Il futuro è bio?
Agricoltura biologica, biodinamica e scienza
Fuso svela la verità sull’agricoltura biologica e biodinamica, cercando di metterne in luce pro e contro per il consumatore e per l’ambiente, sfatando le bufale in base alle evidenze scientifiche.
- Collana: Le grandi voci
- ISBN: 9788822016201
- Anno: 2022
- Mese: ottobre
- Formato: 13 x 18 cm
- Pagine: 96
- Tag: Scienza Alimentazione Agricoltura
Disponibile
Oggi l’agricoltura biologica e quella biodinamica sono di gran moda e vengono spesso indicate come soluzioni dei nostri problemi agroalimentari. Ma i prodotti bio sono davvero migliori di quelli convenzionali? Per rispondere, al di là di ogni ideologia, occorre basarsi su concrete evidenze scientifiche, analizzando i vantaggi per il consumatore e per l’ambiente e sfatando le bufale a cui troppo spesso crediamo.
Introduzione - Può esistere un’agricoltura naturale? - La rivoluzione verde - L’agricoltura biologica - I prodotti bio e la loro sostenibilità - L’agricoltura biodinamica - I prodotti biodinamici e i loro test - Le menzogne del biologico - Conclusioni - Consigli di lettura
Introduzione
Il prefisso bio deriva dal greco βίος e significa “vita” o “vivente”. Esso compare, con questo significato, in molte parole della lingua italiana (e non solo), ad esempio biologia – studio della vita; biogenesi – origine della vita; biografia – scrittura della vita; antibiotico – contro la vita (intesa di microrganismi nocivi), ecc.
Tuttavia, da diversi anni il prefisso bio è divenuto prepotentemente protagonista del mondo del marketing, acquisendo molto spesso significati differenti da quello originario. La pubblicità che quotidianamente ci bombarda, infatti, propone prodotti bio di ogni genere: verdura, frutta, carni, latte, biscotti, shampoo, cosmetici, plastica.
Se per alcuni prodotti, come verdura, frutta e carne, che evidentemente provengono da organismi viventi, il prefisso bio può avere un senso, resta difficile capire l’attinenza tra il prefisso e altri prodotti che ben poco hanno a che fare con la vita. Esistono persino contraccettivi bio che, per loro natura, la vita cercano proprio di prevenirla!
In ambito commerciale, quindi, il prefisso bio ha ormai acquisito un’ampia gamma di significati tra cui possiamo individuare i seguenti: 1) privo di residui di composti chimici, 2) privo di prodotti OGM, organismi geneticamente modificati, 3) rispettoso della natura e dei suoi cicli, 4) a favore della biodiversità, 5) parsimonioso nell’uso dell’energia e delle risorse naturali, 6) etico e sostenibile.
In modo più o meno esplicito, poi, la pubblicità veicola il messaggio secondo il quale i prodotti bio sarebbero non solo più rispettosi dell’ambiente, ma anche preferibili per la salute umana. In certi casi queste affermazioni sarebbero addirittura “dimostrate” da studi scientifici.
Intorno al prefisso bio, complice il marketing, si è creata ormai una sorta di filosofia di vita che vede nella natura un modello cui ispirarsi e considera invece con estrema diffidenza e preoccupazione il progresso scientifico-tecnologico; quest’ultimo viene identificato tout court con il sistema consumistico di crescita infinita a scapito delle risorse naturali, evidentemente finite.
E qui, se ragioniamo un attimo, constatiamo già una sorta di corto circuito logico. Infatti, il marketing è lo strumento principale attraverso il quale il modello consumistico si alimenta. Ed è piuttosto curioso che proprio il mondo del marketing suggerisca modelli di vita apparentemente anticonsumistici.
All’origine dell’uso improprio, o se si preferisce esteso, del prefisso bio vi sono due particolari visioni che riguardano la produzione di cibo: l’agricoltura biologica e quella biodinamica. Ho usato il termine visioni perché, come vedremo, si tratta proprio di concezioni filosofiche e ideologiche che riguardano la coltivazione dei vegetali e l’allevamento degli animali. Esse infatti si basano su assunzioni a priori rispetto alla realtà, da cui si fa poi discendere tutta una serie di conseguenze.
Entrambe le visioni sono oggi piuttosto di moda, ma forse non tutti (anche tra coloro che le adottano come semplici consumatori) sanno con precisione in che cosa consistano, su quali princìpi si basino, se tali princìpi siano stati confermati dalla scienza e quali interessi ruotino intorno a esse.
Nelle pagine seguenti cercherò di fare un po’ di chiarezza, illustrando cosa siano realmente l’agricoltura biologica e quella biodinamica.
Fare chiarezza risulta estremamente importante perché, al di là delle scelte insindacabili dei singoli (che hanno pieno diritto di comportarsi anche in modo irrazionale purché non danneggino gli altri), da qualche tempo le due visioni bio dell’agricoltura sembrano godere delle simpatie di molti decisori politici e di personaggi che in qualche modo possono influenzare l’opinione pubblica.
Esponenti di entrambe le categorie propongono infatti il bio come soluzione dei problemi agroalimentari che l’umanità deve affrontare, promettendo sostenibilità ambientale, rispetto della natura, produttività, salubrità e qualità dei prodotti ottenuti.
Si tratta di tematiche delicatissime, da cui dipende la sopravvivenza stessa dell’intera popolazione mondiale. Perché, se è vero che non di solo pane vive l’uomo, senza cibo non si vive.
Dalle scelte agroalimentari che dobbiamo compiere oggi dipenderà in larga misura il nostro futuro. Esse richiedono, quindi, un uso della razionalità ai massimi livelli, senza concedere nulla all’emotività, alle mode o, peggio ancora, agli interessi di coloro che sfruttano queste ultime commercialmente.
Il prefisso bio deriva dal greco βίος e significa “vita” o “vivente”. Esso compare, con questo significato, in molte parole della lingua italiana (e non solo), ad esempio biologia – studio della vita; biogenesi – origine della vita; biografia – scrittura della vita; antibiotico – contro la vita (intesa di microrganismi nocivi), ecc.
Tuttavia, da diversi anni il prefisso bio è divenuto prepotentemente protagonista del mondo del marketing, acquisendo molto spesso significati differenti da quello originario. La pubblicità che quotidianamente ci bombarda, infatti, propone prodotti bio di ogni genere: verdura, frutta, carni, latte, biscotti, shampoo, cosmetici, plastica.
Se per alcuni prodotti, come verdura, frutta e carne, che evidentemente provengono da organismi viventi, il prefisso bio può avere un senso, resta difficile capire l’attinenza tra il prefisso e altri prodotti che ben poco hanno a che fare con la vita. Esistono persino contraccettivi bio che, per loro natura, la vita cercano proprio di prevenirla!
In ambito commerciale, quindi, il prefisso bio ha ormai acquisito un’ampia gamma di significati tra cui possiamo individuare i seguenti: 1) privo di residui di composti chimici, 2) privo di prodotti OGM, organismi geneticamente modificati, 3) rispettoso della natura e dei suoi cicli, 4) a favore della biodiversità, 5) parsimonioso nell’uso dell’energia e delle risorse naturali, 6) etico e sostenibile.
In modo più o meno esplicito, poi, la pubblicità veicola il messaggio secondo il quale i prodotti bio sarebbero non solo più rispettosi dell’ambiente, ma anche preferibili per la salute umana. In certi casi queste affermazioni sarebbero addirittura “dimostrate” da studi scientifici.
Intorno al prefisso bio, complice il marketing, si è creata ormai una sorta di filosofia di vita che vede nella natura un modello cui ispirarsi e considera invece con estrema diffidenza e preoccupazione il progresso scientifico-tecnologico; quest’ultimo viene identificato tout court con il sistema consumistico di crescita infinita a scapito delle risorse naturali, evidentemente finite.
E qui, se ragioniamo un attimo, constatiamo già una sorta di corto circuito logico. Infatti, il marketing è lo strumento principale attraverso il quale il modello consumistico si alimenta. Ed è piuttosto curioso che proprio il mondo del marketing suggerisca modelli di vita apparentemente anticonsumistici.
All’origine dell’uso improprio, o se si preferisce esteso, del prefisso bio vi sono due particolari visioni che riguardano la produzione di cibo: l’agricoltura biologica e quella biodinamica. Ho usato il termine visioni perché, come vedremo, si tratta proprio di concezioni filosofiche e ideologiche che riguardano la coltivazione dei vegetali e l’allevamento degli animali. Esse infatti si basano su assunzioni a priori rispetto alla realtà, da cui si fa poi discendere tutta una serie di conseguenze.
Entrambe le visioni sono oggi piuttosto di moda, ma forse non tutti (anche tra coloro che le adottano come semplici consumatori) sanno con precisione in che cosa consistano, su quali princìpi si basino, se tali princìpi siano stati confermati dalla scienza e quali interessi ruotino intorno a esse.
Nelle pagine seguenti cercherò di fare un po’ di chiarezza, illustrando cosa siano realmente l’agricoltura biologica e quella biodinamica.
Fare chiarezza risulta estremamente importante perché, al di là delle scelte insindacabili dei singoli (che hanno pieno diritto di comportarsi anche in modo irrazionale purché non danneggino gli altri), da qualche tempo le due visioni bio dell’agricoltura sembrano godere delle simpatie di molti decisori politici e di personaggi che in qualche modo possono influenzare l’opinione pubblica.
Esponenti di entrambe le categorie propongono infatti il bio come soluzione dei problemi agroalimentari che l’umanità deve affrontare, promettendo sostenibilità ambientale, rispetto della natura, produttività, salubrità e qualità dei prodotti ottenuti.
Si tratta di tematiche delicatissime, da cui dipende la sopravvivenza stessa dell’intera popolazione mondiale. Perché, se è vero che non di solo pane vive l’uomo, senza cibo non si vive.
Dalle scelte agroalimentari che dobbiamo compiere oggi dipenderà in larga misura il nostro futuro. Esse richiedono, quindi, un uso della razionalità ai massimi livelli, senza concedere nulla all’emotività, alle mode o, peggio ancora, agli interessi di coloro che sfruttano queste ultime commercialmente.
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