Quando gli Dei si divertivano
I miti classici non sono mai stati così spassosi
prefazione di Luciano Canfora
La mitologia come non l'abbiamo mai vista: tra ironia e rigore, in questo abile ritratto di Lindon, perfetto per grandi e piccoli, ci accorgeremo che gli Dei greci ci assomigliano più di quanto pensiamo.
- Collana: Nuova Biblioteca Dedalo
- ISBN: 9788822063434
- Anno: 2022
- Mese: aprile
- Formato: 14 x 21 cm
- Pagine: 304
- Tag: Mitologia
Se l’uomo è fatto a immagine divina, di certo gli Dei dell’Olimpo ci assomigliano parecchio: il sommo Giove è il tipico latin lover, Giunone la moglie tradita e vendicativa, Mercurio è il faccendiere arguto, Venere la “bella” per eccellenza. Per non parlare degli eroi: l’astuto Ulisse, il forte Ercole, il collerico Achille. Ognuno è qui dipinto con pregi (pochi) e difetti (molti).
Lindon ci regala un panorama allo stesso tempo erudito e irriverente, raccontando con ironia le imprese più appassionanti degli eroi classici e degli Immortali che per loro parteggiavano, aiutandoli o punendoli a seconda dei capricci momentanei.
16. La costruzione delle mura di Troia - 17. Nascita e infanzia di Paride - 18. Il giudizio di Paride - 19. Il ratto di Elena - 20. I preparativi per la guerra - 21. Il sacrificio di Ifigenia e l’arrivo a Troia - 22. Una strana guerra - 23. Seguito dei racconti di Nestore - 24. La collera di Achille - 25. I duelli - 26. Le imprese notturne di Diomede e Ulisse - 27. L’esercito greco sull’orlo della disfatta - 28. Il ritorno di Achille - 29. La tregua - 30. Il cavallo di Troia - PARTE QUARTA IL RITORNO DEGLI EROI - 31. Nestore, Diomede e Teucro - 32. Il ritorno di Menelao e di Elena - 33. Il ritorno di Agamennone - 34. Il ritorno di Pirro - 35. Le prime difficoltà di Ulisse - 36. Dall’isola di Eolo all’isola di Circe - 37. Ulisse tra gli Inferi - 38. Ulisse resta solo - 39. Calipso - 40. Altri racconti d’amore di Calipso - 41. Nausicaa - 42. Il ritorno di Ulisse a Itaca - 43. L’ultimo banchetto dei pretendenti - Indice dei nomi
1. Giove sale al potere
Poco più di tremila anni fa la Terra era popolata da una moltitudine di divinità che intervenivano continuamente nella vita degli uomini.
Per molti aspetti, gli Dei somigliavano a comuni esseri umani: erano orgogliosi, avidi, pigri, golosi, bugiardi, meschini, iracondi, gelosi, frivoli, capricciosi e violenti; a volte però riuscivano ad avere anche buoni sentimenti. Si sposavano, avevano dei figli, litigavano, sbagliavano, si vendicavano e si perdonavano, proprio come dei comuni mortali. Possedevano tuttavia due caratteristiche distintive: non invecchiavano e non morivano mai e per questo erano chiamati gli “Immortali”; tale particolarità derivava loro dal consumo regolare di due alimenti che solo gli Dei potevano reperire: il nettare, un liquore molto alcolico a base di erbe, e l’ambrosia, di cui non si conosce con esattezza la composizione e il gusto, ma che, secondo alcuni esperti, era simile al porridge ben zuccherato.
Potevano inoltre, quando lo desideravano, modificare il loro aspetto fisico e trasformarsi in uomo, donna, animale o in un qualunque oggetto. Di solito utilizzavano questa facoltà per trarre in inganno gli uomini e giocare loro brutti scherzi. Fortunatamente, esistevano tre modi per riconoscerli sotto false spoglie: non sudavano mai, neppure in ambienti particolarmente caldi; non battevano le palpebre, neppure guardando il Sole; il loro corpo non proiettava ombra e non si rifletteva, né allo specchio, né in acqua.
Data la loro importanza nella vita degli uomini, non è possibile raccontare le avventure degli eroi, senza prima dedicare alcuni capitoli alla storia degli Dei: pur essendo immortali, infatti, hanno una storia, e pure particolarmente movimentata.
I Titani e i Giganti
All’inizio del mondo, vi erano solo Cielo e Terra. Dalla loro unione, nacquero due potenti razze: i Titani e i Giganti.
I Titani, in tutto qualche decina, erano, secondo i Greci, “esseri di immensa grandezza e di forza prodigiosa”. I Giganti, anch’essi non più di alcune decine, erano, dal canto loro, “esseri di immensa grandezza e di forza prodigiosa”. Vi chiederete allora che differenza ci fosse fra Titani e Giganti. La domanda è stata rivolta a un esperto del settore, il dottor von Pruchtembuch, professore di mitologia comparata all’Università di Princeton, che ha fornito il seguente chiarimento: «La caratteristica essenziale dei Titani è una forza letteralmente gigantesca, mentre i Giganti si distinguono per la loro statura veramente titanica».
Al di là delle differenze fisiche, i Titani e i Giganti si distinguevano soprattutto per le loro qualità intellettuali: i primi erano intelligenti, mentre i secondi erano dei bruti. Ciò spiega la rapida sopraffazione dei Titani sui Giganti, i quali furono ridotti a uno stato di subordinazione simile alla schiavitù.
Saturno
Il capo della tribù dei Titani si chiamava Saturno e sua moglie era Cibele. Saturno, che grazie alla vittoria sui Giganti era divenuto dominatore del mondo, aveva un’indole pessimista, diffidente e crudele. Nel timore che un giorno uno dei suoi figli potesse impossessarsi del suo potere, decise di divorare appena nato ogni bambino che sua moglie avesse dato alla luce. Ne mangiò cinque, privando ogni volta la povera Cibele delle gioie legittime della maternità; sempre più frustrata, ella decise di salvare a ogni costo il suo sesto figlio: subito dopo la nascita, lo mise al riparo nell’isola di Creta, sul monte Ida, e offrì a suo marito, al posto del figlio, una pietra avvolta in fasce: la voracità di Saturno era tale che non si accorse di nulla.
L’ascesa di Giove
Il sesto figlio, salvato da Cibele, si chiamava Giove. Il bambino fu nutrito dalla capra Amaltea, che possedeva inesauribili mammelle e fu allevato da un allegro e vivace gruppo di ninfe e di fauni che, con le loro grida e le loro risa, ne coprivano i vagiti affinché Saturno non potesse udirli. Una volta divenuto adulto, Giove ricompensò la capra Amaltea trasformandola in una costellazione, non senza però averle prima tolto un corno, che donò alle ninfe del monte Ida. Il corno, che fu chiamato “corno dell’abbondanza”, aveva la proprietà miracolosa di produrre in gran quantità ciò che le ninfe amavano di più, ossia fiori, frutta, accessori di moda e gioielli.
Dopo aver così regolato i conti con coloro che lo avevano protetto, Giove si accinse a regolare i conti anche con suo padre. Dotato di profondo senso politico, di cui avrebbe dato in seguito numerose dimostrazioni, egli comprese che non avrebbe mai potuto vincere Saturno e impossessarsi del suo potere senza degli alleati, di cui si sarebbe eventualmente sbarazzato se si fossero rivelati troppo esigenti. Incitò quindi i Giganti a ribellarsi a Saturno e si avvalse anche dell’aiuto di uno dei Titani più importanti, Prometeo, il quale si distingueva dai suoi simili non solo per l’intelligenza superiore, ma anche per la sua profonda moralità. Come alcuni intellettuali dei nostri giorni, che firmano continuamente petizioni in difesa dei diritti dell’Uomo, Prometeo protestava di frequente contro gli abusi di potere e le crudeltà di Saturno, e fu per idealismo, non certo per ambizione personale, che promise il proprio sostegno a Giove.
A capo di questa coalizione, Giove colse di sorpresa Saturno e i Titani e li sconfisse; costrinse suo padre a vomitare i cinque bambini che aveva divorato e che, anche se può sembrare strano, non erano ancora stati digeriti; cacciò Saturno e lo esiliò in un lontano Paese, dove scomparve in modo misterioso e definitivo; si sbarazzò poi degli altri Titani, seppellendoli nelle viscere della Terra. Secondo i Greci, sono le loro convulsioni di rabbia e i loro rigurgiti di dolore che provocarono, nel corso dei secoli a venire, le eruzioni vulcaniche. Uno dei Titani, Atlante, che a causa della sua eccezionale forza fu particolarmente arduo seppellire, fu oggetto di una punizione speciale: fu condannato a portare per sempre sulle spalle la volta del Cielo.
I Giganti furono ricompensati per l’aiuto prestato a Giove con la libertà. Quanto a Prometeo, rifiutò nobilmente qualsiasi ricompensa personale, ma domandò e ottenne la grazia per suo fratello Epimeteo, che si era schierato con la parte avversa.
La rivolta dei Giganti
Giove si trasferì sulla più alta montagna della Grecia, l’Olimpo, in compagnia dei due fratelli e delle tre sorelle che aveva fatto vomitare a Saturno e che con lui costituirono la prima generazione di Dei dell’Olimpo: erano Nettuno, Plutone, Giunone, Cerere e Vesta.
I fratelli vivevano immersi nell’ozio e nell’indolenza, lasciando a Giove il compito di occuparsi di tutte le questioni del mondo che, a dire il vero, non erano particolarmente difficoltose, poiché la causa principale dei guai e delle preoccupazioni divine, l’umanità, non esisteva ancora; comunque, per un solo Dio, si trattava già di un’incombenza piuttosto gravosa. Non potendo vigilare su tutto, Giove non si accorse che i suoi ex alleati, i Giganti, insoddisfatti per lo scarso potere ottenuto, complottavano contro di lui e progettavano di cacciarlo dal trono.
Una notte decisero di passare all’azione, ma per affrontare Giove avrebbero dovuto prima scalare l’Olimpo, le cui pareti erano particolarmente scoscese. Staccarono allora enormi blocchi di pietra da due montagne limitrofe, il monte Pelio e l’Ossa, li impilarono e iniziarono l’arrampicata. Giove e i suoi fratelli, che la sera precedente avevano bevuto un po’ troppo nettare, erano profondamente addormentati e non udirono nulla, ma, per loro fortuna, un’aquila addomesticata da Giove, che viveva accanto a lui, vigilava dormendo con un occhio solo.
Nel momento in cui i primi aggressori giunsero alla vetta, l’aquila iniziò a battere freneticamente le ali e svegliò Giove, Nettuno e Plutone, che si lanciarono immediatamente nella lotta. La loro inferiorità numerica però era schiacciante e compresero presto che sarebbero stati sconfitti dai Giganti. Fu allora che Giove decise di impiegare per la prima volta un’arma segreta e devastatrice, la saetta. Come potesse disporne, non è dato sapere. Personalmente, ritengo fosse un’invenzione del saggio Prometeo, il quale però ebbe degli scrupoli e perciò fece promettere a Giove di non servirsene mai; ma nel pericolo estremo in cui Giove si trovava in quel momento, gli scrupoli e le promesse erano fuori luogo.
Mentre Nettuno e Plutone ripiegavano e i Giganti stavano per conquistare l’Olimpo, un lampo accecante, uscito dalla mano di Giove, squarciò l’atmosfera e polverizzò in un istante la roccia che fungeva da base all’impalcatura costruita dai Giganti. L’enorme masso si frantumò immediatamente, producendo un frastuono immenso e trascinando i Giganti nella caduta. Da quel giorno, durante i temporali, il lampo della saetta è sempre seguìto dal rumore del tuono, simile al crollo di una montagna.
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