Homo utopicus
La dimensione storico-antropologica dell'utopia
L’utopia è indissolubilmente legata all’uomo e alla storia e, oggi più che mai, costituisce la via maestra per farci recuperare i valori fondamentali della speranza, del desiderio, della creatività, della progettualità e della fiducia nel futuro.
- Collana: Nuova Biblioteca Dedalo
- ISBN: 9788822063274
- Anno: 2015
- Mese: luglio
- Formato: 14 x 21 cm
- Pagine: 280
- Tag: Antropologia Filosofia Utopia Etnologia Ecologia
L’utopia non è solo un concetto letterario, come spesso erroneamente si pensa, bensì un carattere originario ed essenziale della specie umana: analizzandone per la prima volta la dimensione storica e antropologica, questo libro ci consente di capire che l’uomo non è solo sapiens, ma anche utopicus. L’utopia alimenta la speranza progettuale ed è una potente forza di mutamento sociale che, sia pure in forme diverse, è sempre presente nella storia umana.
Attraverso un’analisi originale della genesi della parola e un confronto puntuale con alcuni concetti similari (come mito, paradigma, ideale, ideologia) si arriverà a una definizione dell’utopia e del suo rapporto con alcuni tra i più importanti fenomeni socio-storico-culturali, come la rivoluzione, la scienza, la religione e l’ecologia. In questa nuova luce, si vedrà quindi come l’utopia possa costituire un valido antidoto culturale alle paure e al nichilismo del nostro tempo.
Introduzione - I. IL FONDAMENTO ANTROPOLOGICOE STORICO DELL’UTOPIA - Capitolo 1 - L’utopia: una storia di fraintendimenti - 1. L’utopia non coincide con il fatto letterario - 2. Equivoci derivanti dall’assimilazionedell’utopia al fatto letterario - 3. Ulteriori fraintendimenti - Capitolo 2 -Homo utopicus. L’utopia come carattereoriginario della specie umana - 1. Sulla presunta fine dell’utopia - 2. L’utopia come fenomeno umano originario - 3. Homo utopicus - Capitolo 3 -Utopia e storia - 1. Genesi e prime forme dell’utopia storica - Il bisogno di cambiamento - 2. L’utopia delle origini: la preistoria, il mito - 3. Utopia e storia nel mondo antico - 4. L’utopia storica nel Medioevo cristiano - II. L’UTOPIA: IL TERMINE E IL CONCETTO - Capitolo 4 -Utopia. La genesi straordinaria e complessadi una parola-chiave - 1. La lunga gestazione: l’ipotesi di un Elogio della saggezza - 2. Il problema del nome: da Abraxa a Nusquama - 3. Da Nusquama a Utopia - 4. Il nesso ou-topia/ eu-topia - 5. L’utopia come coscienza critico-progettualee tensione storico-realizzativa - Capitolo 5 -Delucidazione concettuale I:paradigma, ideale, utopia - 1. Sul concetto di paradigma - 2. Sul concetto di ideale - 3. L’utopia - Capitolo 6 -Delucidazione concettuale II:ideologia e utopia - 1. Il contributo (e la responsabilità) di Karl Mannheim - 2. Capitalismo e marxismo versus utopia - 3. Per un risveglio della coscienza utopica - III. IL RUOLO DELL’UTOPIA IN ALCUNI TRA I PIÙ IMPORTANTIFENOMENI SOCIO-STORICO-CULTURALI - Capitolo 7 -Utopia e rivoluzione - 1. La rivoluzione - 2. Utopia e rivoluzione - 3. L’istanza utopica della rivoluzione non violenta - Capitolo 8 -Scienza e utopia - 1. Scienza versus utopia? - 2. La scienza nell’utopia letteraria - 3. Utopia e scienza in dialogo - Capitolo 9 -Utopia e trascendenza - 1. Sul rapporto utopia-trascendenza - 2. Homo utopicussivetranscendens: la scoperta dell’«oltre» - 3. Dall’utopia alla Trascendenza - Capitolo 10 -Ecologia e utopia - 1. Crisi ambientale e modernità: dalla Weltanschauungmeccanicistica all’esplosione dei consumi - 2. Carattere utopico della progettualità ecologica - Indice dei nomi
Questo volume costituisce, in certo modo, una sintesi (ovviamente provvisoria e parziale) delle mie riflessioni sull’utopia, chemi auguro contribuisca a chiarire non solo quanto profondo e complesso sia il fenomeno utopia, ma anche quanto forte sia oggi il bisogno di utopia, in un contesto storico-sociale come il nostro, dominato dall’ideologia della crisi senza fine. La quale, oltre a causare i gravissimi danni sul piano economico, sociale e politico di cui tutti noi, direttamente o indirettamente, facciamo quotidiana esperienza, ha prodotto conseguenze non meno gravi sul piano culturale, a cui purtroppo non sempre si presta la dovuta attenzione.
Mi riferisco, in particolare, a quel mutamento antropologico costituito dalla diversa percezione del tempo. Intanto perché oggi, proprio per la cogente persistenza di tale crisi, il legame con il passatosi è molto affievolito, fin quasi a scomparire, dal momento che la storia non viene più considerata come magistra vitae, e quindi il riferimento alle esperienze (positive e negative) delle generazioni precedenti, ossia di tutto ciò che la tradizione ha prodotto,viene ignorato o scientemente escluso, perché ritenuto antiquato e stantio e perciò inutile. Ma ciò che più importa è che questa interminabile crisi ha infuso nell’animo umano un’idea diversa di futuro. Infatti, mentre lungo tutto l’evo moderno si è affermata l’idea di un futuro positivo, in quanto portatore del meglio, oggi invece il futuro è sentito e vissuto in termini negativi, ossia come un tempo che non solo, come già aveva intuito Lévinas, è «senza promesse», ma è anche e soprattutto carico di minacce e, in quanto tale, da temere e, possibilmente, da evitare. Tuttavia, un futuro che non susciti l’attesa e la speranza finisce con il rivelarsi privo di senso e anzi smarrisce la sua stessa ragion d’essere, perché, come aveva notato Heidegger, priva l’uomo di una delle sue funzioni fondamentali, che è quella di progettare. Inoltre, con la scomparsa del passato e del futuro, lo stesso presente ci inchioda alla crisi, in quanto esso diventa un tempo senza fine, ossia un tempo che, dilatandosi all’infinito, smarrisce il significato originario dell’«ora», o meglio, si trasforma in un’«ora» che non passa mai, in un’«ora» immobile che, per l’uomo che vive nel tempo, è insignificante e, quindi, paralizzante.
Per superare positivamente l’attuale crisi è necessario anzitutto che l’uomo sia messo in grado di ricostruire in modo corretto la sua relazione con il tempo. Un compito certo non facile, a cui può dare un contributo di prim’ordine proprio l’utopia, intesa non nel senso banale e scorretto dell’ozioso fantasticare su società «ideali», «perfette» e «impossibili», ma come l’impegno dell’uomo a progettare e costruire una società migliore, cioè più giusta di quella in cui si ritrova a vivere. Ma per fare questo occorre che l’uomo si riappropri del senso corretto della temporalità, riconoscendo a ciascuna delle dimensioni del tempo (passato, presente e futuro) il valore e la funzione che le sono propri. È questa infatti la conditio sine qua non per far recuperare all’uomo di oggi il senso del futuro e, dunque, i valori fondamentali della speranza, del desiderio, della creatività, della progettualità, di cui egli, in questi ultimi decenni, è stato fortemente deprivato. Si tratta di far riscoprire all’uomo il suo fondamentale e originario carattere utopico, grazie al quale egli sarà in grado di impegnarsi attivamente e creativamente a diventare quel che ancora non è, ossia a dispiegare le sue potenzialità per costruire non solo se stesso, ma anche una società migliore. Per uscire oggi non solo dall’attuale crisi, ma per superare anche il nichilismo imperante, è necessario educare l’uomo all’utopia, che, infondendo nella mente e nel cuore la luce della speranza, lo sprona all’impegno e all’azione. Questo, però, potrà farlo solo se avrà riacquisito un senso positivo del futuro, inteso appunto come portatore del meglio.
14 settembre 2016 | La Gazzetta del Mezzogiorno |
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24 ottobre 2015 | L'Ora del Salento |
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