50 grandi idee futuro
Come sarà il mondo tra venti, cinquanta o addirittura cento anni? E che ne sarà di noi esseri umani? Saremo molto diversi oppure, fondamentalmente, sempre gli stessi? Il nostro prossimo futuro condensato in cinquanta stimolanti spunti di riflessione.
- Collana: 50 grandi idee
- ISBN: 9788822068446
- Anno: 2013
- Mese: novembre
- Formato: 17 x 20 cm
- Pagine: 208
- Tag: Scienza Tecnologia Futuro Intelligenza artificiale
Sono molte le domande aperte su cosa potrà succedere nel corso del prossimo secolo e addirittura oltre. Scopriremo l’esistenza degli alieni? Saremo in grado di bloccare o addirittura invertire il processo di invecchiamento, e magari avere figli fino all’età di 80 anni? E arriveremo fino al punto di riuscire a prevedere la data e le cause della morte di ciascun individuo? Emergeranno davvero tecnologie che permetteranno il turismo spaziale, o la colonizzazione della Luna? È impossibile, ovviamente, sapere con certezza cosa ci porterà il futuro. Quel che è possibile fare, tuttavia, è esaminare alcune delle idee più interessanti e stimolanti sul nostro domani e ipotizzare scenari possibili e plausibili. In questo libro, l’abile ed esperto futurologo Richard Watson mostra come la scienza, la tecnologia e soprattutto i nostri comportamenti possano influenzare il destino dell’umanità. Dai biocarburanti alla cibernetica, dalle città intelligenti alla democrazia digitale, un’indagine provocatoria e intelligente sulle cose meravigliose e terribili che ci aspettano, scritta senza dimenticare che dalle nostre scelte dipende ciò che lasceremo in eredità alle generazioni future.
Introduzione - POLITICA E POTERE - 01 La sorveglianza è ovunque - 02 Democrazia digitale - 03 I droni e la guerra cibernetica - 04 La guerra dell’acqua - 05 Il declino dell’Occidente - ENERGIA E AMBIENTE - 06 Lo sfruttamento delle risorse - 07 Oltre i combustibili fossili - 08 Agricoltura di precisione - 09 Cambiamenti della popolazione - 10 La geoingegneria - IL PAESAGGIO URBANO - 11 Le megalopoli - 12 Reti elettriche locali - 13 Città intelligenti - 14 La prossima generazione dei mezzi di trasporto - 15 Baraccopoli selvagge e fuorilegge - CAMBIAMENTI TECNOLOGICI - 16 L’internet delle cose - 17 Computer quantistici e biologia computazionale - 18 Le nanotecnologie - 19 Gamification - 20 Intelligenza artificiale - SALUTE E BENESSERE - 21 Genomica personalizzata - 22 Medicina rigenerativa - 23 Monitoraggio a distanza - 24 Medicina generata dagli utenti - 25 Data mining in medicina - DIMENSIONE ECONOMICA E SOCIALE - 26 Vivere da soli - 27 Dematerializzazione - 28 Polarizzazione del reddito - 29 Cosa (e dove) è il lavoro? - 30 La ricerca della felicità - VERSO UNA SOCIETÀ POSTUMANA - 31 Esseri umani versione 2.0 - 32 Interfacce neurali - 33 Assistenti virtuali - 34 La zona perturbante - 35 Transumanesimo - SPAZIO: ULTIMA FRONTIERA - 36 Alt.Space e turismo spaziale - 37 Energia solare dallo spazio - 38 Miniere lunari - 39 Ascensori spaziali - 40 Intelligenza aliena - SCENARI APOCALITTICI - 41 Radiazione mobile - 42 Pericoli biologici e pestilenze - 43 Terrorismo nucleare - 44 Vulcani e terremoti - 45 La sesta estinzione di massa - DOMANDE SENZA RISPOSTA - 46 La Singolarità - 47 Io o noi? - 48 Modificare la mente - 49 Il ritorno di Dio? - 50 Lo choc del futuro - Glossario - Indice analitico
50 Lo choc del futuro
È la fine del mondo o, se non altro, sono in molti ad avere
questa sensazione. Ci sta ancora girando la testa dopo
l’11 settembre, la crisi finanziaria, il riscaldamento
globale e gli sconvolgimenti politici. È come se anche
i cambiamenti fossero cambiati e stessimo tutti lottando
per stare al passo. Questa situazione durerà?
Forse il problema è proprio che ci stiamo esponendo
a troppe informazioni e, come risultato,
siamo temporaneamente disorientati.
All’inizio degli anni ’70, Alvin Toffler scrisse il best seller Lo choc del futuro, in cui sosteneva che troppi cambiamenti tecnologici, o se non altro la percezione di cambiamenti troppo rapidi in un periodo di tempo percepito come troppo breve, stavano producendo un danno psicologico negli individui e, addirittura, nella società nel suo complesso. Toffler instillò nella coscienza collettiva il termine «sovraccarico di informazione» (information overload).
Per molti versi, il concetto di choc del futuro è simile a quello di choc culturale.
Entrambi si riferiscono al modo in cui gli individui si sentono disorientati quando, in modo molto rapido, passano da una nazione a un’altra o da un ambiente culturale a un altro. Nel caso dello choc del futuro, potremmo usare questo termine per descrivere il passaggio dalla cultura analogica a quella digitale o da un periodo caratterizzato da quelle che credevamo essere verità fissate e certezze geopolitiche a un’èra in cui i confini sono fluidi e non c’è nessuna certezza.
Il pericolo, ovviamente, è che un’ansia e un disorientamento del genere siano terreno fertile per falsi profeti dell’ordine e per politici populisti che promettono soluzioni definitive.
L’argomentazione a sostegno del cambiamento rapido è sicuramente plausibile. I suoi sostenitori potrebbero citare la legge di Moore (si veda il capitolo 17), il rapido tasso di crescita della genetica, della robotica, dell’intelligenza artificiale e delle nanotecnologie, così come l’espansione dei social media, che lascia senza fiato. Nel momento in cui leggete queste righe potrebbe essere necessario aggiungere nuovi tumulti nel Medio Oriente e in Europa, o sviluppi in Cina. Ma le cose non sono mai state così, prima? Internet, uno sviluppo profondamente rivoluzionario, può essere paragonato, in termini di impatto, al rapido sviluppo del telegrafo, delle ferrovie o dell’elettricità in epoca vittoriana. Per quanto riguarda il Medio Oriente, l’Europa o la Cina, come osservò Marx la storia tende a ripetersi, spesso come tragedia e talvolta come farsa.
Allora perché ci sentiamo così a disagio? Perché vediamo tutto nero? Perché, all’improvviso, siamo così preoccupati? Le nostre ansie di oggi evaporeranno lentamente oppure le cose andranno improvvisamente di male in peggio?
Sappiamo troppo? La risposta è che, mentre gli eventi continuano a verificarsi più o meno come hanno sempre fatto, la globalizzazione, la digitalizzazione e soprattutto la connettività personale implicano che i resoconti e la diffusione di questi eventi siano esplosi. Siamo entrati in un’epoca dove ogni cosa è visibile e, fino a un certo punto, conoscibile. La beata ignoranza è morta o, se non altro, si trova nel reparto rianimazione.
Un’altra cosa che non aiuta: le notizie ventiquattr’ore su ventiquattro.
Ci sono anche più attori sul palco tra opinionisti, politici ed esperti dell’ultima ora, tutti che prosperano grazie alla creazione di crisi e ansie di breve durata alle quali soltanto loro possono rispondere. La reazione di alcune persone di fronte a questa situazione è quella di premere il tasto «off»: sono tornati i luddisti, soltanto che oggi spengono gli iPhone anziché le macchine.
Questa però è una soluzione pretecnologica a un problema postindustriale…
Una soluzione più pratica e sostenibile consiste nel filtrare le in formazioni e, talvolta, ritirarsi in disparte. Con il tempo impareremo ad adeguarci e useremo tecnologie non ancora inventate per filtrare le cose che non abbiamo bisogno di sapere.
Diventeremo anche più bravi a ignorare certi tipi, o certe fonti, di informazione, e impareremo che essere sempre connessi non fa bene alla salute. Riscopriremo, lentamente, le gioie della disconnessione temporanea e incominceremo a spegnere vari apparecchi durante la notte o nei finesettimana. Riscopriremo anche le gioie del sonno, assolutamente vitale per l’elaborazione corretta dell’alluvione di dati a cui siamo sottoposti di giorno.
Lo facciamo a noi stessi Un punto in comune: forse ci stiamo preoccupando in modo sproporzionato di minacce immaginarie, o di rischi reali ma improbabili, soltanto perché non ci sono abbastanza minacce concrete, o forse in qualche modo sentiamo di dover biasimare soltanto noi stessi. Ecco da dove nasce il disprezzo misantropo dei successi conseguiti dall’uomo. Come ha sottolineato l’«Economist»: «Nel mondo ricco l’idea del progresso si è impoverita. Il punto di vista popolare è che, anche se la tecnologia avanza e il PIL aumenta, la società e la morale stanno annaspando o – a seconda del quotidiano che scegliete di leggere – stanno riaffondando nella decadenza e nella barbarie».
Secondo Richard Landes, un esperto in materia dell’Università di Boston, l’entusiasmo che nutriamo nei confronti dell’apocalisse è anche collegato al nostro senso della nostra importanza: «Fa gola alla nostra megalomania», dice.
Personalmente, credo che sarebbe meglio se imparassimo a rilassarci. Il fatto è che molte delle cose che ci fanno preoccupare (ad esempio i vulcani) non hanno cause umane e potrebbero non avere neanche soluzioni umane. Dovremo adattarci, tutto qui. Ciò detto, consiglio di non abbassare la guardia; è necessario stare alla larga da individui che promettono soluzioni rapide o suggeriscono bersagli facili. Nel lungo termine, però, dovremmo farci i complimenti: storicamente le cose sono andate molto peggio e, per la maggior parte dell’umanità, la situazione non è mai stata così rosea. E per quanto riguarda il futuro, ce ne preoccuperemo quando accadrà.
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