Il consociativismo infinito
Dal centro-sinistra al Partito Democratico
Un paese sfiduciato, privato della sua dignità civile e politica, schiacciato da un inesorabile sentimento di precarietà e di sconfitta, dove la strada dell’alternanza rimane tutta da percorrere. Un libro controcorrente, lontano dai moderatismi e dalle ipocrisie.
- Collana: Nuova Biblioteca Dedalo
- ISBN: 9788822063182
- Anno: 2011
- Mese: ottobre
- Formato: 14 x 21 cm
- Pagine: 304
- Tag: Società Politica Politica italiana Sinistra
Perché l’Italia non riesce a liberarsi dal sentimento di precarietà e di sconfitta, causato dall’avvilente regressione culturale e morale nota come «berlusconismo»? Perché il suo sistema politico non conosce ancora una vera lotta per l’alternanza? La risposta ad entrambi gli interrogativi è da ricercare in quel male antico che è il consociativismo, fenomeno che, con i suoi risvolti trasformistici, risale ai primi anni dell’Unità e, per l’ultimo cinquantennio, è qui raccontato attraverso gli eventi di cui protagonisti sono stati i soggetti politici che lo hanno provocato: dalla Dc di Moro e dal Pci di Berlinguer, fino al Pd di D’Alema e Veltroni. Il Pd, in realtà, ha proseguito gli inganni e gli incantesimi di tale processo, anziché interromperlo. Un libro scevro da ogni moderatismo e ipocrisia, una lettura impegnata ma al contempo vivace e provocatoria anche per i numerosi riferimenti ai maggiori leader del Paese.
Introduzione - 1. Categorie analitiche - Consociativismo - Centrismo - Opposizione - 2. Il consociativismo moroteo - Società e Stato - Pluralismo e Democrazia - 3. Moroteismo e dossettismo - Radici dossettiane del consociativismo - Fanfani e Moro eredi del consociativismo dossettiano - L’alternanza morotea come inestricabile intreccio di interpretazioni - 4. Dal centro-sinistra al pentapartito - Centrismo democristiano: tra cattolicesimo d’ordine e liberalismo - Alla ricerca di un nuovo equilibrio centrista: il centro-sinistra - Incontro col Pci - Il compromesso storico - Il pentapartito, ovvero il consociativismo mascherato da antagonismo - 5. Caduta del muro di Berlino e nuova ondata consociativa - La restrizione della sfera pubblica - Ondata neoconsociativa in Italia - Galassia postdemocristiana e neocentrismo - Il velleitario progetto di un nuovo ressemblement cattolico - Neoconsociativismo e berlusconismo - Neoconsociativismo e postberlusconismo: Tremonti, Fini, Terzo Polo - 6. Consociativismo e Partito Democratico - Moroteismo e ulivismo - Gestazione del Partito Democratico - Maturazione identitaria del Partito Democratico: a) il centrismo - Maturazione identitaria del Partito Democratico: b) il consociativismo - Il bipolarismo consociativo della Seconda Repubblica - Indice dei nomi
In Italia il quadro critico presenta caratteri particolarmente preoccupanti. Alla guida, anzitutto, del suo sistema democratico c’è un ceto politico che, nel suo insieme, appare in taluni momenti opaco, in tal’altri sbiadito, sempre comunque mediocre e affannato. Un ceto identificante una classe di potere che, per gli schieramenti di sinistra, essendo venuto meno ogni impegno di lotta e d’azione di massa, appare per lo più come il frutto delle burocrazie dei partiti e dei sindacati, e per le formazioni di destra, essendosi consumata una loro emancipazione da ogni meccanismo di rappresentanza politica, si offre come una moltitudine di piazzisti nei settori più svariati dell’imprenditoria, del commercio, delle libere professioni, connotati da forti spinte privatistiche. Una classe che, composta per lo più da una serie di personaggi, esponenti di clientele che hanno radicato le loro fortune in tempi e in regimi diversi dall’attuale, non intende rinunciare alle sue rendite di posizione e perciò finisce col costituirsi in una oligarchia chiusa ad ogni possibilità di ricambio e sostanzialmente penetrabile solo per cooptazione.
[…]
Noi rispondiamo che la situazione italiana attuale e il suo divenire, pur presentando i caratteri di una disarticolazione strutturale prima mai conosciuta, rimangono invece, sia in sede di società civile che di sistema politico, in una linea di continuità storica col passato.
E aggiungiamo che il loro recupero ai paradigmi della democrazia occidentale è possibile alle condizioni che a) il lavoro di ricostruzione venga preceduto da una riflessione sui fattori che hanno causato l’attuale smarrimento; b) tale riflessione venga estesa a un adeguato retroterra temporale, nella consapevolezza che le radici del presente non possono essere colte nella loro interezza se non si sconfigge la damnatio memoriae, sempre in agguato e pronta, specie nelle indagini politologiche, ad annullare o almeno accorciare la retrospettiva; c) si diano per scontate le inquietanti défaillances che s’accompagnano all’odierna democrazia realizzata. Precisando, infine, che il nostro lavoro s’arresta sulla soglia diagnostica, in quanto rinuncia all’ambizione di indicare vere e proprie terapie.
Seguendo questa linea di analisi, e prendendo avvio dai primi anni ’60, per esigenze di semplificazione, ma al contempo di unità e organicità di procedimento, raccogliamo le cause in questione attorno a un fenomeno che con un termine ricavato dalla ricerca politologica di Arend Lijphart denominiamo consociativismo o consensualismo.
Con esso vediamo costantemente venire alla ribalta e coniugarsi un altro fenomeno: il centrismo, come se il primo non possa esistere senza il secondo, essendo alla fine ambedue antiche categorie politiche del trasformismo.
Le due variabili, insomma, si presentano a noi quali incarnazioni storiche di quel vizio di fondo della politica italiana che, nato nei primi decenni dello Stato liberale con il connubio di Cavour e i governi contrattati in parlamento dopo le elezioni da Depretis e Giolitti, si travasa nei movimenti di massa di fine Ottocento-inizi Novecento, senza risparmiare il movimento cattolico, che pure in origine professa un sincero antigiolittismo. L’eredità di tale vizio – stigmatizzato dagli studiosi come «trasformismo» –, seguendo un continuum che non subisce interruzioni, oltre che al Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (1892), si trasferisce anche al Partito Popolare Italiano (1919), per poi transitare nel fascismo, nonostante i suoi formali dinieghi, e trovare, infine, il suo approdo nella Democrazia Cristiana e nelle forze politiche che ne erediteranno il lascito dopo la sua scomparsa.
La Dc, ancorché formalmente ne dichiari il radicale rigetto e ne rivendichi la totale discontinuità, viene di fatto a svolgere il ruolo storico di garante della continuità non tanto con lo Stato liberale, quanto con l’intreccio tra Stato liberale depauperato e Stato fascista.
Parlo della Dc non solo di De Gasperi, ma anche di Dossetti e dei dossettiani Fanfani e Moro. Essa si definisce sin dalla nascita come un partito che, in quanto mira alla coesione delle varie forze sociali, alla loro organizzazione armonicistica, si colloca al centro e sposta il suo asse a destra o a sinistra, a seconda delle esigenze di equilibrio manifestate dalla società e dagli eventi. Di conseguenza, le dinamiche che inquadrano il succedersi al governo delle più svariate coalizioni a guida democristiana vanno sempre ricondotte alle due categorie trasformistiche sopra richiamate, in particolare, al consociativismo: questo emerge senza ombre o equivoci, palesando radici sì antiche da porsi in definitiva come l’ideologia italiana per eccellenza.
Per le tare evocate non v’è altra terapia che quella derivante da un bipolarismo funzionante, ancorché rispettoso delle istanze pluraliste di una società complessa com’è la nostra, da un’opposizione sottratta ad ogni tentazione collaborazionista, ossia, radicalmente avversariale e da un’alternanza vera. Se infatti è indubbio che queste tre condizioni non esauriscono il discorso democratico, è altresì innegabile che essi lo razionalizzano, lo ordinano, gli conferiscono una logica di crescita che, inerendo alle sue radici, ne stimola la dinamica verso l’adeguamento pieno dei suoi fini.