Essere marxisti in filosofia
a cura e prefazione di G.M. Goshgarian
Una lucida e implacabile decostruzione della filosofia e delle sue categorie, ma anche un’acuta e coerente rilettura del marxismo in chiave scientifica e politica.
- Collana: La Scienza Nuova
- ISBN: 9788822002709
- Anno: 2017
- Mese: giugno
- Formato: 14 x 21 cm
- Pagine: 256
- Tag: Filosofia Filosofia politica Karl Marx Marxismo Louis Althusser
Che cosa è la filosofia? Che cosa la distingue dalle scienze? E, soprattutto, che cosa vuol dire essere marxisti in filosofia? Questi i principali interrogativi su cui riflette Louis Althusser nel suo libro scritto nel 1976, ma pubblicato postumo solo nel 2015 e ora finalmente tradotto in italiano.
L’autore sottopone a una critica puntuale e rigorosa tutta la tradizione filosofica occidentale: da Platone a Kant, da Hegel a Heidegger, nessuno ne esce indenne. Se con Epicuro, Machiavelli e Spinoza si fa strada una diversa idea di filosofia, è però con Marx che si aprono prospettive realmente nuove e promettenti. In realtà, secondo Althusser, Marx non ha fondato l’ennesima filosofia, ma una rivoluzionaria scienza della storia che spiega finalmente come nascono, si evolvono e si trasformano le pratiche umane. Solo il marxismo, pertanto, può contrapporsi seriamente all’ideologia dominante e fornire un efficace strumento teorico con cui sovvertire l’ordine politico e sociale.
Un’opera atipica e scomoda nel panorama filosofico, così come atipico e scomodo è stato il suo autore.
Prefazione di G.M. Goshgarian - L’asino di Groucha - Capitolo 1 - Capitolo 2 - Capitolo 3 - Capitolo 4 - Capitolo 5 - Capitolo 6 - Capitolo 7 - Capitolo 8 - Capitolo 9 - Capitolo 10 - Capitolo 11 - Capitolo 12 - Capitolo 13 - Capitolo 14 - Capitolo 15 - Capitolo 16 - Capitolo 17 - Capitolo 18 - Capitolo 19 - Capitolo 20 - Capitolo 21 - Capitolo 22 - Capitolo 23 - Capitolo 24 - Capitolo 25 - Capitolo 26 - Appendice - Tutti possono filosofare? - Indice
Non era di questo avviso Marx, il quale diceva apertamente ciò che i proletari non osavano dire.
Ribadisco che Marx non ci ha consegnato alcun libro di filosofia, soltanto qualche allusione, Engels non ci ha lasciato che un’opera polemica, l’Anti-Dühring, e Lenin ci ha affidato, a parte Materialismo ed empiriocriticismo, unicamente delle note di lettura su Hegel. Essi avevano altro da fare e, più avanti vedremo perché, avevano completamente ragione: non è la filosofia il motore della storia. Ma resta il fatto che ci hanno messo in un bell’imbarazzo. Marx, infatti, come ciascuno di noi, è stato giovane e nelle sue cosiddette opere giovanili ci ha lasciato alcuni pensieri scritti necessariamente presi in prestito, soggetto com’era, al pari di tutti, all’influenza dei maestri della filosofia idealista dominante, Hegel e Feuerbach in testa. Ho tentato, anch’io nella mia «giovinezza» (ahimè tardiva), di fare un po’ una selezione di queste possibili confusioni, tutto sommato abbastanza ben sfruttate da tutti coloro che hanno interesse a tradire Marx per imbrogliare i marxisti e i proletari sul suo pensiero. Ma se si leggono la Critica dell’economia politica (1859) e Il capitale (1867), nonché le opere di Lenin, Gramsci e Mao, non si può avere alcun dubbio: esiste una filosofia materialista marxista, di cui dobbiamo laboriosamente ricomporre le tesi poiché, salvo qualche eccezione, non sono state elaborate da Marx. A ciò bisogna aggiungere la comprensibile circostanza per cui, a dispetto di una rottura e di una «cesura» ben visibili nei suoi testi, Marx non si è sbarazzato una volta per tutte dell’ideologia dominante borghese che, essendo dominante, non ha smesso, nonostante tutto, di dominarlo e di conservare in lui, malgrado tutto, certe vecchie formule che tradiscono ancora la loro matrice idealista. Sarà necessario tutto un lavoro, non ancora intrapreso, per fare i conti con tali residui e sfumature.
Malgrado tutto, possiamo dire pressappoco quanto segue. Per Marx, il quale rifiuta, come Spinoza e [come Hegel] – per ciò che Hegel ha ripreso da Spinoza – tutta la problematica idealista, e in maniera radicale, la prima esigenza del materialismo consiste nel rendere la filosofia conforme a ciò che è realmente, praticamente, cioè nell’assicurare, in seno alla filosofia stessa, il primato della pratica sulla teoria. Questa semplice idea – assicurare all’interno della teoria filosofica materialista il primato della pratica sulla teoria, tesi che proclama proprio in quanto materialista – se effettivamente e praticamente realizzata, è in sé rivoluzionaria.
Infatti, assicurare tale primato equivale a trattare la filosofia per quella che è, non nella sua teoria (che varia, come abbiamo visto, da un estremo all’altro), ma nella sua pratica. Che cosa è, dunque, la filosofia nella sua pratica? Una lotta, un combattimento perpetuo e preventivo perché universale. E la filosofia è il campo di battaglia in cui ha luogo questa guerra perpetua fra una molteplicità di combattenti, i quali però, attraverso i loro rifornimenti, il sostegno che si prestano o gli obiettivi che si prefiggono, in definitiva si collocano tutti all’interno di uno dei due grandi schieramenti che raggruppano tutti i filosofi del mondo, ossia lo schieramento idealista e quello materialista. Tra i due schieramenti ci possono essere dei messaggeri, dei portatori di buoni uffici, immaginari o interessati, che propongono dei compromessi e le loro formule; uomini che, come Kant, dal punto di vista borghese risultano discretamente materialisti, ma che, dal punto di vista proletario, sono più esattamente dei «materialisti che si vergognano», degli «agnosticisti [sic]» (Lenin). In verità, nessun filosofo è neutrale, anche se lo crede e magari si crea una zona di extraterritorialità filosofica da dove, con la libertà degli scambi e delle merci sdoganate, potrebbe suggerire l’impressione di essere fuori dalla mischia e persino di offrire la sua terra come asilo per i guerrieri affaticati o perseguitati. Nel campo di battaglia della filosofia, a prescindere dal nome sotto il quale si schierano i combattenti più diversi – un nome (empirismo, nominalismo, realismo, sensualismo, ecc.) il cui senso oggettivo può mutare a seconda dell’evoluzione dello scontro – non è possibile essere neutrali: ogni filosofo appartiene, direttamente o indirettamente, che lo ammetta o meno, al campo idealista o a quello materialista.
1 ottobre 2017 | Leggere:tutti |
15 settembre 2017 | ilrecensore.com |
5 agosto 2017 | Il Manifesto |
3 luglio 2017 | convenzionali |
18 giugno 2017 | La Repubblica |