La scelta difficile
Come salvarsi dal progresso senza essere reazionari
prefazione di Pietro Barcellona
È davvero possibile realizzare una «società sostenibile»? Partendo dal suo personale percorso di allontanamento dalla sinistra radicale, Besset descrive il senso di lacerazione provocato dalla crisi dell'ideale progressista.
- Collana: Strumenti / Scenari
- ISBN: 9788822053695
- Anno: 2007
- Mese: aprile
- Formato: 14 x 21 cm
- Pagine: 320
- Tag: Sociologia Ecologia Ambiente
Il progresso ha realizzato meraviglie. Nello spazio di un secolo, gli abitanti del pianeta sono triplicati, le ricchezze prodotte sono state moltiplicate per venti, l'energia consumata è aumentata di trenta volte. Ma questo spettacolare exploit ha un rovescio della medaglia. Le risorse naturali si stanno esaurendo, alterando gli equilibri che regolano la vita. La crisi del sistema vivente coinvolge l'essere umano: per la prima volta nella storia, anche la nostra specie rischia l'estinzione. Non siamo capaci di rimpiazzare la natura, ma ci comportiamo come se potessimo farne a meno, chiamando questo atteggiamento progresso. Niente riesce a scalfire il consenso sull'ideologia progressista, che prevede un'incessante ed estenuante marcia in avanti, a colpi di crescita economica, innovazioni tecnologiche, urbanizzazione galoppante, mobilità senza freni e compulsione consumistica. La crescita infinita di beni e servizi, alla base dello sviluppo delle nostre società, non può proseguire, perché ci condurrebbe al disastro. Questa forma di progresso è incompatibile con la stabilità della biosfera ed è inaccessibile alla maggior parte della popolazione mondiale. L'umanità ha raggiunto il capolinea della strada intrapresa all'inizio della modernità. Se il nostro obiettivo è difendere la vita, dobbiamo scegliere senza esitazione la strada dell'evoluzione. Ma evolvere per andare dove? Non indietro, né in avanti, ma in una direzione diversa. Faremo in tempo?
Prefazione all'edizione italiana di Pietro Barcellona - Prefazione - Introduzione, L'uomo in un vicolo cieco - I. LA CRISI DEL REGNO VIVENTE - 1. Il più grande furto della storia - Sconvolgimento climatico - L'epurazione biologica - Il futuro dell'acqua - Messe amara - Inquinamento invisibile, malattie emergenti - 2. L'età della catastrofe - L'equilibrio infranto - Natura e cultura, pianeta e città - La razionalità del peggio - Cortina di fumo - 3. Urgenza umanitaria - I dannati della Terra - L'acceleratore demografico - Viva la crisi? - II. LA CRISI DELLA RAGIONE - 4. L'impostura della vita senza fine - Il trionfo dell'immobilismo - Sapere non significa credere - Una religione universale - Metafisica dell'escrescenza - Sviluppo insostenibile - Il Grande Balzo in avanti della Cina - 5. La trasgressione - I circoli della cospirazione - Per il meglio o per il peggio - La perdita del «senso comune» - Accoliti di destra, accoliti di sinistra - Limiti dell'anticapitalismo radicale - Il vettore del mercato - Età tecnologica - L'abuso eretto a sistema - 6. Illusioni, menzogne e truffe - Cecità colpevole - Furbastri e furbacchioni - Sviluppo sostenibile o crescita eterna? - L'inganno della «crescita dolce» - Tutta colpa del '68? - 7. Il mito della rivoluzione tecnologica - Deliri scientisti - In attesa del peak oil - La rivincita del carbone? - L'atomo piombato - La speranza idrogeno - Le energie rinnovabili: vietato sognare - Una rivoluzione culturale - III. LA CRISI DELL'UMANO - 8. L'uomo dominato - Il trionfo dell'alienazione - Complessità paralizzanti - Assillo pubblicitario - L'estremismo individualista - Depressione generalizzata - La globalizzazione contro l'universale - 9. Scacco all'eccesso - La realtà del mondo - Indebitamento infinito - K.O. sociale - A proposito della contro-produttività - L'internazionale della frustrazione - La tentazione reazionaria -10. Il paradiso artificiale - Artificiale al 100 per cento - La grande fiera tecnologica - Genetica: genio del bene o del male? - Un progetto transumano di convergenza delle nuove tecnologie - Conclusione - Uscite di sicurezza
Prefazione
Se un giorno mi capitasse di incontrare un doganiere celeste e, prima di farmi passare mi domandasse: «Cos'hai da dichiarare?», risponderei con tono esitante, abbassando lo sguardo: «Ehm...». Immaginiamo che il doganiere, malgrado il suo aspetto severo e lo strano alone intorno al capo, sia una brava persona, un gentile ometto barbuto che mi incoraggi a parlare dei momenti migliori della mia vita. «Raccontami della tua gioventù. Cosa hai fatto di bello?». «Mi sono sbagliato!», risponderei con decisione. «Ahi, ahi!», mi direbbe, aggrottando le sopracciglia, «spiegati meglio...». «La verità è che mi sono fidato di un tizio...». «E suppongo che non si trattasse di una persona molto raccomandabile?». «No, per niente». Il doganiere, guardandomi con disappunto, sospirerebbe un istante, per poi restare in silenzio. Ma dopo essersene fatto una ragione, mi domanderebbe: «E come si chiamava questo “tizio”?». «Il progresso. E tutto ciò che ne deriva». «Cosa intendi?». «Ho creduto a un mucchio di parole: l'uomo nuovo, il socialismo, l'età dell'oro, lo sviluppo, l'uguaglianza, la giustizia, il movimento, il cambiamento... tutte parole scottanti... Ma ho creduto soprattutto a una parola un po' pretenziosa da cui derivano tutte queste idee: la Rivoluzione. Sì, con la R maiuscola. Le parole che ho elencato esprimevano tutte lo stesso concetto». «E come si presentava quest'idea?». «Immediatamente, senza perdere tempo». «Non era questo che volevo dire...». «Ah, pardon!». «Voglio sapere di cosa si trattava». «Di colori, direi. Di colori caldi e abbaglianti, sui toni del rosso, con un tocco di nero per definire i contorni e ravvivare la scena. Sì, mi sono lasciato travolgere da un'ideologia affascinante e insolita, che ha alimentato le mie speranze e le mie convinzioni, spingendomi a compiere azioni avventate, dettate dall'entusiasmo e da una debordante generosità. Ne ho visti passare altri che nella vita si sono agitati in questo modo, abbagliati da idee in technicolor, convinti di poter salire fino al cielo. Ma credimi, una volta arrivati fin qui non sembravano più così fieri e superbi. Siete stati sciocchi a pretendere di cambiare il mondo. Come dicevate? La pattumiera della storia, i soviet più l'elettricità. Domandavate l'impossibile...». «Non dovremmo vergognarci per questo...». «Hai ragione, ma devi ammettere che avete preso una bella cantonata!». «Me ne rendo conto». Forse a questo punto oserei replicare: «Date le circostanze, tutto sommato non avevamo completamente torto...». «Facile a dirsi». «Forse, ma quando nei più remoti buchi del culo del mondo uomini e donne tenevano la bocca spalancata per la fame, soggiogati dalla miseria e dall'oppressione, quando i popoli si facevano massacrare nelle risaie, nelle pampas, nella savana, quando la gente era costretta a serrare i pugni per difendersi, cosa avreste fatto voi al nostro posto? Sareste rimasti comodamente seduti davanti alla televisione a canticchiare o a trangugiare pop-corn? Io e i miei amici eravamo sempre pronti a partecipare a manifestazioni, scioperi e rivolte, anche se non ci coinvolgevano direttamente. Ripensandoci ora, abbiamo vissuto in un'epoca strana. In quegli anni non riuscivamo a tollerare l'ingiustizia, lo sfruttamento e la sottomissione. Incredibile vero? Ci sentivamo pieni di energie. La gioventù trabocca di vita, per questo desidera cambiare il mondo. Come molti altri più coraggiosi di noi che ci avevano preceduto, anche noi eravamo convinti di possedere la chiave giusta. La chiamavamo rivoluzione, oppure socialismo...» […].