L'infinita curiosità
Breve viaggio nella fisica contemporanea
Dalle onde gravitazionali ai neutrini, dai buchi neri alle particelle subnucleari, passando per le strutture e le forme della materia: un breve e avvincente viaggio tra l’immensamente grande e l’estremamente piccolo, con qualche sosta nel profondamente medio.
- Collana: Gli asteroidi
- ISBN: 9788822057013
- Anno: 2017
- Mese: settembre
- Formato: 20 x 20 cm
- Pagine: 192
- Note: illustrato a colori
- Tag: Scienza Fisica Universo Relatività
Nel corso del Novecento, due formidabili teorie fisiche, la relatività e la meccanica quantistica, hanno rivoluzionato la nostra visione del mondo, ampliando i confini dell’Universo noto, nell’immensamente grande e nell’estremamente piccolo.
Percorrendo i gradini della scala cosmica, tra simmetrie e paradossi, ipotesi e osservazioni, L’infinita curiosità offre una panoramica dei temi più affascinanti della fisica contemporanea e dei suoi protagonisti.
Una narrazione rigorosa ma allo stesso tempo coinvolgente, arricchita da splendide immagini, ci condurrà fino alle frontiere delle attuali conoscenze. Potremo andare oltre? L’avventura della ricerca continua ed è raccontata nelle pagine di questo libro.
Gli autori, un fisico e un divulgatore, ci accompagnano in un viaggio su e giù per l’Universo, dal grande al piccolo, dalle parti al Tutto. Punti di riferimento lungo il percorso sono le scoperte di Tullio Regge, uno degli scienziati più creativi dell’ultimo secolo.
Regge riteneva che il cammino verso l’immenso, il minuscolo e il profondo non avesse fine… proprio come la curiosità umana.
Premessa - 1. IMMENSAMENTE GRANDE, ESTREMAMENTE PICCOLO - Plus ultra - Il grande balzo - La scala cosmica - 2. MESSAGGERI DEL COSMO - Sussulti dello spazio-tempo - La lunga caccia alle onde - L’astronomia gravitazionale - I buchi neri - Particelle dallo spazio - Fantasmi chiamati neutrini - 3. SPAZIO TEMPO RELATIVITÀ - Dall’assoluto al relativo - La visualizzazione dello spazio-tempo - La curvatura dello spazio - La relatività generale - Il ruolo dei matematici italiani - La deflessione della luce e l’eclissi solare del 1919 - Le lenti gravitazionali - La gravità discreta - La misura del tempo - 4. QUANTI E PARTICELLE - Onde e corpuscoli - Le forze della natura - I processi d’urto e i poli di Regge - La gloria - Osservare le particelle - Gell-Mann e i quark - La particelle elementari e il Modello Standard - La grande unificazione - 5. FORME NELLA MATERIA - Il mondo allo specchio - Poliedri in cielo e in terra - Il pallone di carbonio - Forme fluide - 6. VISIONI DEL TUTTO - L’Universo come un Tutto - La fotografia del cosmo - Il contenuto dell’Universo - Un mondo di informazione - Teorie del Tutto - Fantasie sul Tutto - Ringraziamenti - Crediti iconografici - Bibliografia - Indice dei nomi - Indice
La scala cosmica
Possiamo immaginare l’Universo come una scala che procede dall’estremamente piccolo all’immensamente grande (e viceversa). A ogni gradino della scala le dimensioni spaziali aumentano (se si sale) o diminuiscono (se si scende) di un fattore 10: un oggetto posto su un certo gradino è dieci volte più grande o più distante di un oggetto posto sul gradino immediatamente inferiore, e dieci volte meno di un oggetto sul gradino superiore. Al fondo c’è la lunghezza minima che riusciamo a concepire in linea teorica, la lunghezza di Planck, 10–35 metri; in cima c’è l’orizzonte cosmologico, dell’ordine di 1026 metri. L’uomo, con le sue dimensioni dell’ordine del metro e il suo piccolo mondo che si estende dalla minima lunghezza visibile a occhio nudo (10–4 metri) ai circa 10 000 kilometri del diametro terrestre (107 metri) – dodici gradini – si colloca nella parte mediana della scala.
Se, a partire dal gradino in cui è collocata la Terra, facciamo sei passi verso l’alto arriviamo al Sistema Solare (1013 metri), e dopo altri otto passi possiamo ammirare la spirale della nostra galassia, la Via Lattea (1021 metri). Le galassie tendono a organizzarsi in gruppi e ammassi legati gravitazionalmente. La Via Lattea, Andromeda e le Nubi di Magellano (galassie visibili a occhio nudo) fanno parte del cosiddetto Gruppo Locale. Alcuni ammassi comprendono migliaia di galassie e possono, a loro volta, organizzarsi in superammassi, di dimensioni dell’ordine di 1024 metri. Continuando a salire, lo spazio comincia ad apparirci uniforme e abbastanza vuoto, con le galassie disseminate qua e là come granelli di polvere. Arriviamo infine all’estrema periferia dell’Universo, l’orizzonte cosmologico (1026 metri).
Quando esploriamo le profondità dell’Universo con un telescopio – cioè con uno strumento che raccoglie la luce o qualche altra forma di radiazione proveniente da sorgenti lontane – oltre a viaggiare idealmente nello spazio, viaggiamo anche nel tempo, perché la luce ha una velocità finita (300 000 kilometri al secondo) e quindi l’immagine al telescopio di un oggetto lo rappresenta com’era un po’ di tempo fa, quando emise la luce che riceviamo oggi. Per esempio, guardando la galassia del Triangolo (una bellissima galassia a spirale visibile con un binocolo), distante 3 milioni di anni-luce, la vediamo com’era 3 milioni di anni fa. Quanto più ci addentriamo nelle profondità del cosmo con le nostre osservazioni, tanto più indietro andiamo nel tempo. L’orizzonte cosmologico rappresenta un limite invalicabile proprio perché non possiamo ricevere segnali di alcun genere da un tempo anteriore all’inizio dell’Universo. Ma è anche una frontiera mobile, perché per andare più in là basta aspettare un po’ di tempo.
Raggiunto l’immensamente grande, non ci resta che tornare indietro. Scendendo lungo la scala cosmica, dopo una ventina di gradini, ritroviamo il mondo che ci è più familiare, la nostra città (104 metri), il nostro quartiere (103 metri), il nostro isolato (102 metri), la nostra casa (101 metri), il nostro corpo (100 metri). Siamo pronti a esplorare il mondo microscopico, quello delle potenze negative di 10 (in metri). Al gradino corrispondente a 10–5 metri appaiono ai nostri occhi le cellule. Ancora tre gradini (10–8 metri) e la doppia elica del DNA si presenta in tutta la sua bellezza. Siamo ai confini del nanomondo, il mondo delle strutture molecolari, il cui ordine di grandezza è il nanometro (10–9 metri). Le molecole e persino gli atomi – più piccoli (10–10 metri) – sono oggi direttamente osservabili, grazie agli strumenti di cui abbiamo già parlato.
Dopo aver varcato la soglia degli atomi, vaghiamo a lungo in uno spazio essenzialmente vuoto: bisogna infatti scendere di ben quattro gradini, fino a 10–14 metri, per trovare i nuclei più grossi (che, come dimensioni, stanno agli atomi come un granello di sale sta alla cupola di San Pietro). I costituenti dei nuclei, i protoni e i neutroni, hanno un raggio di 10–15 metri, una lunghezza chiamata “fermi”, in onore di Enrico Fermi, pioniere della fisica nucleare e subnucleare.
Per penetrare nell’estremamente piccolo si usano, come abbiamo detto, gli acceleratori di particelle. Attualmente, i protoni che circolano nell’LHC permettono di sondare lo spazio giù fino a 10–19 metri e di osservare i mattoni fondamentali della materia, i quark, che ci appaiono come oggetti puntiformi.
Cosa c’è al di sotto di questo gradino? Possiamo solo congetturarlo. Alcuni pensano che entri in gioco una nuova simmetria della natura, la supersimmetria, che si manifesterebbe attraverso particelle piuttosto pesanti. Ci si aspetta, comunque, che una dozzina di gradini al di sotto di quello a cui siamo attualmente arrivati, attorno a 10–31 metri, si osservino i segni della “grande unificazione” delle tre forze del microcosmo, la forza elettromagnetica, la forza forte e la forza debole; non è possibile, tuttavia, scendere così in basso, almeno con le tecnologie attuali (avremmo bisogno di aumentare l’energia degli odierni acceleratori di 12 ordini di grandezza, cioè di 1000 miliardi, e al momento non si vede proprio come farlo).
La scala cosmica delle lunghezze potrebbe non avere un fondo, se lo spazio fosse infinitamente divisibile. Ma c’è un gradino che ha un significato speciale, e che potrebbe essere l’ultimo. Corrisponde alla cosiddetta lunghezza di Planck, una lunghezza straordinariamente piccola (10–35 metri) che si ottiene combinando tre costanti fondamentali della natura: la velocità della luce nel vuoto c, la costante di Planck della meccanica quantistica h e la costante della gravitazione di Newton G. La lunghezza di Planck è la distanza alla quale la forza di gravità – che nel mondo ordinario è debolissima – diventa intensa quanto le altre forze della natura. Per avere un’idea della piccolezza di questa distanza, si pensi che, se dilatassimo lo spazio in modo tale da far diventare gli atomi grandi quanto una galassia, la lunghezza di Planck corrisponderebbe più o meno al diametro di una capocchia di spillo.
La comprensione dell’Universo alla lunghezza di Planck richiede una teoria quantistica della gravità, che ancora non possediamo. Questa lunghezza rappresenta una frontiera di cui conosciamo l’esistenza, ma che non siamo in grado di descrivere. È anche possibile che non si tratti solo di un confine teorico, ma di un limite reale. Se i costituenti elementari del mondo fossero minuscole corde vibranti di 10–35 metri, come ipotizza la teoria delle stringhe, o se, come ci si aspetta in alcune teorie di gravità quantistica, lo spazio fosse discontinuo e suddiviso in cellette di 10–35 metri di lato, allora la lunghezza di Planck rappresenterebbe una barriera fisica, una distanza al di sotto della quale non avrebbe senso pensare lo spazio.
Dall’estrema periferia dell’Universo (1026 metri) alla lunghezza di Planck (10–35 metri) la scala cosmica si estende per 62 potenze di 10. Guardando la scala nella sua interezza, si scopre un fatto curioso: la cellula – l’unità di base della vita – si trova a metà strada tra l’immensamente grande e l’estremamente piccolo.
Come spiegò Erwin Schrödinger, uno dei fondatori della meccanica quantistica, in un famoso saggio intitolato Che cos’è la vita?, del 1944, la cellula deve collocarsi proprio da quelle parti, a cavallo tra il mondo macroscopico (governato dalla meccanica statistica e dalla termodinamica) e il mondo microscopico (governato dalla meccanica quantistica). Deve essere infatti sufficientemente piccola da obbedire alle leggi quantistiche, che garantiscono la stabilità delle sue molecole, e sufficientemente grande da contenere molti costituenti, in modo tale che le fluttuazioni statistiche (inversamente proporzionali alla radice quadrata del numero dei costituenti) non influenzino i processi biologici.
Come le scale impossibili di Roger Penrose e di Maurits Escher, la scala cosmica in un certo senso si chiude su se stessa: il primo e l’ultimo gradino sono contigui, per quello straordinario intreccio di spazio, tempo e quanti che la fisica contemporanea ci ha di-svelato. Spingersi fino alla periferia del cosmo significa ricevere segnali dalle sue origini, e nei primissimi istanti di vita dell’Universo tutto era contenuto in un volumetto infinitesimo, dove probabilmente un’unica forza – di cui non abbiamo ancora cognizione – governava una densità di eventi inimmaginabile. Hic sunt dracones, avrebbero scritto qui gli antichi geografi.
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