Borghesia mafiosa
La 'ndrangheta dalle origini ai giorni nostri
con un intervento di Emilio Ledonne
La ’ndrangheta è oggi una delle più grandi e potenti organizzazioni criminali a livello nazionale e internazionale, il suo fatturato annuale supera 45 miliardi di euro. L’attività delle cosche calabresi è cresciuta a dismisura minando e impedendo ogni civile convivenza e qualsiasi crescita e sviluppo economico, politico, sociale.
- Collana: Strumenti / Scenari
- ISBN: 9788822053855
- Anno: 2010
- Mese: settembre
- Formato: 14 x 21 cm
- Pagine: 360
- Tag: Società Politica Borghesia Politica italiana Criminalità Mafia
La ’ndrangheta è oggi protagonista della vita quotidiana del paese. Con le sue ramificazioni, i suoi intrecci, le sue connivenze è salita in cattedra e ha imposto un’egemonia anche culturale. Molti libri sono stati scritti su questo devastante fenomeno, quasi sempre però ci si è limitati a descriverne fatti e aspetti caratterizzanti ma superficiali: non sono state studiate le ragioni profonde della straordinaria crescita economica dell’organizzazione criminale calabrese. Nel saggio sono analizzate le cause storiche, economiche, sociali e culturali della ’ndrangheta, dalla nascita fino ai nostri giorni, in particolar modo ci si è soffermati sulle origini e sui motivi della rapida diffusione a livello nazionale e internazionale. Particolare attenzione è stata riservata ad alcuni momenti nodali dell’attività delinquenziale, alla sua penetrazione nei gangli della società civile, tra la classe politica e dirigenziale del paese, al suo divenire moderna borghesia mafiosa. Le prospettive di lotta presenti e future, la necessità di un’autentica e indispensabile educazione alla legalità chiudono l’opera.
Introduzione - 1. Il problema delle origini. Il nome - 2. Codici, rituali, struttura, «tribunali» - 3. Il consolidamento. Musolino, il mito del «brigante galantuomo» - 4. ’Ndrangheta e fascismo. La Repubblica di Caulonia - 5. Da Serafino Castagna, il mostro di Presinaci, alla «nuova» ’ndrangheta - 6. Tra bestiali violenze, stragi di innocenti e sequestri di persona - 7. Da imprenditrice a multinazionale del crimine - 8. Tra pentiti, eversione e massoneria - 9. Le proiezioni internazionali della ’ndrangheta - 10. ’Ndrangheta: gli affari. La «zona grigia». L’azione di contrasto e il ruolo della società civile - Conclusione - APPENDICI - I. Consiglio Regionale della Calabria, Commissioni Parlamentari antimafia e ’ndrangheta - II. Consiglio Superiore della Magistratura. Relazioni annuali dei Procuratori Generali di Calabria e ’ndrangheta - III. ’Ndrangheta e politica - IV. Chiesa e ’ndrangheta - V. Tra consenso, esaltazione della ’ndrangheta, immaginario collettivo, mentalità e comportamenti mafiosi - Bibliografia
Negli ultimi anni la ’ndrangheta è stata oggetto di studio e di trattazione in decine, forse centinaia, di libri; migliaia di pagine sono state scritte e pubblicate; l’argomento si arricchisce quotidianamente di nuovi contributi.
Scrivere in un tale contesto un libro sulla ’ndrangheta con elementi di novità, con un percorso che non si risolva in elenchi di cosche, di processi, nella trattazione di pur importanti personaggi e avvenimenti, cercare di individuare le tappe più importanti e più significative della storia della ’ndrangheta dalle origini ai giorni nostri, contestualizzare e storicizzare il grave fenomeno, percorrerne una storia problematica è stato complesso e difficile. Affrontare la trattazione di alcuni aspetti non sempre adeguatamente studiati, i rapporti tra ’ndrangheta e istituzioni laiche e religiose, consenso, esaltazione, immaginario, mentalità e comportamenti mafiosi è stato altrettanto complesso e difficile.
Gli autori del presente saggio hanno voluto delineare un’essenziale, ma problematica e critica, storia della ’ndrangheta, ponendo l’accento su alcuni nodali fasi e su alcuni fondamentali aspetti.
Un filo rosso unisce i vari momenti dell’opera: la ’ndrangheta è stata ed è un fenomeno criminale che ha vissuto e vive di omicidi, violenza, prevaricazioni, sfruttamento, furti; non esiste né è mai esistita una onorata società buona, generosa, protettrice dei poveri e dei diseredati. La ’ndrangheta è sempre stata ed è un’associazione di criminali che mina e impedisce ogni civile convivenza e qualsiasi crescita e sviluppo economico, politico, sociale e culturale.
Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento l’organizzazione criminale organizzata calabrese, allora denominata picciotteria, si assesta e si consolida progressivamente, in particolar modo nel Reggino; lo confermano i numerosi processi celebrati nei Tribunali della città dello stretto, di Gerace e, soprattutto, di Palmi, contro bande di delinquenti accusati di associazione armata, abigeati, furti, furti con violenza, incendi, grassazioni, omicidi. Cosche proliferano e agiscono anche nel circondario di Monteleone.
Emergono attive associazioni e decisi capibastone, energica azione repressiva di uno Stato che, pur tuttavia, non riesce a sgominare bande agguerrite e ben organizzate, assenza di collaborazione da parte della popolazione con carabinieri e agenti di pubblica sicurezza nella lotta agli affiliati, assoluta omertà, protezione e aiuto per i delinquenti da parte di contadini e braccianti.
Nel panorama delinquenziale calabrese tra fine Ottocento e gli inizi del Novecento emerge prepotentemente la figura del bandito Giuseppe Musolino, il brigante «galantuomo», «il leggendario dominatore dell’Aspromonte», il delinquente rispettoso dei valori tradizionali, dei «codici d’onore», «il difensore dei poveri e degli oppressi», il protagonista di straordinarie azioni e sfide contro carabinieri e polizia.
Sta infatti progressivamente emergendo una nuova mafia composta da giovani, che sfida le forze dell’ordine. Il 12 ottobre 1969 due giovani dinamitardi, appartenenti alla malavita organizzata della Piana, lanciano una bomba rudimentale nel cortile del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Gioia Tauro.
È una ’ndrangheta che abbandona i caratteri agro-pastorali tradizionali; che gradualmente migliora anche la propria formazione culturale; che progressivamente e gradatamente esce dai propri angusti confini, anche territoriali; che accumula denaro e, conseguentemente, grandissimo potere; che acquisisce nuove basi sociali; che comincia a vestire nuovi abiti, in senso metaforico e in senso reale; che inizia ad agire tra i «colletti bianchi»; che mira sempre più in alto, che non è mai sazia di sangue e di potere economico; che, simile a magma, si insinua in tutti i luoghi di potere della società calabrese, italiana e, poco a poco, europea e internazionale; che è pervasiva e invasiva, autentico cancro che, con traffici di sigarette, droga, armi, uomini e rifiuti corrode e distrugge umanità, democrazia, valori umani, valori civili; che da antagonista del potere diventa progressivamente potere stesso, anche istituzionale; che soprattutto si distingue per straordinaria ferocia e violenza, una violenza che non conosce confini.
La ’ndrangheta – ma anche mafia, camorra e altre organizzazioni criminali organizzate percorrono lo stesso iter – diventa, secondo la felice espressione di Pino Arlacchi, «imprenditrice», diventa protagonista e attrice della società calabrese, e non solo, diventa gradualmente e gradatamente classe dirigente, classe egemone, cerca di darsi, e si dà, un volto di «progresso», di perbenismo, di legalità.
L’associazione criminale organizzata calabrese diventa progressivamente sempre più una potenza economica, conservando un apparato militare molto efficiente. La sua è una logica di accumulazione, di tipo capitalistico, che non conosce limiti, che non ha assolutamente rispetto dell’uomo, dei valori umani e morali più elementari.
La sua è una violenza sempre più bestiale, disumana; donne e bambini vengono coinvolti, senza alcun senso di umanità, nelle più turpi e truci «imprese», intrise di sangue e di ferocia, di disprezzo della vita; l’accumulo di ricchezza è il principale scopo da conseguirsi a qualunque prezzo.
La stagione dei pentiti calabresi inizia negli anni ’90.
I collaboratori di giustizia appartenenti a gruppi mafiosi calabresi ammontano nel primo semestre 2004 a 152, il numero più esiguo di pentiti della ’ndrangheta rispetto a quello delle altre associazioni mafiose è spiegato con il peso rilevante che nelle organizzazioni calabresi rivestono i legami familiari.
Estorsioni, usura e, negli anni più recenti, traffico internazionale degli stupefacenti, mercato impongono alla ’ndrangheta l’esigenza di assumere dimensioni tali da travalicare i confini nazionali, non solo creando proprie cellule in territorio estero (carattere internazionale della ’ndrangheta), ma costituendo, in varie parti del mondo, con organizzazioni similari straniere, veri e propri cartelli per la gestione comune dei grossi traffici di sostanze stupefacenti (carattere transnazionale).
E, come sempre è avvenuto, anche in questo specifico settore la ’ndrangheta si «copre di gloria», diventando leader mondiale del traffico di droga.
I dati diffusi dai competenti organismi evidenziano che, nell’anno 2007, su circa 250 tonnellate di stupefacenti trafficati in Europa, quasi la metà è stata gestita dalla ’ndrangheta.
L’operatività dei gruppi criminali calabresi sui mercati della droga di mezzo mondo ha conferito alla ’ndrangheta il necessario «prestigio» per essere considerata, nel panorama criminale internazionale, l’organizzazione più potente oggi esistente sul pianeta.
Quello della ’ndrangheta è uno dei più gravi problemi della Calabria – e non solo – contemporanea. Occorre, da parte di tutto lo Stato, ma anche di tutti i cittadini, una continua azione nella lotta alla criminalità organizzata, occorre rimuovere le cause socio-economiche, che consentono alla ’ndrangheta di prosperare. Occorre, soprattutto, una capace classe dirigente e politica di specchiata moralità, attenta e operante per il bene comune, nel rispetto dei valori e della dignità dell’uomo.
Occorre una riappropriazione e una valida difesa del valore e della centralità dell’uomo e della sacralità della vita umana.
Dovrebbero moltiplicarsi iniziative quali quella della cooperativa agricola «Valle del Marro-Libera Terra» della Piana di Gioia Tauro, alla quale sono stati assegnati 27 ettari di terreni agricoli confiscati alla ’ndrangheta. Già si stanno cogliendo – è da ribadire – i primi frutti, in special modo un considerevole impulso alla formazione delle coscienze.
È necessario non abbassare la guardia rispetto agli interessi imprenditoriali delle cosche, è necessario accertare la contiguità su cui le stesse possono contare nel settore della imprenditoria e delle professioni.
È necessario contrastare l’enorme accumulazione di ricchezza illecita e la forza di intimidazione che annulla qualsiasi tentativo di resistenza di coloro che vengono a contatto con le organizzazioni mafiose.
Occorre che l’investigazione segua le attività apparentemente legali degli appartenenti alle cosche e, soprattutto, quel mondo di professionisti, di amministratori e funzionari della pubblica amministrazione – la «zona grigia» – che favorisce la penetrazione dei delinquenti nelle strutture erogatrici di risorse pubbliche.
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