali dell’utente che ne aumentavano la conoscenza da parte di Ubatoo, e di conseguenza nella coda ricevevano priorità assoluta, in modo che fossero elaborate immediatamente.
Ciò che gli stagisti sospettavano era vero: ogni elemento di quell’enorme miniera di informazioni equivaleva a un numero maggiore di dati su ciascun individuo di quanti ne fossero mai stati raccolti prima, in tutta la storia dell’umanità, integrata rispetto al tempo. Ubatoo poteva anche non sapere di che colore avesse gli occhi un utente (a meno che non decidesse di caricare una sua foto su un servizio di condivisione di immagini), ma i server contenevano una quantità di dati sufficiente a ricostruire una storia dettagliata su di lui, fino ai minimi particolari della sua vita. C’era tutto, dalle abitudini di acquisto alle e-mail che aveva spedito e di cui non voleva che il suo capo fosse informato, fino alle immagini che aveva cercato nella privacy del fuori orario. E perché venivano raccolte quelle informazioni? Semplicemente perché Ubatoo potesse mostrargli una pubblicità più mirata.
Crea un profilo per ciascuno degli utenti e sfrutta quei profili per offrire tentazioni personalizzate: fai balenare davanti ai loro occhi la pubblicità di qualcosa che Ubatoo sa che desidereranno ardentemente prima ancora che ne siano coscienti loro stessi. Tutto ciò che Ubatoo faceva e ogni servizio che offriva, apparentemente gratis, in realtà aveva un minuscolo prezzo: il tempo, l’attenzione e, auspicabilmente, il clic dell’utente. Gli veniva mostrata una pubblicità: se la cliccava, l’inserzionista pagava Ubatoo. Benché quasi nessuno cliccasse regolarmente, quasi tutti lo facevano di tanto in tanto. In definitiva, si riduceva a un gioco di numeri. Crea servizi che le persone usano in modo che continuino a visitare le pagine e, ogni volta che lo fanno, mostra loro una pubblicità. Prima o poi, ci sarà qualcosa che le alletterà al punto da indurle a cliccarla.
Utente risolutamente contrario a cliccare? Impossibile da influenzare?
Nessun problema. Il profilo costruito su di lui era di aiuto per comprenderne altri. Esistevano un sacco di persone che gli assomigliavano, che cercavano le stesse cose, spendevano la stessa quantità di denaro alla settimana e, magari, vivevano in una casa vicino alla sua, ma erano più sensibili alla pubblicità.
Perciò, in qualsiasi modo l’utente restio utilizzasse i servizi di Ubatoo, i suoi dati erano utili quanto quelli dei suoi vicini di casa, ed entrambe le raccolte erano ugualmente bene accette.
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