Universo da capogiro
Fenomeni estremi nel cosmo
Non soltanto un elenco di record stupefacenti e cifre da capogiro, ma soprattutto un resoconto affascinante della straordinaria ricchezza di fenomeni dell’Universo e delle incredibili leggi fisiche che sono state svelate dalla moderna astronomia.
- Collana: ScienzaFACILE
- ISBN: 9788822068507
- Anno: 2014
- Mese: marzo
- Formato: 14 x 21 cm
- Pagine: 240
- Note: illustrato a colori
- Tag: Scienza Fisica Cosmologia Astronomia Universo Astrofisica
L’Universo può essere visto come un laboratorio cosmico in cui si trovano corpi dalle proprietà estreme e in cui si verificano eventi ai limiti delle leggi fisiche. Le stelle ipergiganti hanno un diametro di due miliardi di chilometri e sono più grandi dell’orbita di Giove; lo spazio profondo ha una temperatura di 270 °C sotto zero; le stelle che muoiono in modo catastrofico, esplodendo come supernove, diventano un miliardo di volte più brillanti del Sole e raggiungono temperature inimmaginabili; un buco nero ha un campo gravitazionale così intenso da trattenere la luce e modificare il tessuto spazio-temporale. In questo libro vengono esaminate dieci caratteristiche e grandezze fisiche che ognuno di noi sperimenta tutti i giorni. A ciascuna è dedicato un capitolo: temperatura, luce, tempo, dimensioni, velocità, massa, suono, proprietà elettromagnetiche, gravità e densità. L’affresco che ne risulta offre una straordinaria visione d’insieme, accessibile anche ai non addetti ai lavori, di una disciplina così affascinante e in continua evoluzione come l’astrofisica.
Prefazione - Introduzione - Scoprire le stelle o comprenderle? - Miliardi di miliardi - Universo da capogiro - 1. Temperature estreme - Ardente e nascosto - La fornace nucleare - Temperature fuori scala - Il grande freddo - Ancora più freddo del cosmo - 2. Luce estrema - Buio e polveroso - Una splendida visione - Finire con una fiammata di gloria - 3. Tempi estremi - L’orologio di ferro - Vivere tranquilli, vivere in eterno - Più veloce di un frullatore - 4. Dimensioni estreme - Rigonfio e pulsante - I pesi massimi tra le stelle - Restiamo uniti - Vuoti, bolle e muraglie - I pigmei del Sistema Solare - 5. Velocità estreme - Fast and Furious - Correre via - Solo per gioco - Appena sotto la velocità della luce - 6. Masse estreme - Piccole ma longeve - Grandi il più possibile - Al centro dell’azione - Uno sciame di galassie - 7. Suoni estremi - L’esplosione sonica definitiva - Prendere quella nota bassa - Suoni primordiali - 8. Elettricità e magnetismo estremi - Calamite galattiche - Rock and roll ad alta tensione - Il fulmine più lungo di tutti - 9. Gravità estrema - Un problema di peso - Il lungo ballo lento - Allo stremo delle forze - 10. Densità estreme - Sfere cristalline - La pasta nucleare - Più leggero dell’aria - Bollicine vuote - Epilogo - Esperienze estreme - Bibliografia di approfondimento - Crediti fotografici - Indice analitico
Suoni primordiali
Al momento, l’Universo è pervaso dall’eco profonda degliammassi di galassie, dalle deflagrazioni improvvise delle esplosioni di supernova, e da una miriade di altri suoni. In un modo o nell’altro, tutti questi suoni sono prodotti dai diversi moti e dalle varie attività di stelle, galassie, buchi neri e ammassi. Ma tutti questi oggetti cosmici non esistono da sempre. Sappiamo che l’Universo ha 13,8 miliardi di anni e sappiamo anche che c’è stato un momento, proprio all’inizio, in cui non esistevano ancora né stelle né galassie. Allora, prima che ci fosse la prima esplosione di supernova e si formasse il primo buco nero supermassiccio, le vaste distese del cosmo erano occupate soltanto dal silenzio? Oppure c’era già un motivo cosmico molto prima che iniziassero a comparire le voci singole dei solisti? Qual è stato il primo suono dell’Universo?
Potrebbe sembrare una domanda per filosofi. Eppure, incredibilmente, gli astronomi sono in grado di rispondere a questi interrogativi con notevole precisione.
Ci sono forti indizi che lo spazio e il tempo sono iniziati insieme con un evento noto come «Big Bang» che, secondo le nostre stime più recenti, avrebbe avuto luogo 13,8 miliardi di anni fa. Tuttavia, a dispetto del nome, si ritiene che il Big Bang sia stato completamente silenzioso. Le distribuzioni di materia ed energia create in questo evento improvviso e devastante sono state quasi perfettamente omogenee, non ci sono state variazioni di pressione che avrebbero potuto generare un qualsiasi suono o rumore. Ciò nonostante, meno di un trilionesimo di trilionesimo di secondo dopo il Big Bang, quando l’Universo osservabile si era espanso raggiungendo all’incirca le dimensioni di un pallone da spiaggia, il cosmo è diventato decisamente disomogeneo. Con il passare del tempo, e man mano che l’Universo si espandeva, gli agglomerati più densi di materia hanno utilizzato la propria attrazione gravitazionale per attirare verso di sé ulteriore massa. La pressione all’interno di questi agglomerati, quindi, è cresciuta non appena il gas contenuto ha cominciato ad essere compresso in modo più energico, determinando con ciò la sua espansione. Nel momento in cui le nubi di gas si sono espanse, la loro pressione è diminuita, e hanno rallentato il processo di dilatazione. La gravità, quindi, ha ricominciato a esercitare il suo potere attrattivo, e il processo si è ripetuto ancora una volta.
Meno di un millisecondo dopo il Big Bang, nubi di gas di varie dimensioni hanno iniziato a collassare ed espandersi provocando, di conseguenza, aumenti e diminuzioni di pressione.
In quel momento sono iniziate variazioni di pressione e l’Universo ha trovato la sua voce!
Queste onde sonore primordiali erano leggermente diverse da quelle che abbiamo esaminato prima. Anziché muoversi da un punto A a un punto B, come accade per la mia voce che emette un suono il quale giunge, poi, attraverso l’aria ai vostri orecchi, queste onde primordiali provocavano soltanto delle variazioni di pressione, senza andare in realtà da nessuna parte. Tali onde si dicono «stazionarie» e sono molto simili a quelle che si generano nella canna di un organo o all’interno di un flauto.
La lunghezza della canna d’organo determina la frequenza del suono prodotto: le canne più corte generano le note più acute. In modo analogo, l’età dell’Universo osservabile in queste primissime fasi della sua vita definisce l’altezza di questo suono primordiale. Quando l’Universo era molto giovane, soltanto gli agglomerati di materia relativamente più piccoli (e per i quali il gas poteva espandersi e contrarsi rapidamente) avevano tempo sufficiente per poter compiere un ciclo completo di variazioni di pressione. Di conseguenza, il coro cosmico era composto soltanto da voci di soprano. Con l’invecchiamento dell’Universo, cominciarono a completarsi oscillazioni più lente, e quindi si aggiunsero al coro delle note più basse.
Con il passare del tempo, inoltre, la musica divenne più forte. Ciò perché il livello complessivo di aggregazione dell’Universo era aumentato quando la gravità aveva iniziato a esercitare il suo potere di attrazione. Al crescere delle dimensioni degli agglomerati, la differenza tra espansione e contrazione dei gas diventò più accentuata, e le onde di pressione divennero più violente.
A che cosa somigliavano, allora, le onde stazionarie agli albori dell’Universo? Appena 10 anni dopo il Big Bang, la nota dominante nell’Universo era un Fa diesis (ma 35 ottave più in giù della nota più bassa che l’udito possa percepire), a un volume di 90 decibel (più o meno il volume che si sente stando vicini a un tagliaerba). Nei successivi centomila anni, iniziò a oscillare un’intera categoria, completamente nuova, di nubi gassose di dimensioni maggiori: a quest’organo a canne cosmico furono quindi aggiunte più di 13 ottave, ancora più basse, con il volume che aumentava di un fattore 20.
In ogni momento, non appena la nube di gas più grande possibile stava iniziando il proprio ciclo di contrazione ed espansione, vi erano altre nubi di gas, grandi esattamente la metà delle precedenti, che avevano appena completato due cicli, e poi ancora altre nubi, a loro volta la metà delle ultime, che avevano compiuto quattro oscillazioni. Di conseguenza, la nota più forte era accompagnata da un insieme di suoni armonici e ipertoni più deboli.
In ogni caso, non aspettatevi il risuonare di una qualche piacevole (seppur eccezionalmente rumorosa!) armonia a quattro voci. Questo insieme di suoni non costituiva affatto il timbro puro di uno strumento musicale, ma piuttosto una combinazione confusa di note sovrapposte. Il risultato, se fosse stato udibile, sarebbe stato un sibilo incoerente che, al crescere dell’età dell’Universo, sarebbe progressivamente aumentato di volume abbassandosi di tono.
Questa melodia celestiale è durata per 380 000 anni e poi, di colpo, si è interrotta e non è mai più ricominciata. Cosa è successo per far ammutolire questo enorme organo a canne cosmico? E come facciamo a sapere che questi suoni siano effettivamente esistiti, visto che sono svaniti miliardi di anni fa?
Come abbiamo visto nel capitolo 1, in principio l’Universo era costituito da una densa nebbia, poiché un raggio di luce non poteva viaggiare nemmeno per brevissime distanze senza scontrarsi con un elettrone. Durante questo periodo, noto come «èra pre-ricombinazione», gli agglomerati di gas si sono espansi e condensati, producendo questi primi suoni. Tuttavia, dopo 380 000 anni, l’Universo si è raffreddato raggiungendo una temperatura di 2700 °C, fredda abbastanza da permettere ai protoni e agli elettroni di combinarsi per formare gli atomi. Avendo rimosso questa zuppa di elettroni liberi di vagare, il cielo si è schiarito, e il cosmo è diventato trasparente. Questa fase va sotto il nome di «ricombinazione». Tale evento ha ridotto al silenzio l’Universo, poiché ha modificato la velocità del suono.
Prima della ricombinazione, le onde sonore viaggiavano attraverso un miscuglio gelatinoso di luce e materia, per cui la velocità del suono era circa il 60% della velocità della luce, ossia 620 milioni di chilometri all’ora. A questa elevatissima velocità del suono, le nubi di gas potevano espandersi e contrarsi abbastanza velocemente.
Tuttavia, una volta che la materia e la luce si sono separate, la velocità del suono è praticamente crollata a zero. Nell’attimo della ricombinazione tutte le oscillazioni del gas sono cessate di colpo, e l’Universo è diventato silenzioso.
Questa improvvisa interruzione della sinfonia cosmica, proprio nel momento in cui l’Universo si è rivelato alla vista, significa che non possiamo osservare queste onde sonore così come abbiamo fatto per l’ammasso di galassie Abell 426. Quindi, come facciamo a sapere che tali suoni sono esistiti davvero?
Lo sappiamo perché, sebbene questi suoni siano scomparsi da tempo, il crescendo finale è rimasto per sempre bloccato proprio nella struttura del cosmo.
Il momento della ricombinazione ha lasciato dietro di sé la radiazione cosmica di fondo (CMB, chiamata anche «radiazione fossile»), una debolissima luce fredda (costituita da microonde) che permea l’intero Universo (si veda il capitolo 1). La CMB è stata scoperta nel 1960, ed è diventata subito oggetto di studio approfondito da parte degli astronomi di tutto il mondo. Già negli anni ’90 osservazioni molto accurate mostrarono che il bagliore derivante dalla CMB non era perfettamente uniforme, e che alcune regioni del cielo erano lo 0,001% più calde o fredde delle altre (si veda l’immagine 3).
Quando le misurazioni sono diventate ancora più accurate, queste minuscole variazioni (definite anche, in modo più formale, «anisotropie della CMB») hanno rivelato un ritratto straordinariamente dettagliato dell’Universo in quel momento della ricombinazione corrispondente a più di 13 miliardi di anni fa, solo 380 000 anni dopo il Big Bang. Queste piccole variazioni di temperatura corrispondono, infatti, a singoli agglomerati di gas, congelati nel tempo durante una delle oscillazioni di pressione. Ora tali oscillazioni sono cessate, ma possiamo ancora vederle nella loro posizione finale. È come se avessimo un’immagine istantanea di un’orchestra nell’attimo in cui sta eseguendo la sua ultima nota: le braccia del direttore sono sollevate e si possono vedere tutti i musicisti impegnati nello sforzo di suonare i loro strumenti al massimo volume possibile. Ma ciò che manca è proprio il suono.
Gli astronomi hanno analizzato le variazioni di temperatura nei minimi dettagli e hanno scoperto che la CMB non consiste in una mescolanza casuale di tante regioni calde o fredde di dimensioni differenti, ma che le aree a temperatura più alta o più bassa tendono ad avere una dimensione specifica. L’immagine 30 mostra un’altra versione della mappa della CMB che include tutto il cielo, già vista nell’immagine 3, rielaborata per evidenziare le fluttuazioni della temperatura dell’Universo nell’istante della ricombinazione, 380 000 anni dopo il Big Bang.
Gli agglomerati delle zone con temperature calde e fredde hanno quasi tutti la stessa estensione, all’incirca il doppio del diametro della Luna piena. Questo significa che esiste un tono ben definito impresso nella trama dell’Universo (e indagini successive hanno confermato che questa nota fondamentale è accompagnata da almeno sei armoniche superiori). Per essere più specifici, possiamo affermare con notevole precisione e attendibilità che la nota dominante del cosmo nel momento della ricombinazione era quasi esattamente 54 ottave sotto il Do centrale, a un volume assordante di 120 decibel. Questa nota non è altrettanto bassa quanto quella prodotta da Abell 426, ma è altrettanto eccezionale: per poterla suonare, un organo avrebbe bisogno di una canna lunga più di 10 trilioni di chilometri!
Dopo la ricombinazione, l’Universo ha continuato a espandersi e raffreddarsi, ma lo ha fatto nel silenzio più assoluto. Nelle centinaia di milioni di anni a seguire, gli agglomerati di gas che si trovavano vicini alla fase di massima contrazione nel momento della ricombinazione furono in grado di continuare a collassare sotto l’effetto della forza di gravità, e alla fine si sono fusi per formare le prime stelle e galassie (si veda la discussione sulle stelle di «Popolazione III» nei capitoli 3 e 6). Quando queste nuove specie di corpi celesti sono emerse lentamente dal vuoto, hanno riportato non solo la luce nell’Universo, ma anche il suono, per mezzo delle esplosioni di supernove e gli ammassi di galassie descritti in precedenza. Da quel momento l’Universo non ha più cessato di produrre suoni.
Esiste, infine, un’ultima impressionante connessione tra la strana armonia dell’èra pre-ricombinazione e il fracasso che il cosmo sperimenta oggi.
Come possiamo vedere direttamente dalla CMB, gli agglomerati di gas più caldi durante la ricombinazione (ossia quelli che, nel momento in cui l’Universo è diventato trasparente, stavano giusto per concludere la fase di compressione durante le varie oscillazioni di pressione) avevano tutti un’estensione precisa.
La dimensione che vediamo nel cielo, più o meno il doppio dell’ampiezza della Luna piena, corrispondeva a un’estensione fisica pari a 460 000 anni-luce nel periodo della ricombinazione.
Tuttavia, durante i 13,8 miliardi di anni trascorsi da allora, l’Universo si è espanso di un fattore superiore a 1000. Di conseguenza, se quelle regioni esistessero ancora, avrebbero dovuto ingrandirsi tanto da raggiungere ora i 500 milioni di anni-luce.
Ciò nonostante, nei primi anni ’80, gli astronomi hanno cominciato a misurare la posizione in tre dimensioni di centinaia di galassie relativamente vicine, e hanno scoperto che non sono diffuse in modo uniforme, bensì ammassate secondo uno schema complicato (si veda il capitolo 4). La consapevolezza che l’Universo non è completamente caotico, ma che possiede, invece, una struttura caratteristica peculiare, è stata una scoperta di fondamentale importanza.
Tuttavia, nel 2005, quando gli astronomi hanno ampliato il catalogo che raccoglie le posizioni delle galassie per arrivare a registrare diverse centinaia di migliaia di oggetti, è emerso un altro risultato stupefacente. Non solo la distribuzione delle galassie è irregolare e tende a formare degli agglomerati, ma le dimensioni di questi grumi non sono casuali. Quanto è grande un tipico agglomerato di galassie? Le dimensioni si avvicinano abbastanza a 500 milioni di anni-luce, proprio la stessa dimensione che avrebbero le nubi di gas incandescente derivanti dalla ricombinazione, se fossero sopravvissute fino a oggi.
La conclusione è inevitabile: queste nubi incandescenti sono effettivamente sopravvissute, ma ora si sono evolute in galassie, stelle, pianeti e creature che vivono su tali pianeti. Tutto quello che vediamo intorno a noi e, quindi, di cui anche noi facciamo parte, è una traccia fossile delle onde sonore oscillanti degli albori della storia dell’Universo, intrecciata per sempre nella distribuzione di materia che permea tutto il cosmo.
I primi suoni dell’Universo sono cessati molto tempo fa. Il direttore e gli orchestrali hanno abbandonato il palcoscenico cosmico, portando con sé i loro strumenti. Tuttavia, i musicisti hanno lasciato lì gli spartiti. Studiando la CMB e la struttura su grande scala dell’Universo, possiamo ricostruire la prima musica mai suonata, musica che non è mai stata pensata per essere ascoltata.
24 dicembre 2014 | Notiziario Italiano |
23 luglio 2014 | ansa.it |
20 luglio 2014 | Corriere della Sera |
01 giugno 2014 | BBCscience |
01 giugno 2014 | Notiziario CDP |
08 marzo 2014 | IL MATTINO |