Elogio dell'ateismo
prefazione di Margherita Hack
Può la ragione – strumento principe che ci differenzia dal mondo animale e vegetale – rinunciare alla sua funzione essenziale per credere all’esistenza di un’Entità Superiore, dal comportamento incomprensibile e contraddittorio? Un’approfondita e minuziosa ricerca sui motivi che inducono un essere pensante a votarsi al razionalismo ateo.
- Collana: Nuova Biblioteca Dedalo
- ISBN: 9788822063069
- Anno: 2009
- Mese: aprile
- Formato: 14 x 21 cm
- Pagine: 240
- Tag: Filosofia Religione Ateismo
Qualunque ingegnere, pur di non eccelsa caratura, si accorgesse, fin dal giorno del collaudo, d’aver sbagliato la progettazione di una macchina, provvederebbe ipso facto ad accantonarla per dar vita a un modello diverso, più rispondente alle esigenze di corretto funzionamento, ovvero alle sue ambiziose aspettative. L’Ingegnere Supremo, invece, pur constatando i difetti strutturali del «prototipo uomo» da Lui creato, lo ha – per così dire – messo egualmente in produzione. È stato più volte sul punto di «toglierlo dal mercato» a causa del disastroso esito, ma altrettante volte non s’è arreso all’evidenza e ci ha ripensato, ostinandosi a diffonderlo sull’intero pianeta. Con un’aggravante essenziale, tuttavia: al contrario dell’ingegnere qualunque, quello Supremo sapeva, in forte anticipo persino sul primo abbozzo al tecnigrafo (i computer non c’erano ancora a quel tempo), che ne sarebbe scaturito un prodotto fallimentare. Il libro esamina in stile colloquiale, con linguaggio chiaro ed efficace, il difficile rapporto dell’autore con il trascendente; una conflittualità che lo conduce su posizioni di dichiarato scetticismo in materia religiosa. Senza voler banalizzare un fenomeno filosofico e sociale che avvince l’umanità sin dai primordi, questa lunga, appassionata disamina analizza i delicati percorsi che possono spingere l’individuo pensante a votarsi al razionalismo ateo.
Prefazione di Margherita Hack - 1. Intendimenti - 2. Una base da cui muoversi - 3. Il ringhioso curato e l’amabile cappellano - 4. La «superiorità» della fede - 5. Il perché del non credere - 6. Un bambino sfortunato - 7. Un percorso irto di spine: la teologia e la pratica quotidiana - 8. Il diritto di sapere, o del libero arbitrio - 9. La «non esistenza» di Dio è impossibile? - 10. L’«accidente» uomo - 11. La natura dell’anima - 12. La morte - 13. Bellezza e armonia della natura: un equivoco filosofico - 14. Il silenzio di Dio - 15. Miracoli, prodigi, visioni - 16. Gesù Cristo - 17. I doni di Dio - 18. A sua immagine e somiglianza - 19. I nostri rapporti con Dio - 20. La preghiera - 21. La resurrezione della carne - 22. Creazionismo, evoluzionismo, il «disegno intelligente» - 23. Fasti e nefasti delle religioni - 24. Curiosità complementari - 25. Il senso della vita per un ateo
Prefazione
di Margherita Hack
Questo saggio di Nando Tonon espone, con impostazione spesso colloquiale e comprensibile a chiunque, le varie ragioni per cui l’idea di Dio, dell’Aldilà, degli angeli e dei diavoli non è accettabile da chi si dia la pena di ragionare. Naturalmente esistono varie idee di Dio. Fondamentale la distinzione che l’autore fa nel primo capitolo: c’è il Dio che ha creato il mondo per l’uomo, che si interessa alle sue opere buone e cattive, che lo premierà o lo punirà dopo la morte. A questo Dio la maggioranza degli esseri umani si rivolge per avere conforto, sostegno, aiuto, convinta che nella sua onnipotenza egli possa interessarsi di ciascuno di noi. È il Dio padre con la barba, seduto in trono e circondato dagli angeli, che ha ispirato generazioni di artisti nei secoli passati. È divenuto in seguito qualcosa di più etereo, puro spirito non raffigurabile in sembianze umane, ma pur sempre qualcuno che noi, fatti «a sua immagine e somiglianza», possiamo interpretare della stessa natura dell’anima, quella cosa misteriosa che nessuno sa esattamente cosa sia, che alcuni suppongono dentro il nostro corpo, pronta a volarsene via al momento della morte fisica. L’altra idea di Dio, quella preferita da molti scienziati e filosofi – l’autore cita tra i tanti Einstein e Spinoza – lo stima il creatore dell’Universo e delle leggi che lo governano: un’entità, però, completamente indifferente alle sue creature. Allora tale entità potrebbe venire intesa come pura energia che, trasformandosi in materia, ha dato origine a tutto ciò che esiste. In questo senso si potrebbe riguardare anche la fantomatica «particella di Dio», il bosone di Higgs, che la teoria delle particelle prevede esista e si collochi all’origine di tutte le altre.
Dichiararsi ateo, una volta destava stupore e riprovazione. I «senza Dio» solo per ciò venivano giudicati senza morale, senza etica: e ancora oggi c’è chi si domanda se un ateo abbia coscienza del bene e del male. Ebbene, io credo che l’etica dell’ateo si dimostri spesso superiore a quella di tanti credenti che si
comportano bene con la mira di andare in paradiso, che non peccano e si confessano soltanto per paura dell’inferno. L’etica dell’ateo in fondo è tutta racchiusa nelle parole di Cristo, non Dio o figlio di Dio, ma grande personalità, precursore dei suoi tempi: «Ama il prossimo tuo come te stesso», «Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te». Anche ai nostri giorni, però, v’è in giro chi si meraviglia e domanda perché non crediamo in Dio. E molti atei preferiscono dichiararsi «non credenti» in omaggio, come osserva l’autore, al linguaggio edulcorante di oggi, per cui un cieco diventa un «non vedente», uno spazzino un «operatore ecologico» e un handicappato un «diversamente abile». E io propongo di chiamare i morti «diversamente vivi».
Negli agili capitoli in cui è scandito il libro, Tonon espone le più evidenti incongruenze della religione. Per esempio la questione del cosiddetto «peccato originale», l’assurdo di un Dio che, conoscendo già tutto quello che avverrà, crea degli esseri che si macchieranno di orribili colpe e, nonostante ciò, li crea lo stesso: tu, Dio, sai che sarò dannato in eterno eppure mi crei lo stesso. Non sei un Dio misericordioso, ma, al contrario, crudele. Di fronte a questo e molti altri argomenti di altrettanta rilevanza viene fornita l’unica risposta, irrazionale, sempre la medesima: noi non possiamo capire i disegni di Dio, Dio non si può comprendere con la ragione, ma si accetta solo con la fede.
L’argomento più spesso usato è quello della bellezza e complessità del creato, dalla semplice foglia alle più straordinarie opere dell’umano ingegno. Come possono spiegarsi senza la presenza di un creatore? L’autore offre la sua interpretazione e più in là si chiede: «Se, come ci assicurano, è prevista la vita eterna, perché deve esserci la morte?». Un Dio che può tutto potrebbe benissimo abolirla. Se la vita terrena non è che una parentesi effimera, a cosa e a chi serve? Ebbene, la risposta come sempre è che noi non possediamo i mezzi per penetrare «i disegni di Dio». E ancora: se Dio è onnipotente e misericordioso, perché lascia morire fra gli spasimi tante sue creature che debbono sopportare tale sorte giacché la vita è un dono che non possiamo rifiutare? Tonon passa scrupolosamente in rassegna i tanti fatti che secondo la Chiesa costituirebbero la prova inconfutabile dell’esistenza di Dio e mostra come sia facile evidenziarne l’inconsistenza. In quanto a Gesù, figlio di Dio, morto e risorto, sia i quattro Vangeli canonici che i numerosi Vangeli apocrifi presentano numerose contraddizioni. Resta il fatto concreto che Gesù appare come una figura di grande predicatore, i suoi princìpi – ben avanti sui tempi – di amore e fratellanza, soprattutto verso i più umili, ne fanno un precursore degli ideali socialisti del XIX secolo. Come sottolinea l’autore, egli è «un idealista meraviglioso, capace di affascinare genti e popoli, ma non – purtroppo – di capovolgere le pulsioni ataviche della nostra natura di “membri del branco”».
Tutta la storia della creazione, di Adamo ed Eva nata dalla sua costola, del frutto proibito della conoscenza, è chiaramente una favola che tenta di spiegare il mondo e la vita rifacendosi al mondo e ai costumi dell’epoca in cui la Bibbia è stata scritta. Eva, la donna, è la maggior peccatrice, che induce alla trasgressione anche il suo compagno Adamo per voler assaggiare il frutto della conoscenza. Dio, dunque, vuole che le sue creature restino ignoranti, ripongano fede in lui senza porsi domande. In chiave moderna si può scorgere, invece, in Eva il simbolo della specie umana, caratterizzata dalla sua curiosità di conoscere, di indagare i segreti della natura, di usare la ragione, ciò che ne ha fatto la specie in grado di capire la natura delle stelle, la struttura dell’Universo, l’origine della vita e della sua evoluzione. Proprio oggi che la scienza ha compiuto straordinari progressi verso la comprensione dell’Universo e delle leggi che lo regolano, che scopriamo tante evidenze sperimentali della comune origine di tutte le specie viventi sulla Terra, si prova a contrapporre alla teoria darwiniana un evoluzionismo condito di «disegno intelligente», cercando di spacciarlo per una teoria scientifica a pieno titolo, come lo è la prima. Allora siamo indotti a dire con chiarezza che la razionalità deve rimanere costantemente vigile, il suo contrario non è mai sconfitto in modo definitivo: siamo nel XXI secolo eppure si sente di nuovo in giro odore di Medioevo.
I capitoli conclusivi di questo Elogio dell’ateismo esplorano in modo puntuale fasti e nefasti delle religioni, come le tante guerre che hanno insanguinato popoli credenti in aspetti di Dio diversi tra loro. Si soffermano poi su alcuni fatti recenti, come, ad esempio, la decisione di Benedetto XVI di cancellare, nel 2007, il limbo, quel fantomatico luogo in cui finirebbero gli innocenti neonati morti prima di essere stati battezzati. Ma se il limbo, l’inferno, il purgatorio, il paradiso, li ha stabiliti Dio come sedi per la nostra vita eterna post mortem, come può un Papa prendersi l’arbitrio di abolire uno di questi luoghi? Le ultime pagine rispondono a una domanda che spesso pongono i giornalisti e gente della strada a noi atei: qual è il senso della vita per un ateo? Risponde Tonon: ma la vita deve per forza avere un senso? Tutti i viventi, animali e vegetali, sono, dapprima, il risultato di casuali incontri di atomi, molecole, cellule, e successivamente il prodotto di un lungo processo evolutivo che dalle forme più elementari è giunto fino ai mammiferi e, fra questi, alla specie umana. Allora il fine della vita per un ateo può essere quello di utilizzare le proprie capacità razionali, frutto di quattro miliardi di anni di evoluzione, per avanzare ancora sulla affascinante strada del sapere, del rispetto dell’altro, per aggiungere una sia pur piccola pietruzza all’edificio della conoscenza. La morte per un ateo è la fine di un episodio: non esistevo prima della nascita, non esisterò più dopo la morte. Resterà di me quella galassia di atomi e molecole che costituivano il mio corpo e che serviranno, libere sulla Terra, a partecipare, magari, alla formazione di altri organismi. Perciò la paura della morte non ha senso. Si può comprendere, invece, il dispiacere della morte, se la nostra vita è stata degna di essere vissuta, se anche nelle avversità ha prevalso l’istintivo senso di sopravvivenza proprio di ogni animale.
01 ottobre 2010 | Non credo |
11 aprile 2010 | La Stampa |
05 giugno 2009 | www.nybramedia.it |
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