Miti e falsi miti
Luoghi comuni, leggende, errori sui Greci e sui Romani
Una conoscenza di base del mondo classico è considerata ancora oggi il necessario fondamento di una formazione culturale rispettabile; ma siamo sicuri che fra le cose giuste che abbiamo imparato non si nasconda qualche inveterata "leggenda metropolitana", vecchio idolo dell'erudizione facilona? Il libro ne smaschera qualcuna, con rigore scientifico ma anche con leggerezza e ironia.
- Collana: Storia e civiltà
- ISBN: 9788822005557
- Anno: 2004
- Mese: ottobre
- Formato: 14,5 x 21,5 cm
- Pagine: 312
- Note: rilegato e illustrato
- Tag: Storia Mitologia Storia antica Grecia
L'Antichità greca e romana rappresenta un capitolo della nostra storia tanto a lungo insegnato e studiato che la sua conoscenza ha finito per ricoprirsi, un po' per tutti noi, di una crosta di idee inesatte o del tutto sbagliate, ripetute pigramente e con poca critica, entrate nella tradizione deteriore dell'insegnamento scolastico e nell'erudizione corrente e superficiale. Il libro ne fa una piccola rassegna, attraverso esempi di carattere e rilevanza diversi: da semplici inesattezze verbali a concezioni del costume e della cultura degli Antichi che per essere tradizionali non sono meno erronee. In tutti i casi, però, la "correzione" è solo il punto di partenza per un discorso in positivo che mira a far conoscere e capire meglio qualche aspetto della vita e della cultura antiche, o del nostro rapporto con esse. Non solo, insomma, una raccolta di "leggende metropolitane" sui Greci e sui Romani, ma qualcosa di più.
Prefazione - 1. «Eolo? Era il dio dei venti» - 2. «Circe, la maga del Circeo» - 3. «Nel mito di Atlantide ci dev'essere un fondo di verità» - 4. «Gli antichi non navigavano in mare aperto e temevano le Colonne d'Ercole» - 5. «La sfericità della terra fu dimostrata da Cristoforo Colombo» - 6. «L'antica Grecia era il paradiso dei gay» - 7. «Heinrich Schliemann riscoprì la Troia di Omero» - 8. «Gli eroi della tragedia greca lottavano contro il Fato» - 9. «I Greci d'oggi pronunciano il greco antico in modo strano»
Prefazione
Le 'leggende metropolitane' (come è stata resa in Italia la locuzione anglo-americana urban legends) sono un argomento che gode oggi di molto favore, interessa e diverte; il fatto di riconoscerle come tali e di smascherare come spiritosa (non sempre) invenzione ciò che altri continua convintamente a raccontare come verità, solletica quel tanto di saccenteria che è in ognuno di noi1. Di solito si chiamano così storie e storielle dei nostri giorni, come quella degli alligatori albini nelle fogne di New York o quella del ristorante che serviva con molto successo una specialità a base di cibo per cani, l'una falsa come l'altra. Ma il termine si può intendere anche in un senso più ampio di quello che gli danno gli studiosi di tradizioni popolari; si può prendere come designazione di idee mal fondate, aneddoti apocrifi, immagini deformate che hanno lungamente tenuto il campo e che continuano a circolare. Fra questi idoli dell'erudizione approssimativa ce ne sono di vecchi, immeritatamente fortunati, e relativi a fatti della storia vicina o remota. Quasi tutti ormai dovrebbero aver imparato che Galileo non pronunciò di certo, dopo la sua forzata ritrattazione, la troppo celebre frase non si sa se più comica o incauta: ‘Eppur si muove', o che Colombo non si sognò mai di esibirsi con un uovo in una trovata che oggi sarebbe accolta con fischi anche a una tavolata di giochi di società in famiglia2. Altre tradizioni non meno spurie continuano invece a vivere e a trovare diffusione, relative a singoli modesti episodi o a intere pagine di storia della cultura, di ben altra rilevanza. L'idea che ogni tanto valga la pena di mostrarne l'infondatezza e di mettere qualche puntino sulle i, non è nuova. Volendo, potremmo risalire alla seicentesca Pseudodoxia epidemica dell'inglese Thomas Browne, in genere citata più sbrigativamente come Vulgar errors. Correggeva una quantità di ‘false opinioni diffuse tra il volgo' e acquistò fama anche all'estero, tanto da essere citata come modello dal giovanissimo Leopardi nell'introduzione al suo saggio Sopra gli errori popolari degli Antichi, e da lui emulata con maniere da «ragazzo saccente» (Sapegno). In tempi più recenti c'è stato in Italia e altrove chi ha messo insieme corposi libri che smentiscono aneddoti storici di dimostrabile falsità, demoliscono leggende bianche e nere, o rettificano quello che il vasto pubblico crede di sapere su ogni genere di cose, dalla Bibbia alla dietetica3. Qui ci siamo rivolti al mondo classico, all'Antichità greca e romana, un grande capitolo di storia studiato e insegnato tanto a lungo, per tante generazioni e tanti secoli, che la sua conoscenza si è coperta, più o meno per tutti noi, di una specie di crosta di nozioni imprecise o del tutto erronee, sofisticate o grossolane, idées reçues che è difficile estirpare. La nostra rassegna ne esamina un piccolo numero di rilevanza e di carattere molto diversi: vanno da semplici inesattezze verbali a concezioni del costume o della cultura degli Antichi che per essere tradizionali non sono meno erronee, e che possono portare a fraintendimenti insidiosi. In tutti i casi, però, la ‘correzione' più o meno pedantesca, la pars destruens, è il punto di partenza per un discorso in positivo che vorrebbe far conoscere e capire meglio qualche aspetto della vita e della cultura antiche o del nostro rapporto con esse. Non solo, insomma, una raccolta e rettifica di ‘errori popolari sugli Antichi', di leggende metropolitane sui Greci e sui Romani, ma qualcosa di più. Un'avvertenza è necessaria. Questo libro si rivolge al lettore non specialista e si sforza di usare un linguaggio intelligibile, contro l'uso di molti odierni autori sull'Antichità (e fossero solo loro!) di scegliere, fra due modi possibili per dire la stessa cosa, sempre il più complicato o almeno il più lontano dalla lingua comune, dall'uso italiano quale si è formato nella sua storia e quale ha servito benissimo a secoli di prosa scientifica, dalla fisica e biologia di Galileo e dei galileiani alla filologia di Giorgio Pasquali e Concetto Marchesi. Il libro non rinuncia però a un completo apparato di note, zeppo di rimandi agli autori antichi e alla relativa obbligata bibliografia moderna, internazionale e poliglotta. Questo un po' nella speranza, cui non vogliamo del tutto rinunciare, che qualcosa in esso possa servire anche allo specialista, e un po' per un'inveterata abitudine o deformazione professionale che dopo una vita di studioso diventa seconda natura. A chi ha sempre scrupolosamente corredato delle debite note ogni suo scritto, spogliarsene può causare un disagio simile a quello di chi uscisse in pubblico non decorosamente vestito, o non vestito affatto. E se a qualcuno il nostro apparato di note sembrerà una zavorra, gli ricorderemo che la zavorra serve a dare stabilità e sicurezza alle navi. Il tipo di lettore cui abbiamo soprattutto pensato, di rado andrà a guardarvi, ma neppure deve farsene spaventare4. L'Antichità classica è oggi ancora presente e vicina, nelle idee giuste o sbagliate che abbiamo per la mente, in tanta parte del nostro immaginario e perfino nelle espressioni verbali che incontriamo ogni giorno. A modo nostro, un modo un po' diverso dal solito, abbiamo voluto mostrarlo ancora una volta, confidando che ciò si possa fare senza annoiare troppo.
1 La relativa bibliografia, in parte seriamente scientifica, è ormai enorme, anche se in Italia meno diffusa che altrove.
2 Per il carattere sicuramente apocrifo del detto di Galileo basti rimandare al classico Chi l'ha detto? di Giuseppe Fumagalli, Milano 1968 (10ª ediz.), pp. 88 sgg.; sull'‘uovo di Colombo', aneddoto di origine orientale già attribuito a Filippo Brunelleschi (!), informa Georg Buchmann nei suoi Geflügelte Worte, vol. II pp. 618 sgg. dell'ediz. DTV 1967. Ma già Girolamo Benzoni, nella sua Historia del Mondo Nuovo, Venezia 1565, carta 12 sgg., riferiva di aver sentito con le sue orecchie raccontare l'aneddoto in Spagna, ma sapeva che esso era più vecchio di Colombo.
3 «Nessuno ha deriso Colombo», annunciò provocatoriamente Gerhard Prause col suo fortunato libro Niemand hat Kolumbus ausgelacht. Fälschungen und Legenden der Geschichte richtiggestellt, Frankfurt (M.) 1966 (poi altre edizioni). In Italia hanno avuto buona accoglienza Roberto Beretta ed Eelisabetta Broli con Gli undici comandamenti. Equivoci, bugie e luoghi comuni sulla Bibbia e dintorni, Casale Monferrato 2002.
4 Inutile dire che a beneficio di questo lettore le parole greche sono sempre traslitterate, secondo le norme più ovvie e intuitive. Nel farlo abbiamo largheggiato con gli accenti segnati, come sarebbe augurabile si facesse più spesso, e non solo col greco. All'avarizia di molti autori nel segnare la corretta accentazione si devono molte forme erronee (di nuovo, non solo greche) che circolano nel nostro e in altri paesi: particolarmente attuale mentre scriviamo è Íslam invece di Islám. Se ci si abituerà ad accollarsi più spesso la piccola fatica di segnare gli accenti eviteremo di dover scrivere un altro libro di ‘correzioni agli errori (fonetici) del volgo'. Per ora questo basta o è d'avanzo.
01 giugno 2012 | Focus Storia |