Il professor Z e l’infinito
un giallo matematico
4a ristampa luglio 2023
Un libro per tutti, dove la matematica dell’infinito fa da trama sull’ordito di un’indagine per presunto rapimento.
- Collana: Fuori Collana
- ISBN: 9788822041807
- Anno: 2017
- Mese: febbraio
- Formato: 13 x 20 cm
- Pagine: 144
- Tag: Matematica Letteratura Romanzo
Lʼenigmatico professor Z, che si rifiuta di scrivere la radice di 34, accompagna Giulio alla scoperta dei segreti dellʼinfinito. Nel frattempo, in classe, succede qualcosa di strano: Michele Bernocchi è scomparso e in molti temono sia stato rapito. Giulio e il suo nuovo amico Ivano, che condividono la passione per la matematica, si mettono alla ricerca della soluzione del mistero.
Un vero e proprio giallo matematico, un libro per ragazzi e per adulti. I più giovani potranno immedesimarsi nel protagonista: ma il Giulio narrante è ormai adulto, e quella particolare stagione della sua adolescenza è raccontata in modo da suscitare, anche nei lettori più maturi, domande e riflessioni sulle difficili dinamiche di gruppo degli adolescenti.
Capitolo 1 - Capitolo 2 - Capitolo 3 - Capitolo 4 - Capitolo 5 - Capitolo 6 - Capitolo 7 - Capitolo 8 - Capitolo 9 - Capitolo 10 - Capitolo 11 - Capitolo 12 - Capitolo 13
7
Cercherò di riportare il più fedelmente possibile quello che il professor Z, in un silenzio carico di emozione, ci raccontò la mattina seguente. Non ci diede il tempo di fare domande: entrò in classe e cominciò a parlare, quasi in trance. Non so se gli altri stavano ascoltando come stavo ascoltando io – che ero totalmente rapito – o invece si stavano facendo i fatti loro. Forse in tanti capirono poco e nulla di quelle parole, o forse no, chissà. Davide Rosso provò a interromperlo un paio di volte per fare delle obiezioni, ma lui non lo lasciò intervenire. Coletti chiese di andare in bagno e venne ignorato. Di rado capitava che il professor Z parlasse così, di solito ci dava qualcosa da fare e diceva pochissime parole. Invece quel giorno entrò, posò il registro sulla cattedra, e fece quel discorso che non avrei più dimenticato. Ecco come cominciò il professor Z quella mattina di febbraio:
«Da piccoli abbiamo imparato a contare. Non c’è voluto chissà quale sforzo, avevamo dei pennarelli e recitavamo: “Uno, due, tre, quattro...”. Se avevamo delle caramelle, ugualmente dicevamo: “Uno, due, tre, quattro...”. È qualcosa di meraviglioso, la mente di un bambino. Quando veniva un parente, ci dicevano: “Guarda, guarda come sa contare”. E noi contavamo: “Uno, due, tre, quattro...”. Contavamo e basta, non c’erano più né pennarelli né caramelle, ma noi contavamo. I numeri, capite? I numeri ormai erano qualcosa che esisteva indipendentemente dagli oggetti. Stiamo parlando dei numeri naturali. Poi abbiamo imparato a costruire numeri sempre più grandi: dopo il 99 c’è il 100, dopo il 999 c’è il 1000... Una volta capito il meccanismo, ci siamo resi conto che potevamo continuare a contare per tutto il tempo che volevamo. Un miliardo di miliardi di miliardi... C’è sempre un numero successivo, e noi sappiamo dirlo. Che sensazione meravigliosa, eh? Possedere l’infinito. Poi siamo andati a scuola, e abbiamo cominciato a imparare le operazioni. Addizione, sottrazione, e in seguito moltiplicazione e divisione. Mentre addizione e moltiplicazione si possono fare sempre, con la sottrazione e la divisione abbiamo cominciato a incontrare qualche difficoltà. La maestra ci ha chiesto di fare 5 diviso 2, e c’era il resto di 1. I numeri naturali non bastavano più. Così ci hanno insegnato i numeri con la virgola. Difficili, forse, all’inizio, ma poi neanche troppo. Però noi, alla scuola media, abbiamo imparato a scriverli in maniera più pulita, più elegante, cioè come frazioni. Cinque mezzi. Tre quarti. Un terzo. E voi avete capito che quell’infinito di numeri naturali, uno, due, tre, quattro..., erano solo dei minuscoli puntini in un oceano di altri numeri: i numeri razionali. I numeri razionali: cioè le frazioni o, se preferite, i numeri che si possono ottenere come risultato di una divisione tra numeri naturali. Qualcuno di voi mi ha detto che questi numeri sono molto più fitti, più infiniti di quegli altri, perché tra due qualsiasi di essi, per quanto vicini li prendiamo, ce ne sono sempre in mezzo infiniti. Ma io vi ho smentito. Io vi ho mostrato che i numeri razionali si possono scrivere tutti uno dopo l’altro, proprio come i numeri naturali. Meravigliosa potenza della mente umana! Eccoli i nostri numeri, infiniti e in fila. Sembrerebbe tutto risolto, sembrerebbe che abbiamo svelato il segreto dei numeri. E invece no. Siamo andati avanti. Stiamo andando avanti. Ieri vi ho chiesto di trovare la radice quadrata di 34. Molti di voi, immagino, saranno andati per tentativi, per approssimazioni successive. Avete fatto bene. Qualcuno si sarà avvicinato moltissimo alla risposta... o almeno crederà di essersi avvicinato. Qualcun altro avrà preso la calcolatrice e si sarà precluso per sempre la possibilità di arrivarci.
La calcolatrice, con quelle sue risposte beffarde... siccome è una macchina, non può sbagliare, e così noi ci fidiamo ciecamente del suo responso. Ah, ragazzi! Volete davvero che io scriva qui, alla lavagna, la radice quadrata di 34?».
Coro unanime di «Sì, sì professore, la scriva!».
«Davvero volete che io, adesso, questa mattina, prenda il gesso e scriva in cifre decimali qual è esattamente la radice quadrata di 34?».
Urla sempre più forti: «Sì!», «Certo!», «La prego!».
Il professor Z prese il gesso e con una lentezza esasperante lo avvicinò al piano della lavagna. Si muoveva come in un film al rallentatore, a scatti, fotogramma per fotogramma. Finalmente il gesso sfiorò l’ardesia della lavagna. Sempre lentissimamente il professor Z girò la testa verso di noi.
«Non posso farlo».
Cori di disapprovazione, ancora urla.
«Non posso farlo! Non posso farlo!».
«Io la denuncio!» strillò Davide Rosso.
«Ma non posso farlo, vi dico. Non ho detto che non voglio, ma proprio che non posso».
Allora capii. Capii quello che il professor Z stava per dirci. Fu un’illuminazione istantanea, non so come mi venne, ma so soltanto che fu una sensazione che non avrei mai più dimenticato.
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