50 grandi idee genetica
Una perfetta introduzione alla genetica, che spiega in modo chiaro e accessibile a tutti anche i concetti più complessi di questa scienza giovane che ha rivoluzionato la nostra vita.
- Collana: 50 grandi idee
- ISBN: 9788822068200
- Anno: 2010
- Mese: settembre
- Formato: 17 x 20 cm
- Pagine: 208
- Note: illustrato, cartonato
- Tag: Scienza Genetica Clonazione
Ereditiamo la nostra personalità o la formiamo nel corso della vita? Cosa può svelare il DNA sulla storia dell’uomo? Che cosa ha significato per il mondo intero la clonazione della pecora Dolly? Ben presto potremo progettare e commissionare i nostri figli? I concetti basilari della genetica sono esposti in modo chiaro e accattivante in questi 50 brevi saggi. Partendo dalla teoria dell’evoluzione di Darwin e concludendo con le più recenti e controverse questioni etiche e scientifiche, l’autore mostra come l’analisi del codice genetico degli esseri umani e degli animali abbia cambiato la nostra visione della vita sulla Terra. Con l’aiuto di citazioni, di divertenti aneddoti e di un utile glossario, scopriremo i segreti dei cromosomi, del DNA e del genoma umano, impareremo che la genetica può essere di aiuto nella lotta contro il cancro, l’AIDS, la malaria, i batteri antibioticoresistenti, e ci interrogheremo insieme all’autore sui temi scottanti della bioetica e dell’ingegneria genetica, nel tentativo di intravedere che cosa il futuro potrebbe riservare al genere umano.
Introduzione - GENETICA CLASSICA - 01 La teoria dell’evoluzione - 02 Le leggi dell’ereditarietà - 03 Geni e cromosomi - 04 La genetica dell’evoluzione - 05 Mutazione - 06 Sesso - BIOLOGIA MOLECOLARE - 07 Geni, proteine e DNA - 08 La doppia elica - 09 Decifrare il codice della vita - 10 Ingegneria genetica - IL GENOMA - 11 La lettura del genoma - 12 Il genoma umano - 13 La lezione del genoma - GENI E AMBIENTE - 14 Determinismo genetico - 15 Geni egoisti - 16 Tabula rasa - 17 I geni e l’ambiente - GENI E MALATTIE - 18 Malattie genetiche - 19 A caccia di geni - 20 Cancro - 21 Supervirus - SESSO, STORIA E COMPORTAMENTO - 22 Genetica comportamentale - 23 Intelligenza - 24 Razza - 25 Storia genetica - 26 Genealogia genetica - 27 Geni del sesso - 28 La fine dei maschi? - 29 La battaglia dei sessi - 30 Omosessualità - TECNOLOGIE GENETICHE - 31 Impronta genetica - 32 Colture GM - 33 Animali GM - 34 Evo-devo - 35 Cellule staminali - 36 Clonazione - 37 Clonazione umana - 38 Terapia genica - 39 Test genetici - 40 Medicine su misura - 41 Bambini programmati - 42 Mondi meravigliosi - 43 Geni e assicurazioni - 44 Brevettare geni - LA NUOVA GENETICA - 45 DNA spazzatura - 46 Variazione del numero di copie - 47 Epigenetica - 48 La rivoluzione dell’RNA - 49 Vita artificiale - 50 Esiste una sequenza genica normale? - Glossario - Indice analitico
31 Impronta genetica
«Esisteva un livello di specificità in ogni individuo che era anni-luce al di là di ogni cosa vista in precedenza. Fu un momento magico per la ricerca. Ci rendemmo immediatamente conto delle possibili applicazioni nelle indagini forensi e nella verifica della paternità».
Alec Jeffreys
Il 2 agosto del 1986 il corpo di una ragazza di 15 anni, di nome Dawn Ashworth, fu scoperto in un bosco vicino al villaggio inglese di Narborough. Era stata violentata e strangolata in modo molto simile a Lynda Mann, una quindicenne dello stesso villaggio assassinata tre anni prima. Richard Buckland, un diciassettenne del posto, fu subito arrestato. Ma pur confessando il secondo assassinio, egli non ammetteva il primo.
La polizia imputava i crimini alla stessa mano: il modus operandi era identico e del seme dello stesso gruppo sanguigno era stato trovato su entrambi i cadaveri. In cerca di prove, i poliziotti avvicinarono il professor Alec Jeffreys, dell’Università di Leicester, un genetista che aveva recentemente sviluppato un metodo per identificare individui dal loro DNA. Egli accettò di confrontare il DNA di Buckland con i campioni rinvenuti sulla scena del crimine.
I risultati furono scioccanti: le ragazze erano state assassinate dalla stessa persona, che non era però Buckland. L’esame del DNA dimostrò che la sua confessione era stata falsa e il processo contro di lui fu interrotto. La polizia iniziò a raccogliere campioni di sangue di oltre 5000 uomini del posto, ma nessuno dei gruppi sanguigni esaminati era sovrapponibile con quello dell’assassino; si seppe poi per caso di un uomo che si vantava di aver fatto il test per un amico. L’amico, Colin Pitchfork, fu arrestato e il suo DNA risultò sovrapponibile. Egli confessò e fu condannato all’ergastolo il 23 gennaio 1988. L’impronta genetica aveva per la prima volta risolto un caso di omicidio.
La tecnica Il test che fece condannare Pitchfork si basa su segmenti ripetitivi di DNA spazzatura noti come minisatelliti, che hanno una lunghezza compresa fra 10 e 100 lettere. Presentano sempre la stessa sequenza di base – GGGCAGGAXG – dove X può essere una delle quattro basi. I minisatelliti si incontrano in oltre 100 siti nel genoma e in ognuno di questi si ripetono un numero casuale di volte.
Jeffreys scoprì per caso le loro possibili applicazioni in ambito legale. Mentre studiava i minisatelliti per cercare una chiave per l’evoluzione dei geni responsabili di malattie, egli esaminò campioni di DNA prelevati dalla sua collaboratrice, Vicky Wilson, e dai suoi genitori. Sebbene il numero di ripetizioni dei minisatelliti mostrasse una somiglianza familiare, ogni profilo era unico.
Jeffreys ne comprese immediatamente le implicazioni: poiché ogni persona ha un’impronta genetica altamente individuale, questa poteva essere utilizzata per confrontare il sangue e il seme delle persone sospette con quelli ritrovati sulla scena di un crimine. Un altro suggerimento venne dalla moglie di Jeffreys: il test poteva essere utile per contrastare l’immigrazione clandestina, oppure per confermare la paternità di un bambino.
Uso e abuso L’impronta genetica ha trasformato la scienza forense. Essa ha condannato centinaia di migliaia di criminali come Pitchfork ma, so prat - tutto, ha sollevato da accuse pesanti persone innocenti come Buckland. Nel 1992 ha dimostrato che l’uomo sepolto in Brasile con il nome di Wolfgang Gerhard era Josef Mengele, il medico fuggito da Auschwitz, ed è stata usata dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 per identificare i resti delle vittime.
L’attore Eddie Murphy, il produttore cinematografico Steve Bing e il calciatore Dwight Yorke sono solo tre delle migliaia di uomini la cui discussa paternità è stata confermata dal DNA. La tecnica ha anche provato che la macchia di seme sul chiacchierato abito blu di Monica Lewinsky conteneva il «DNA presidenziale» di Bill Clinton.
La tecnologia ha fatto considerevoli passi avanti dal caso Pitchfork. Una tecnica chiamata reazione a catena della polimerasi (PCR – Polymerase Chain Reaction), inventata nel 1983 da Kary Mullis (si veda il riquadro) fu presto inclusa nella genetica forense. Poiché essa permette l’amplificazione di piccole quantità di DNA, ne consegue che anche 150 cellule possono costituire un campione leggibile e i sospetti possono essere identificati da minime tracce di materiale biologico. L’analisi dei minisatelliti è stata, inoltre, rimpiazzata dall’uso di piccole sequenze ripetitive di DNA chiamate ripetizioni in tandem brevi (short tandem repeats), che sopravvivono meglio all’esposizione ambientale e si possono facilmente amplificare con la PCR.
Molte nazioni adesso archiviano sequenze del DNA di criminali condannati e talora, come nel Regno Unito, di persone arrestate ma mai incriminate. Il database del Regno Unito conserva campioni di circa 4 milioni di persone – il 6% della popolazione.
Poiché soltanto una persona su un milione condivide la stessa impronta genetica, la sovrapponibilità con un campione della scena del crimine è spesso considerata come prova decisiva da avvocati e giurati. È stata anche utilizzata dai sostenitori della pena capitale per affermare che non è più possibile un errore giudiziario.
Pur tenendo presente l’utilità dell’impronta genetica, la sua importanza è spesso esagerata. Innanzitutto c’è «il ragionamento erroneo del pubblico ministero». Se uno stesso profilo è presente in una persona su un milione, questo, in un paese di 60 milioni di abitanti come il Regno Unito, significa che è condiviso da 60 persone. Ogni campione prelevato da una scena del crimine ha 60 potenziali origini ugualmente probabili. A meno che altre prove indichino un sospetto, la sovrapponibilità del campione significa che la possibilità che appartenga a un innocente non è di una su un milione ma di 59 su 60.
Ricordiamo, inoltre, che le impronte genetiche collocano le persone sospette solamente sulla scena del crimine: esse forniscono prove indiziarie, che non indicano necessariamente colpevolezza: una cosa è se il DNA di un indiziato viene trovato nel seme prelevato da una vittima di stupro, una cosa abbastanza diversa è se esso viene trovato nel suo supermercato locale dopo un furto. Se egli frequentava quel locale, il suo DNA può trovarsi lì per ragioni del tutto innocenti. Un ulteriore problema è la contaminazione: è possibile che il DNA di una persona innocente compaia sulla scena del crimine insieme a quello della persona colpevole perché entrambe hanno aperto la stessa porta o perché si sono date una stretta di mano (si veda il riquadro).
L’impronta genetica ha permesso di catturare migliaia di stupratori e assassini e non si discute la sua utilità per la giustizia. Però è soltanto un mezzo e non è affatto infallibile.
L’inventore della reazione a catena della polimerasi (PCR) è uno dei più pittoreschi vincitori di Nobel. Egli ha parlato apertamente delle sue esperienze con l’LSD e la sua autobiografia Ballando nudi nel campo della mente descrive un episodio del 1985, in cui egli dice di aver incontrato un procione parlante e luccicante.
È diventato una figura controversa anche per altre ragioni: ha sostenuto la tesi indipendente che l’HIV non causa l’AIDS e si è battuto in favore dell’astrologia.
Indiscutibile è, tuttavia, l’importanza del suo contributo alla biologia molecolare.
Poiché la PCR permette l’amplificazione del DNA, essa ha di molto migliorato la sensibilità dell’impronta genetica e dei test genetici per le malattie.
Test su basso numero di copie
La contaminazione è un problema particolare specialmente per la tecnica forense detta «test su basso numero di copie», che consente di confrontare l’impronta genetica con il DNA proveniente da appena 5 cellule.
È comunque molto difficile provare che queste provengano dal colpevole e non da una terza persona innocente.
Quando tocchiamo un oggetto, le nostre mani vi depositeranno sempre alcune cellule e ne prenderanno altre lasciate da persone che lo hanno maneggiato. Alcune di queste cellule possono essere poi lasciate su altre superfici. Un oggetto toccato frequentemente, come la maniglia di una porta, può quindi trasferire il DNA di una persona innocente sulle mani di un criminale e da queste sulla scena del crimine.
Quando sono esaminati ampi campioni biologici come macchie di seme, questo problema non esiste. Le cellule del criminale supereranno di molto quelle di una terza persona, diminuendone l’importanza.
Tuttavia piccoli campioni di poche cellule presentano un problema: è difficile essere certi che essi non siano stati trasferiti innocentemente. Nel 2007, questi dubbi portarono al fallimento della prova nel processo contro Sean Hoey, accusato dell’attentato dinamitardo di Omagh, nell’Irlanda del Nord, che nel 1998 uccise 29 persone.
22 giugno 2013 | Emmeciquadro |
01 giugno 2011 | Laboratorio 2000 |