Le grandi domande Filosofia
Simon Blackburn risponde a venti domande cruciali per la comprensione di noi stessi e del mondo in cui viviamo.
- Collana: Le grandi domande
- ISBN: 9788822013019
- Anno: 2011
- Mese: marzo
- Formato: 15 x 21,3 cm
- Pagine: 208
- Note: illustrato, rilegato e chiuso con elastico
- Tag: Filosofia Etica
SONO UN FANTASMA IN UNA MACCHINA?
CHE COS’È LA NATURA UMANA?
SONO LIBERO?
CHE COSA SAPPIAMO?
SIAMO ANIMALI RAZIONALI?
COME POSSO MENTIRE A ME STESSO?
ESISTE LA SOCIETÀ?
RIUSCIAMO A COMPRENDERCI A VICENDA?
LE MACCHINE PENSANO?
PERCHÉ ESSERE BUONI?
È TUTTO RELATIVO?
IL TEMPO SCORRE?
PERCHÉ LE COSE VANNO AVANTI COSÌ COME SONO?
PERCHÉ ESISTE QUALCOSA PIUTTOSTO CHE NULLA?
CHE COSA RIEMPIE LO SPAZIO?
CHE COS’È LA BELLEZZA?
ABBIAMO BISOGNO DI DIO?
A CHE SERVE TUTTO QUESTO?
QUALI SONO I MIEI DIRITTI?
DOBBIAMO AVERE PAURA DELLA MORTE?
Introduzione - SONO UN FANTASMA IN UNA MACCHINA? Alla ricerca della coscienza - CHE COS’È LA NATURA UMANA? Il problema dell’interpretazione - SONO LIBERO? Scelte e responsabilità - CHE COSA SAPPIAMO? Realtà virtuali e opinioni autorevoli - SIAMO ANIMALI RAZIONALI? La ragione: teoria e pratica - COME POSSO MENTIRE A ME STESSO? Autoinganno, seduzione e motivazione - ESISTE LA SOCIETÀ? L’individuo e il gruppo - RIUSCIAMO A COMPRENDERCI A VICENDA? Parole: maneggiare con cura - LE MACCHINE PENSANO? Intelligenza artificiale e facoltà cognitive - PERCHÉ ESSERE BUONI? Comportamenti scomodi e domande scomode - È TUTTO RELATIVO? Problemi di tolleranza, verità e fiducia - IL TEMPO SCORRE? Lo strano fiume del tempo - PERCHÉ LE COSE VANNO AVANTI COSÌ COME SONO? Problemi di costanza e di caos - PERCHÉ ESISTE QUALCOSA PIUTTOSTO CHE NULLA? La stranezza dei modi di essere - CHE COSA RIEMPIE LO SPAZIO? La natura bizzarra delle cose e delle loro proprietà - CHE COS’È LA BELLEZZA? L’attrazione fatale delle cose - ABBIAMO BISOGNO DI DIO? Speranza, consolazione e giudizio - A CHE SERVE TUTTO QUESTO? Alla ricerca del senso della vita - QUALI SONO I MIEI DIRITTI? Diritti positivi, negativi e naturali - DOBBIAMO AVERE PAURA DELLA MORTE? Lo spaventoso abisso dell’estinzione - Note - Figure chiave della filosofia - Indice analitico
CHE COS’È LA BELLEZZA?
L’attrazione fatale delle cose
Le cose belle possono lasciarci senza fiato. Possono affascinarci, incantarci, e magari ispirarci un senso di meraviglia o di soggezione.
È un’esperienza che ci «rapisce», conducendoci a una sorta di estasi.
Può fortificarci, farci sentire vivi, lasciarci con una specie di aura, la sensazione di essere più ricchi interiormente.Siamo grati alle cose belle per la loro esistenza e per l’esperienza che ci offrono. Di una cosa diciamo che è bella quando, facendone l’esperienza, proviamo questo tipo particolare di piacere;abbiamo l’impressione che quella cosa sia esattamente come dovrebbe essere e che nella sua essenza vi sia qualcosa di perfetto.
Il problema del gusto
Possiamo trovare belle tante cose, appartenenti a categorie diverse: paesaggi, dipinti, edifici, composizioni musicali, teoremi matematici, brani scritti. Per cercare di descrivere ciò che ci piace abbiamo anche altre parole: profondo, armonioso, giusto; oppure, in contesti meno seri, affascinante, piacevole, divertente, «fico».L’istinto che spinge a fare cose belle non è patrimonio esclusivo del grande artista o dello scrittore. Può averlo anche l’artigiano, chi sta mettendo in ordine una scrivania o chi sta scegliendo una cravatta.A volte, naturalmente, oltre alla bellezza ci interessano altre cose. L’oratore si preoccupa dell’impatto che avranno le sue parole, e non è escluso che esagerando con gli abbellimenti perda di vista l’obiettivo.Non tutte le realizzazioni di successo sono belle, neanche in campo artistico. Alcune sono volutamente dissonanti, o addirittura brutte. Immagino che Picasso non abbia dipinto Guernica, il suo grido di protesta contro gli orrori della guerra, con l’intento di fare qualcosa di bello. Anche i moralisti hanno proclamato più volte che la bellezza umana è solo superficiale, un’esca che ci illude.
Perché la filosofia si interessa alla bellezza? Immanuel Kant ne ha messo in evidenza un paradosso, la cosiddetta «antinomia del gusto». Da un lato, sembra che tutto prenda le mosse dal nostro piacere sensoriale. Parole come «affascinante» o «noioso» sembrano descrivere l’effetto che una certa cosa ha avuto su di noi. Definisco correttamente qualcosa come «affascinante» solo se ne sono rimasto affascinato, così come definisco correttamente qualcosa come «noiosa» solo se mi ha annoiato. In tal caso ci aspetteremmo che valga il vecchio adagio de gustibus non est disputandum – sui gusti non si discute. Se a me piace il sapore del dentifricio alla menta e a voi no, non abbiamo bisogno di litigare: ce ne andremo ognuno per la sua strada. Potremmo ritrovarci a discuterne solo in un contesto inusuale o artificiale: ad esempio dovendo preparare il bagaglio per una spedizione in cui è necessario viaggiare ultraleggeri e volendo portare un solo tubetto. Non esiste una sensazione «giusta» per il dentifricio alla menta. Ciò che sembra giusto a voi è giusto, il che significa semplicemente che in questo caso non possiamo parlare di giusto o sbagliato. È come se dipingessimo il centro del bersaglio ovunque atterra la freccia che abbiamo appena tirato, per poi vantarci dei nostri successi nel tiro con l’arco. Può darsi che con il gusto succeda una cosa del genere: non ci si può sbagliare, si centra sempre il bersaglio.
Questo è uno dei due aspetti del paradosso di Kant. L’altro è che diamo alla bellezza un’importanza maggiore di quella che dovremmo.
Ne facciamo l’oggetto di discussioni, e quando qualcuno non la pensa come noi rischiamo anche di perdere le staffe. Se voi ed io guardiamo la stessa cosa, e io ne sono entusiasta mentre voi no, è possibile che ne sia infastidito e che cerchi di convertirvi. Se non siete in grado di vedere la bellezza di un cielo stellato, se rimanete impassibili di fronte allo spettacolo grandioso delle Alpi o del Grand Canyon, alla delicatezza delle luci dell’alba o ai movimenti aggraziati di un bambino, allora ci sono buone possibilità che tra voi e me ci sia una bella differenza. Queste, potrei pensare, sono cose che impongono una reazione emotiva. Potrei addirittura considerare la vostra mancanza di sensibilità come una sorta di deformità e bollarvi come ignoranti o imbecilli: dei cafoni insensibili. Naturalmente anche voi potreste giudicarmi eccentrico, sentimentalista o ipersensibile: un esteta e niente di più. Ci consideriamo reciprocamente nel torto, e lottiamo per imporre all’altro il nostro modo di vedere le cose. Significa che siamo preparati a sostenere la bontà di un modello di riferimento:nella nostra mente, in fondo, concetti come quelli di buon gusto, giudizio ragionato, o addirittura di torto e ragione oggettivi, sono ben presenti.
Perciò si direbbe proprio che oscilliamo tra la pura soggettività (de gustibus...) e almeno un grado di oggettività.
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