Alla scoperta delle onde gravitazionali
Cento anni dopo la previsione di Einstein
L’onda gravitazionale è il nuovo messaggero dei fenomeni estremi che avvengono nel nostro Universo: una scoperta da Nobel raccontata da uno dei suoi protagonisti.
- Collana: ScienzaFACILE
- ISBN: 9788822068804
- Anno: 2018
- Mese: maggio
- Formato: 14 x 21 cm
- Pagine: 128
- Note: illustrato a colori
- Tag: Scienza Fisica Astronomia Universo Astrofisica
L’osservazione diretta delle onde gravitazionali apre un nuovo capitolo della fisica della gravitazione e dell’astronomia. Le date del 14 settembre 2015 e del 17 agosto 2017 segnano due momenti cruciali della lunga storia delle onde gravitazionali. Nel 2015 si è avuta la prima rivelazione diretta del segnale di un’onda gravitazionale, emessa dalla fusione di due buchi neri. Nel 2017, invece, è stato finalmente possibile studiare la collisione di due stelle di neutroni, attraverso le radiazioni sia elettromagnetiche che gravitazionali emesse nel processo. È nata così l’astronomia multimessaggera, che consentirà di ampliare la nostra conoscenza del cosmo.
Questo libro ripercorre la caccia al primo segnale, intrecciando il racconto storico, ricco di aneddoti, con approfondimenti concettuali sulle onde gravitazionali e i relativi sistemi di rivelazione. Capiremo così che questo grande successo scientifico, coronato dall’assegnazione del premio Nobel per la Fisica del 2017 a tre grandi scienziati americani, è in realtà il frutto di un grande sforzo corale durato decenni.
1. Le origini - 2. Le forze fondamentali della natura - 3. Dal microcosmo al macrocosmo: vita e morte delle stelle - 4. Spazio, tempo e gravità - 5. La contrastata storia delle onde gravitazionali - 6. Rivelatori gravitazionali e basse temperature - 7. Onde gravitazionali e rivelatori di luce - 8. La prima osservazione diretta delle onde gravitazionali - 9. L’ingresso in campo di Advanced Virgo e i due nuovi segnali GW170814 e GW170817 - 10. Cosa ci riserva il futuro? - Conclusioni - Ringraziamenti
1 Le origini
Un bimbo che guarda il cielo in una notte senza luna, lontano dalle luci della città, vede un tetto oscuro punteggiato da piccoli punti luminosi. È la stessa immagine che osservavano gli uomini preistorici. Lo sguardo si perde nell’immensa profondità e grandezza del cielo, spingendo la nostra mente lontano dalle sofferenze e le nefandezze terrene. Questo spazio sconfinato, dove risalta la purezza delle lucine sfavillanti delle stelle, induce a credere all’esistenza di un mondo popolato dagli dèi, che lo governano secondo leggi ben lontane dalla realtà terrena.
Tracciando linee immaginarie che uniscono le stelle, si intravedono figure di esseri giganteschi che danno il nome alle costellazioni. Così nascono i miti e in particolare la cosmogonia, ovvero il mito delle origini, il racconto di come si sia generato l’Universo. La vista dell’immensità del cielo stellato fa nascere inesorabilmente la domanda: cosa siamo e da dove veniamo? L’antica risposta a questa angosciosa domanda è legata strettamente alle narrazioni mitologiche sulla nascita del cosmo. Nel mondo moderno se ne trova ancora traccia nei tentativi al limite della superstizione di correlare l’evoluzione del tempo e delle stelle nel cielo con la nostra vita quotidiana; ma oggi la nostra storia è segnata dal grande progresso tecnologico ed è figlia del realismo scientifico. La scienza, in particolare la cosmologia che si occupa di descrivere l’Universo nel suo insieme, non intende rispondere a questa domanda; si limita invece a un’illustrazione dei tratti salienti dell’Universo osservato in termini di spazio, tempo e materia.
Dobbiamo risalire al tempo degli antichi Greci per avere un primo tentativo di una spiegazione causale del cosmo. Sono loro che, dopo aver prodotto miti e leggende, tentano questa strada, sancendo il distacco della scienza dalla metafisica. Nel Timeo, libro scritto attorno al 360 a.C., Platone narra la storia dell’origine dell’Universo, permeato da un principio di “ordine”, costruito a immagine e somiglianza della sua “idea del Bene”. Per Platone in principio era il caos, un insieme di materia disordinata in continuo movimento: è il demiurgo platonico che poi modella e ordina la materia caotica. Questo concetto di ordine cosmico persiste per quasi due millenni nella storia umana. Nel Medioevo Dante afferma: «Le cose tutte quante hanno ordine tra loro, e questo è forma che l’Universo a Dio fa simigliante» (Paradiso, canto I, 103). È l’antica visione dell’Universo platonico, rivisitata da Aristotele e poi codificata nell’Universo di Tolomeo.
La Terra è al centro, con i gironi infernali al suo interno, ed è circondata dalle sfere dei pianeti, seguite dal cielo delle stelle fisse. L’Universo di Tolomeo è una sintesi scientifica delle conoscenze del suo tempo: i corpi celesti si trovano su sfere concentriche alla Terra che si muovono di moto circolare uniforme o di una combinazione di tali movimenti; la Terra è una sfera piccola rispetto a quella delle stelle fisse. Tuttavia, al confronto con la realtà il sistema tolemaico deve modificare in parte il perfetto ordine circolare. Vi sono fenomeni che il modello a sfere concentriche non è in grado di giustificare, come la variazione di luminosità dei pianeti o la diversa durata delle stagioni. Occorre quindi introdurre diverse complicazioni per tener conto del moto di rivoluzione dei pianeti.
Tolomeo è però anche un ottimo matematico ed elabora un sistema complesso secondo il quale ogni pianeta si muove in un piccolo cerchio chiamato “epiciclo”, il centro del quale ruota attorno alla Terra descrivendo un cerchio perfetto. Via via che vengono alla luce le irregolarità e ci si allontana dalla perfezione del moto circolare uniforme, apice del moto ordinato, si devono ideare degli altri epicicli, finché tutto il sistema diviene terribilmente artificioso e complesso. Questa visione dell’Universo si cristallizza così nel tempo e l’approccio scientifico allo studio del cielo cade nell’oblio. Dopo l’incendio della biblioteca di Alessandria del 640 d.C., per secoli prevale l’astrologia, un approccio superstizioso allo studio del cosmo. Tuttavia, anche gli astrologi producono cose buone: essi portano avanti uno studio più attento del moto dei corpi celesti, creando ampi cataloghi grazie alla costruzione di nuovi osservatori a cupola.
Bisogna attendere il XVI secolo per avere un ulteriore balzo in avanti nella concezione scientifica dell’Universo. Dopo più di un millennio di dominio incontrastato del sistema tolemaico, Niccolò Copernico avanza la sua teoria eliocentrica: «Perché non siamo disposti ad ammettere che l’apparenza di una rotazione giornaliera appartiene ai cieli, la sua realtà alla terra? Il rapporto è lo stesso di quello di cui parla l’Enea virgiliano: noi salpiamo dal porto e la terra e le città si allontanano». Copernico è però un uomo prudente e avveduto e occorre attendere la sua morte per vedere le sue idee diffondersi. In vita egli si guarda bene dal sostenere pubblicamente la teoria eliocentrica. Sono i tempi della caccia agli eretici e chi, come Giordano Bruno, gli dà ragione ne paga le conseguenze bruciando sul rogo.
La storia dell’umanità e del nostro rapporto con il cielo è densa di contraddizioni ed è interessante notare che è di nuovo la passione per l’astrologia a far fare un grande passo in avanti all’analisi scientifica della struttura del cosmo e delle sue leggi.
Tycho Brahe, fervido credente nell’astrologia e oppositore della concezione copernicana, raccoglie migliaia di osservazioni astronomiche: sono misure di incredibile precisione per quell’epoca, che aprono la strada alla moderna astronomia.
Il suo discepolo Johannes von Kepler (più noto come Giovanni Keplero) eredita questi dati e si accorge che il modello copernicano non funziona, perché le orbite che i pianeti descrivono attorno al Sole sono delle ellissi e non dei cerchi perfetti. Egli enuncia tre leggi sul moto planetario; l’ultima, pubblicata nel 1618, spiana definitivamente la strada alla grande sintesi di Isaac Newton.
Sono di nuovo le osservazioni a far progredire la nuova concezione dell’Universo. L’invenzione delle lenti e poi del cannocchiale è un punto di rottura determinante. Quando viene a conoscenza dell’esistenza di questo nuovo strumento, Galileo Galilei ne costruisce uno e lo punta verso il cielo ed ecco che l’Universo svela la sua natura, sino ad allora nascosta all’uomo. La Luna è coperta di pianure buie, alte montagne e giganteschi crateri; Venere presenta delle fasi simili a quelle lunari, tanto da essere a volte nascente e a volte quasi piena. Giove ha quattro lune e la Via Lattea risulta composta da innumerevoli deboli stelle. È ormai indubitabile che la Terra non è il corpo più importante dell’Universo.
Partendo dalle leggi di Keplero, nel 1687 Newton fornisce una delle prime chiavi interpretative della struttura del Sistema Solare e dell’Universo in generale: la legge di gravitazione universale. Essa riporta a una stessa causa fenomeni profondamente diversi come la caduta dei corpi, la traiettoria dei proiettili di un cannone, le maree e il moto dei pianeti: le leggi del cielo sono anche le leggi della Terra. L’astronomia si è ormai fatta scienza.
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3 marzo 2019 | Il Quotidiano di Foggia |
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