Il libro nel mondo antico
prima edizione 2008
ristampa
a cura e traduzione di Rosa Otranto
prefazione di Luciano Canfora
Lo studio più moderno, in veste rinnovata, su libri e biblioteche nel mondo antico, materiali scrittorii, circolazione e commercio librari, luoghi e tipologie di produzione e conservazione.
- Collana: Paradosis
- ISBN: 9788822058140
- Anno: 2015
- Mese: novembre
- Formato: 14,5 x 21 cm
- Pagine: 384
- Note: illustrato
- Tag: Storia Filologia Storia antica Libro
Una storia del libro nel mondo antico che prende le mosse dal sistema alfabetico greco e latino e passa in rassegna i problemi connessi alla civiltà scrittoria: la conoscenza della scrittura e della lettura nel mondo greco e romano; i materiali scrittori, inorganici e organici; le forme principali del libro antico, rotolo e codice; i libri illustrati. Sono inoltre discusse le principali fonti su circolazione e commercio librari nel mondo greco-romano, e su luoghi, modi e tempi di conservazione. Infine vengono prese in esame le biblioteche pubbliche e private nel mondo greco e romano: storia, architettura e funzionamento. Questa edizione, rivista e aggiornata rispetto all’originale tedesco (1992), è fondata sul riesame delle fonti antiche e arricchita da un supplemento bibliografico e da un apparato di indici.
Nel regno dei libri di Luciano Canfora - Nota della curatrice - I. LA SCRITTURA ALFABETICA GRECA E LATINA - 1. La scrittura greca - 2. La scrittura etrusca - 3. La scrittura latina - 4. I segni numerali - II. LA CONOSCENZA DELLA SCRITTURA E DELLA LETTURA - 1. I Greci - 2. I Romani - 3. Scuola e lezione - III. GLI ANTICHI MATERIALI SCRITTORI - 1. Materiali inorganici - 2. Materiali organici - a. Legno, lino e altri materiali - b. Papiro - c. Cuoio e pergamena - IV. COME SI SCRIVEVA E COME SI LEGGEVA - 1. La scrittura - 2. La lettura - V. LE FORME PRINCIPALI DEL LIBRO ANTICO: ROTOLO E CODICE - 1. Il rotolo - 2. Il codice - 3. Rotolo e codice in gara - VI. LIBRI ILLUSTRATI - VII. DIFFUSIONE E COMMERCIO DEL LIBRO - 1. Possesso e diffusione del libro in Grecia - 2. Il commercio del libro in epoca romana - 3. Regali, furti e distruzioni di libri - VIII. LE BIBLIOTECHE - 1. Definizione: biblioteche e archivi - 2. Biblioteche nell’antica Grecia - 3. Le biblioteche private dei Romani - 4. Le biblioteche pubbliche a Roma - 5. Le biblioteche nell’impero romano - IX. ARCHITETTURA E ARREDAMENTO DELLE BIBLIOTECHE - X. FUNZIONAMENTO E AMMINISTRAZIONE DELLE BIBLIOTECHE - Supplemento bibliografico a cura di Rosa Otranto - Elenco e fonti delle illustrazioni - INDICI - I. Indice dei luoghi citati - II. Indice delle testimonianze scritte - Papiri - Epigrafi - Manoscritti - III. Indice dei nomi antichi e moderni - IV. Indice dei luoghi geografici - V. Indice analitico
NEL REGNO DEI LIBRI
di Luciano Canfora
1. «L’imperatore sente quotidianamente il bisogno di poter disporre di una biblioteca da viaggio» (Promemoria di Napoleone, 12 giugno 1809). E se la disegna lui stesso: formato, numero di pagine di ciascun volume, contenitore: «trenta casse, ogni cassa tre file, ogni fila 33 volumi». E dentro ci saranno: «storia universale, storia antica, storia del basso impero, storia generale e monografica, storia moderna degli Stati d’Europa». E aggiunge: «anche Strabone, la Bibbia e qualche storia della Chiesa». Il bibliotecario personale dell’imperatore, Antoine-Alexandre Barbier, provvide.
Conoscere il più possibile le letture di un autore – come ormai si può grazie ad importantissimi libri e repertorii (Lo scrittoio del Petrarca; La biblioteca di un umanista, per Leon Battista Alberti; e poi Tartarotti, Leopardi, Foscolo ecc.) – significa capirli più in profondità. Quando si tratti poi di un personaggio politico, la sua biblioteca aiuta, almeno in parte, a comprendere la sua forma mentis. Ad esempio questa smisurata «cliofilia » del Bonaparte non ci sorprende affatto. Sin dagli anni della prima giovinezza nella Corsica di Pasquale Paoli, egli si nutriva di Plutarco, che del resto risultò essere anche una delle (poche) letture certe di Danton quando si fece l’inventario dei suoi beni ad esecuzione avvenuta. E si potrebbe seguitare ricordando quanto avevano significato Oriani e Nietzsche per Mussolini, o addentrandosi nella selva della biblioteca personale di Stalin, dipanata da ultimo da Ilizarov.
Un campo inesauribile d’indagine sono le «biblioteche d’autore», sin dall’età antica. Per esempio, è noto che Euripide, il grande tragediografo del V sec. a.C., non molto amato dal pubblico ateniese, possedeva libri ed era messo alla berlina anche per questo. Aristofane, il commediografo ateniese che meglio conosciamo, non mancava di deridere Euripide anche per questo. Una volta, nelle Rane (943), parla di «decotto di libri» come di qualcosa di pericoloso. In compenso però, lui le grandi tragedie di autori che avevano dominato e ancora dominavano la scena le conosceva bene. E la sua comicità, che è spesso parodia, si nutre appunto di tali letture.
Nel secondo secolo della nostra era, forse il più «alfabetizzato» dell’antichità, Ateneo di Naucrati, un autore egiziano che ebbe a disposizione una formidabile biblioteca, si poneva la questione di quali fossero stati i primi grandi autori-collezionisti di libri. E nominava, dell’epoca classica, tra gli altri, Euripide. Ma soprattutto Aristotele: il filosofo-scienziato che aveva messo in essere, nel Liceo, non solo una biblioteca, ma anche, con l’aiuto di Alessandro Magno, suo allievo, un museo naturale, che furono il modello della «grande biblioteca» e del Museo di Alessandria, divenuta ben presto la capitale mondiale della cultura. L’Egitto ha un ruolo importante ma non unico in questa storia. A Roma, al tempo di Vespasiano, Plinio il Vecchio scrive la Storia Naturale sulla base di un’immensa biblioteca scientifica ed erudita di cui ci dà lui stesso il catalogo, al principio della sua opera.
Ma quanti leggevano intorno a questi grandi centri di cultura? L’alfabetismo nel mondo antico è stato, nel Novecento, uno dei grandi temi di discussione. Un bilancio comunque lo si può trarre. Certamente le città, grandi e meno grandi, furono molto più alfabetizzate delle campagne, e l’«oriente» parlante greco, dotato di una fitta rete di ginnasi, lo fu molto più dell’occidente. Comunque, la Gallia tardoantica al tempo di Giuliano «l’Apostata», o di Ausonio o, più tardi, di Sidonio Apollinare è, nelle sue aree urbanizzate, caratterizzata da una diffusa cultura libraria non meno di Gaza o di Cesarea di Palestina. Quello che va evitato è l’idea di uno sviluppo lineare. Non fu così, e forse non è mai così. Ci furono momenti alti, come l’età di Adriano, il grande costruttore di biblioteche: si pensi alle sue iniziative in tal senso in Atene, a Roma e a Tivoli, ad Alessandria. E ci furono momenti di crisi drammatica e di arretramento, per tutto il III secolo. Ancora alla metà del IV secolo Ammirano Marcellino, lo storico di origine greca che continuò in latino l’opera di Tacito, affermava che a Roma le biblioteche erano «chiuse, sbarrate, come tombe». Secondo Rostovtzeff la civiltà classica, in Occidente, era crollata perché la campagna (i contadini-soldati) aveva sommerso le città, cioè i luoghi di maggiore addensamento di libri e di lettori. Anche nelle età più vicine a noi, del resto, l’alfabetismo non ha quasi mai avuto un andamento stabilmente progressivo. Nell’Italia di metà Ottocento, intorno al momento in cui si forma l’unità nazionale, la massa analfabeta rasenta mediamente il 70% della popolazione. Il secolo XX ha visto momenti di alfabetizzazione intensiva (e si potrebbe dire «forzata»), come ad esempio in URSS, e, contemporanemente, aree di grande stagnazione come il Nord-Africa francofono, nonostante la presenza coloniale della Francia, cioè di uno dei paesi più alfabetizzati del mondo. Oggi d’altra parte l’alfabetizzazione sembra totale in certe aree grazie ai nuovi potenti mezzi di comunicazione di massa, ma è qualitativamente molto limitata. Conoscevano più parole i soldati romani dell’armata di Crasso, che portavano nel loro bagaglio romanzi e novelle di argomento erotico, che non gli odierni “telepazienti” pur recuperati all’uso della lingua e affrancati dal «monolinguismo» dialettale per l’appunto grazie alla televisione.
La schiacciante prevalenza di Omero, Menandro, Demostene ed Euripide, e dei Vangeli, parla da sé. Quelli erano i libri più presenti (biblioteche, scuole, case signorili). Non necessariamente i più letti. I libri che stavano “sul comodino” delle persone che si dilettavano della lettura erano però forse più leggeri. Era la letteratura di consumo: storie d’amore e d’avventura, per usare il titolo di una famosa raccolta pubblicata da Dedalo nel 1992. Sono sopravvissuti fino a noi non pochi frammenti su papiro del romanzo di Achille Tazio (Leucippe e Clitofonte), giudicato «sconcio» dal patriarca bizantino Fozio, che peraltro se lo leggeva onde poterlo giudicare tale; e non pochi di Caritone, il romanziere greco più elegante. Ma soprattutto piacevano le novelle «piccanti». Se ben poche ne abbiamo tra i tantissimi papiri superstiti, ciò vuol dire che venivano «consumate» con intensità e con altrettanta disinvoltura dismesse. Le più famose e le più audaci erano le cosiddette Milesie, cui si sono ispirati anche i romanzieri romani Petronio e Apuleio. Addirittura, l’imperatore Tiberio forniva agli ospiti delle sue dimore i libri con figure della poco vereconda Elefantide. […]
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6 marzo 2016 | il Sole24 Ore |