Le grandi domande Mente
Dal problema filosofico della nostra identità all’affascinante ricerca di frontiera nel campo delle scienze cognitive, Mente esplora la particolare natura del cervello umano e risponde al nostro radicato bisogno di capire chi siamo e perché.
- Collana: Le grandi domande
- ISBN: 9788822013088
- Anno: 2013
- Mese: ottobre
- Formato: 15 x 21,3 cm
- Pagine: 208
- Tag: Scienza Psicologia Cervello Mente Neuroscienze
Quale parte del cervello fa di noi «noi»? Il libero arbitrio è un’illusione? Sarà mai possibile costruire un supercervello? Cos’è la conoscenza? Cos’è quella cosa che chiamiamo amore? Restak, uno dei principali esperti mondiali nel campo delle neuroscienze, prende in esame venti complesse domande sulla coscienza, l’identità e la mente. Con le sue straordinarie intuizioni egli mostra i limiti delle nostre conoscenze attuali e illustra gli aspetti scientifici dei sogni, delle sensazioni, dell’immaginazione e della memoria, e spiega in quale modo quella strana materia grigia comune a tutti noi possa forgiare singole personalità tanto diverse l’una dall’altra, creare modi diversi di pensare e suscitare emozioni del tutto personali, come la felicità, la rabbia e perfino l’amore.
PUÒ ESISTERE UNA MENTE SENZA CORPO?
COME SI FORMA IL CERVELLO?
È POSSIBILE COSTRUIRE UN SUPER CERVELLO?
IN CHE MODO DIAMO UN SENSO ALLE NOSTRE SENSAZIONI?
COSA SIGNIFICA ESSERE COSCIENTI?
COSA RENDE SPECIALE IL CERVELLO UMANO?
I CERVELLI POSSONO COMUNICARE SENZA PAROLE?
COS’È L’«IO» NEL NOSTRO CERVELLO?
IL LIBERO ARBITRIO È UN’ILLUSIONE?
COS’È IL PENSIERO?
COSA FA IL CERVELLO QUANDO NON FA NIENTE?
È POSSIBILE PENSARE A DUE COSE SIMULTANEAMENTE?
COS’È LA CONOSCENZA?
COME USCIRE DAL QUI E ORA?
DA DOVE VENGONO L’EMPATIA E L’ALTRUISMO?
<p">COS’È QUELLA COSA CHE CHIAMIAMO AMORE?
COSA SUCCEDE QUANDO CI ARRABBIAMO?
I SOGNI HANNO UN SIGNIFICATO?
LA MENTE CI INGANNA?
LE MACCHINE STANNO RIMESCOLANDO IL NOSTRO CERVELLO?
Introduzione - PUÒ ESISTERE UNA MENTE SENZA CORPO? - Siamo esseri fatti di puro pensiero? - COME SI FORMA IL CERVELLO? - Lo sviluppo del cervello umano - È POSSIBILE COSTRUIRE UN SUPER CERVELLO? - Ottenere prestazioni cerebrali del massimo livello - IN CHE MODO DIAMO UN SENSO ALLE NOSTRE SENSAZIONI? - Le cose così come le vediamo noi - COSA SIGNIFICA ESSERE COSCIENTI? - Problemi di identità e consapevolezza - COSA RENDE SPECIALE IL CERVELLO UMANO? - Uno sguardo sotto la calotta - I CERVELLI POSSONO COMUNICARE SENZA PAROLE? - I segreti del linguaggio del corpo - COS’È L’«IO» NEL NOSTRO CERVELLO? - Il problema essenziale dell’identità - IL LIBERO ARBITRIO È UN’ILLUSIONE? - Il nostro cervello sa in anticipo cosa stiamo per fare? - COS’È IL PENSIERO? - Mettere la mente al lavoro - COSA FA IL CERVELLO QUANDO NON FA NIENTE? - I piaceri e i pericoli delle divagazioni mentali - È POSSIBILE PENSARE A DUE COSE SIMULTANEAMENTE? - I pericoli del multitasking e della repressione del pensiero - COS’È LA CONOSCENZA? - Cosa sappiamo e come facciamo a sapere di saperlo? - COME USCIRE DAL QUI E ORA? - Elaborare il passato e il futuro - DA DOVE VENGONO L’EMPATIA E L’ALTRUISMO? - Vedere noi stessi negli altri - COS’È QUELLA COSA CHE CHIAMIAMO AMORE? - Dipendenza, puro sesso, necessità evolutiva o un bel rapporto? - COSA SUCCEDE QUANDO CI ARRABBIAMO? - L’ira e i lobi frontali - I SOGNI HANNO UN SIGNIFICATO? - Rumore casuale o preziosa finestra sull’inconscio? - LA MENTE CI INGANNA? - Le illusioni, la realtà e la mente - LE MACCHINE STANNO RIMESCOLANDO IL NOSTRO CERVELLO? - Pensare in modi nuovi e differenti - Glossario - Indice analitico
Introduzione
Cosa sia e come funzioni la mente è una questione che esercita da molto tempo un grande fascino, e sulla quale si sono scervellati pensatori rigorosi, a partire dai primi filosofi. In effetti, essa racchiude una grande domanda irrisolta.
Il cervello e la mente sono la stessa cosa? E, proseguendo il ragionamento, il fatto di non poter studiare la nostra mente o il nostro cervello senza ricorrere ad essi come strumento di indagine, rischia di invalidare la nostra ricerca? Sui tentativi di comprendere la mente aleggia il paradosso dell’«autoreferenzialità».
Vi sono altri modi di formulare questo paradosso, ma il nòcciolo riguarda l’identità, il senso di un «Io». Nella storia del pensiero la mente, insieme al cervello e all’anima, ha costituito uno dei tre modi di interpretare l’essenza di una persona. Una volta di importanza vitale per i filosofi, l’anima è oggi relegata nel campo della teologia e della religione; il cervello, al contrario è entrato nel linguaggio comune in tempi relativamente recenti, mentre la mente continua ad essere un termine d’uso quotidiano («tenere a mente qualcosa», «fare mente locale», «avere la mente aperta») e a indicare funzioni elevate come quelle della riflessione, dell’intelletto e dell’immaginazione. Filosofi e anatomisti, come testimoniano Descartes e Leonardo da Vinci, sono riusciti a stabilire, anche se non sempre con precisione, le connessioni tra le funzioni motorie, i sensi e il cervello. D’altra parte, il cervello, al contrario della mente, non ha ispirato molte composizioni poetiche.
Oggi, grazie ai progressi della scienza, il cervello si affaccia alla ribalta, e ha acquisito uno status sempre più elevato di pari passo con l’emergere di nuove scoperte circa le sue strutture e il suo funzionamento. L’informatica suggerisce una metafora, quella che paragona il cervello all’hardware e la mente al software. Riducendo la metafora alla forma più semplice si ottiene un’equazione: mente = tutto ciò che fa il cervello. Anche se io stesso ho fatto affermazioni simili nelle mie prime opere, oggi sono meno sicuro di questa equivalenza. In primo luogo la parola «mente» può riferirsi a un atteggiamento collettivo o Zeitgeist, come quando si parla della «mentalità di una nazione». Ulteriori passi avanti in questa visione ampia della mente sono stati resi possibili dalla tecnologia.
Internet permette di raccogliere informazioni in tempo reale sui modelli di attività e sulle espressioni verbali e scritte di milioni di individui, che confermano come una persona possa avere una disposizione d’animo diversa rispetto al dire o fare una determinata cosa a seconda che faccia parte o meno di un gruppo. Questo è uno dei motivi per cui è così difficile fare previsioni sul comportamento di individui o di gruppi. A volte le azioni collettive, sia positive che negative, possono essere inimmaginabili per la mente dei singoli che compongono il gruppo. È difficile spiegare ciò solo in termini di attività cerebrale e attraverso le neuroscienze nel loro attuale grado di sviluppo.
Nell’affrontare le grandi domande sulla mente, emerge spesso una sensazione di autoreferenzialità. Non possiamo chiederci «Cosa è il pensiero?» senza pensare. Non possiamo meditare su «Cos’è la conoscenza?» senza riflettere sui processi mentali cui ricorriamo per acquisire gran parte di essa. Tuttavia, nell’affrontare tali questioni si può fare una scelta: considerarle principalmente dal punto di vista filosofico o da quello scientifico. Io propendo per il secondo approccio. Nel XXI secolo pochi sosterrebbero che ricordi ed emozioni, parole e idee, sogni e immaginazione, percezioni e pensieri, e il senso di sé e del mondo esterno non sono frutto di attività del cervello. Spesso ce ne rendiamo maggiormente conto quando queste ultime vengono a mancare, attraverso ciò che vediamo quando qualcosa interferisce con il normale funzionamento del cervello. E oggi per studiare questi aspetti non dobbiamo più affidarci soltanto alle nostre menti autoreferenziali, ma possiamo ricorrere anche alla risonanza magnetica, agli studi cognitivi, a precisi studi anatomici, alla chimica e a molte altre modalità di indagine. In altre parole, se filosoficamente il «paradosso autoreferenziale» permane, esistono tuttavia dei sistemi pratici che ci permettono di uscire da noi stessi per avvicinarci ai grandi interrogativi sulla mente.
Nell’affrontare le domande illustrate nei seguenti capitoli non mi sono riproposto di arrivare a delle risposte definitive; in molti casi non vi è una sola risposta. A volte mi sono preso la libertà di dare più enfasi alle risposte che personalmente preferisco, ma non mi aspetto che esse trovino tutti concordi.
Il mio scopo è quello di indurre il lettore a indagare e a pensare attivamente, a usare le mie risposte come uno stimolo a trovare le proprie risposte alle venti grandi domande. Se sarò riuscito nel mio intento, il lettore si sentirà spinto ad assumere il ruolo di un onesto giurato che, dopo aver esaminato le prove, trae le proprie conclusioni, restando consapevole del fatto che altre persone potrebbero giungere a risultati diversi.
COSA SIGNIFICA ESSERE COSCIENTI?
Problemi di identità e consapevolezza
In questo momento, mentre scrivo questa frase, sono pienamente cosciente del mio scopo. Infatti, nessuna frase di questo saggio potrebbe essere scritta se non continuassi ad essere cosciente della mia intenzione mentre la scrivo. Eppure non sono consapevole della forma esatta che prenderanno le varie frasi, cosa che avviene quando le vedo apparire sullo schermo. Quindi, la scrittura di questo libro è frutto di un misto di coscienza e incoscienza.
Con ciò mi riferisco all’aspetto inconscio dell’attività cognitiva (pensare, ricordare e altre attività mentali) più che a quello legato alla sessualità e all’aggressività su cui tanto ha scritto Freud. Lungi dall’essere una rarità, l’inconscio cognitivo costituisce la base della maggior parte delle nostre azioni.
Il movimento delle mie dita sulla tastiera mentre scrivo queste parole è accompagnato dall’attività delle aree prefrontale, motoria e premotoria del mio cervello, come potrebbero mostrare le apparecchiature per la risonanza magnetica che misurano i cambiamenti chimici ed elettrici che avvengono nel cervello mentre compio l’atto di scrivere. Ma questa correlazione lascia irrisolti alcuni aspetti importanti.
Da qualche parte, tra le immagini scandite del mio cervello e l’atto cosciente con cui scrivo queste parole, ci imbattiamo in quello che è stato chiamato «un gap esplicativo». Se da un lato è vero che la funzionalità intatta di certe aree del cervello ne costituisce un prerequisito necessario, ciò non basta a spiegare come nasca la coscienza. Secondo le stime più accurate la coscienza coinvolge molte aree del cervello che costituiscono circuiti anatomici o funzionali (forse onde di attività cerebrale che attraversano con andamento ritmico vasti tratti del cervello). Ma finora il numero e l’identità precisa dei componenti di tali circuiti restano ignoti. In termini pratici, ciò significa che non possiamo colmare il divario esistente tra quanto mostrato dalla risonanza magnetica e la mia intenzione cosciente nel momento in cui scrivo le varie frasi. I contenuti della mia coscienza restano accessibili solo a me.
Un gatto nero in una stanza buia
Dopo quasi trecento anni passati ad armeggiare con il cervello, non siamo ancora giunti a una spiegazione, né a una definizione soddisfacente della coscienza. Essa non è suddivisibile in componenti e va sperimentata più che analizzata. E poiché sperimentiamo dentro di noi la coscienza, diamo per scontato che anche gli altri siano coscienti. Ma è impossibile dare conferma a questa convinzione perché non possiamo entrare direttamente nella coscienza degli altri.
Ci troviamo di fronte a quello che il filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein chiamava «lo scarabeo nella scatola» che riusciamo a vedere solo noi. Una volta un filosofo ha paragonato la difficoltà di definire la coscienza a quella di un cieco che barcolla in una stanza buia alla ricerca di un gatto nero che potrebbe anche non esserci.
Nel discutere della coscienza è importante distinguere quest’ultima dalla semplice consapevolezza. Quando comincia a farsi buio in un cinema ci si accorge dell’affievolirsi delle luci diversi secondi prima di essere pienamente consapevoli del fatto che il film sta per cominciare. Questa consapevolezza varierà da un soggetto all’altro a seconda delle attività che sta svolgendo in quel momento, se ad esempio intrattiene un’animata discussione con qualcuno (consapevolezza differita) o se invece siede da solo (consapevolezza tempestiva).
Se usiamo con troppa disinvoltura le parole «cosciente» e «consapevole» rischiamo di dire cose prive di senso, ad esempio attribuendo consapevolezza o addirittura coscienza alle porte automatiche e agli scanner dei supermercati.
Nel XIX secolo il biologo Conwy Lloyd Morgan pensava a errori del genere quando suggeriva di cercare sempre semplici spiegazioni meccaniche prima di ricorrere alla consapevolezza, e tanto più alla coscienza, per descrivere comportamenti apparentemente complessi.
Nell’esempio del cinema, la consapevolezza si fondeva senza soluzione di continuità con la coscienza. Tanto per fare un esempio più immediato di questo continuum, quanto siete coscienti dell’esperienza tattile della vostra schiena che preme contro lo schienale della sedia su cui sedete in questo preciso momento? Quanto siete coscienti delle vostre mani che sorreggono questo libro (o la sua versione e-book)? Ne siete coscienti ora che ho richiamato la vostra attenzione su di esse, non è vero? Ma lo eravate un istante prima? Probabilmente la maggior parte di voi non lo era. In un senso molto concreto ho contribuito a creare la vostra esperienza cosciente.
01 settembre 2014 | Leggere:tutti |
29 dicembre 2013 | La Repubblica |
01 dicembre 2013 | BBC Science World |
30 novembre 2013 | LA SICILIA |