50 grandi idee digitali
Dai primi browser degli anni ’90 al futuro «Internet delle cose», Tom Chatfield ci guida alla scoperta della cultura digitale.
- Collana: 50 grandi idee
- ISBN: 9788822068330
- Anno: 2012
- Mese: maggio
- Formato: 17 x 20 cm
- Pagine: 208
- Note: illustrato, cartonato
- Tag: Tecnologia Informatica Intelligenza artificiale Internet Social Network
Oggi viviamo in un mondo digitale: paghiamo le bollette sullo smartphone, facciamo shopping sul web, magari consigliati da un influencer sui social, guardiamo i film in streaming, e persino la scuola è a volte in DAD. Ma quanto ne sappiamo davvero su questa realtà, adesso non più tanto “virtuale”? Un libro che parte dalle basi (ed è per questo adatto anche a coloro che hanno poca confidenza con e-mail e PC), e arriva a esplorare la rete sotto la Rete, l’Internet delle cose, le minacce hacker, i meccanismi più profondi della tecnologia.
Introduzione - I FONDAMENTALI - 01 Internet - 02 Il World Wide Web - 03 L’accesso a Internet - 04 L’e-mail - 05 I personal computer - 06 I server - 07 I browser - 08 I linguaggi di markup - 09 I motori di ricerca - VERSO IL PRESENTE DIGITALE - 10 Il Web 2.0 - 11 La netiquette - 12 I blog - 13 L’aggregazione - 14 Le chat - 15 Il file sharing - 16 Lo streaming - 17 Rich Internet Applications - 18 Wireless - 19 Gli smartphone - IL LATO OSCURO - 20 Il malware - 21 Lo spam - 22 La privacy - 23 Il web profondo - 24 L’hacking - 25 La cyberguerra - PIACERE E TEMPO LIBERO - 26 I social network - 27 Le console per giochi - 28 I mashup - 29 Il jamming culturale - AFFARI E POLITICA - 30 L’e-commerce - 31 La pubblicità on-line - 32 L’analisi statistica - 33 Il riconoscimento ottico dei caratteri - 34 La traduzione automatica - 35 I servizi geolocalizzati - 36 I beni virtuali - 37 L’e-government - UN MONDO IN TRASFORMAZIONE - 38 Il crowdsourcing - 39 Il movimento per il software libero - 40 La distribuzione digitale - 41 Il cloud computing - 42 Fenomeni virali - IL FUTURO DIGITALE PRENDE FORMA - 43 Mondi virtuali - 44 Gli avatar - 45 La neutralità della Rete - 46 Il web semantico - 47 La realtà aumentata - 48 La convergenza - 49 L’Internet delle cose - 50 La distrazione - Glossario - Indice analitico
29 Il jamming culturale
Il «jamming» (letteralmente, sabotaggio, disturbo) culturale è da intendere nella stessa accezione utilizzata quando si parla di disturbare le comunicazioni radio del nemico durante un conflitto: i suoi obiettivi sono il sabotaggio e il sovvertimento dei messaggi prodotti dalla cultura dominante, sovente a fini satirici o politici. Vista la facilità con la quale si possono manipolare i media digitali, nel jamming culturale ritroviamo attività on-line di ogni sorta, in una scena «alternativa» che, a sua volta, è ormai abbastanza istituzionalizzata da attirare su di sé forme ulteriori di satira e di ribellione.
L’idea di jamming culturale è più antica dell’èra digitale: le sue origini risalgono alla ribellione rituale del Carnevale e, più recentemente, a quei movimenti artistici del Novecento, come il Situazionismo, che cercavano di mettere in evidenza l’assurdità di molte convenzioni dell’esistenza quotidiana. Molti movimenti anticonsumistici come Adbusters, fondato nel 1989, hanno perseguito con coerenza una politica di «disturbo» della cultura dominante attraverso varie forme di satira sulla pubblicità, le strategie di marketing e i consumi di massa.
Tra i punti di incontro più malfamati della neonata Internet in cui si praticava la decostruzione della cultura dominante spiccava una serie di imageboard comiche e di siti di culto in cui venivano pubblicate foto manipolate in chiave satirica, descrizioni di beffe anti-establishment e recensioni satiriche. I forum di questi siti, come Something Awful fondato nel 1999, hanno visto accumularsi da allora a oggi un seguito anarcoide di iscritti che talvolta si fanno chiamare «goons», agenti provocatori.
Oltre che per la demolizione satirica di molti obiettivi appartenenti alla cultura dominante, i «goons» sono famosi per riunirsi in gruppo all’interno dei più popolari videogiochi e mondi virtuali on-line con lo scopo dichiarato di distruggere l’esperienza di gioco degli utenti normali, in una forma di jamming culturale virtuale che funge da riconoscimento del fatto che gran parte della cultura digitale, oggi, è talmente integrata nel pensiero dominante da trasformarsi essa stessa in oggetto di jamming a tutti gli effetti.
Jamming culturale politico La velocità spettacolare con la quale una comunità on-line può creare e diffondere la propria reazione a un evento rende il jamming culturale digitale particolarmente indicato per un campo in rapido movimento come la politica; lo dimostra quanto accaduto durante le elezioni politiche britanniche del 2010. Nel giro di poche ore dall’affissione, una serie di poster del partito conservatore in cui si sfruttava la frase «Non ho mai votato Tory prima d’ora, ma...» furono falsificati e pubblicati on-line in migliaia di varianti che spaziavano da «Non ho mai votato Tory prima d’ora... perché ho sette anni e mi piacciono i Power Rangers» a «Non ho mai votato Tory prima d’ora ma credo nell’allarmismo sociale».
Da quell’iniziativa nacquero rapidamente un sito web, un gruppo Facebook e un tema su Twitter, per non parlare della disputa che si accese all’interno della stessa campagna elettorale: i parlamentari laburisti, infatti, non mancarono di commentare attivamente il jamming dei poster elettorali.
Il caso Santorum La possibilità di diffondere in maniera quasi istantanea il capovolgimento di qualsiasi messaggio, oltre a costituire fonte di delizia per molti, è anche un elemento importante di gran parte della pubblicità e del dibattito pubblico dei nostri giorni. Da un lato, gran parte delle discussioni che avvengono on-line tendono ad avere un carattere effimero e a passare quasi inosservate nel l’immensa quantità di informazione disponibile, o a suscitare interesse solo in quelle frange di sostenitori che sono già convinte della bontà di una posizione. Dall’altro, il fatto che alcuni siti web si stiano imponendo come catalogo di riferimento di importanza mondiale implica che la capacità di una comunità on-line di «sabotare» un messaggio sostituendolo con un altro può avere un effetto significativo.
Ne è un esempio il «caso Santorum», esploso negli Stati Uniti nel 2003 quando, nel corso di un’intervista, l’allora senatore repubblicano Rick Santorum affermò di ritenere che la Costituzione non garantisse ad adulti consenzienti il diritto alla privacy per quanto riguardava gli atti sessuali, e che uno Stato aveva il diritto di legiferare sugli atti omosessuali con gli stessi criteri sui quali si basano le leggi sull’incesto e gli abusi sui minori.
‘Non posso fare a meno di pensare che in Internet ci sono cose orribili: chissà se scrivendone riuscirò a trasformarle in qualcosa di spassoso.’
Rich Kyanka
Le affermazioni di Santorum furono accolte da un mare di critiche; la reazione dall’effetto più duraturo, però, fu con ogni probabilità la gara proposta dall’editorialista Dan Savage per coniare un significato alternativo all’insolito cognome «Santorum» e cercare di introdurlo nel linguaggio comune. La campagna, ebbe un tale successo che la definizione vincente – di natura sessuale, e piuttosto offensiva – è citata tra i primissimi risultati di qualsiasi ricerca on-line sul nome Santorum.
Il Google bombing Una delle tecniche più utilizzate per «sabotare» con successo una parola o un messaggio è il cosiddetto «Google bombing», che consiste nel tentativo di sfruttare le proprietà degli algoritmi del motore di ricerca creando un gran numero di connessioni a una certa pagina web a partire da altre pagine contenenti una stessa frase. Con il tempo, il motore di ricerca di Google è diventato estremamente resistente a questi tentativi di manipolazione; alcuni esempi, però, sono diventati famosi, come il risultato principale ottenuto inserendo nel motore di Google l’espressione «French military victories» (vittorie militari francesi): il link a una finta pagina Google in cui si chiedeva «Did you mean: french military defeats?», cioè «forse intendevi “sconfitte militari francesi?”».
Tecniche simili non sono utilizzate esclusivamente per conseguire effetti comici. Con il termine «Googlewashing», ad esempio, si intende una sorta di jamming culturale inverso in cui interessi aziendali o legati alla cultura dominante cercano di alterare di forza i risultati principali ottenuti cercando un termine particolare, o di far sì che il traffico web non venga diretto verso siti concorrenti. Le parti in causa possono dar vita a battaglie on-line furibonde: ne sono una testimonianza le «guerre sui contenuti» che scoppiano all’interno di siti come Wikipedia. Ormai il jamming dei messaggi sfavorevoli non è più un semplice passatempo per appassionati del genere.
01 novembre 2012 | Leggere tutti |