Che ora fai?
Vita quotidiana, cronotipi e jet lag sociale
revisione di Giovanni Giri
opera finalista Premio Letterario per la Divulgazione Scientifica Galileo 2016
Alla scoperta dell’orologio biologico e dei ritmi che regolano la nostra vita.
- Collana: ScienzaFACILE
- ISBN: 9788822068590
- Anno: 2015
- Mese: maggio
- Formato: 14 x 21 cm
- Pagine: 264
- Note: illustrato
- Tag: Scienza Biologia Benessere
Sei un “gufo” o una “allodola”? Al suono della sveglia mattutina, arranchi svogliatamente giù dal letto e rimani per un po’ in uno stato di semincoscienza, senza proferir parola, per poi trascinarti fuori di casa in perenne ritardo? Oppure sei iperattivo fin dal risveglio, mentre la sera crolli ben prima degli altri?
Coniugando aneddoti illustrativi a spiegazioni scientifiche facilmente accessibili, il cronobiologo tedesco Till Roenneberg dimostra che essere più o meno mattinieri non dipende dalle abitudini, bensì dal funzionamento del nostro “orologio biologico”. Il suo ritmo condiziona non solo la quantità e la qualità del nostro sonno, la digestione e la regolazione dei livelli ormonali, ma anche la probabilità di cominciare o meno a fumare, il rischio di obesità e la tendenza ad ammalarsi più facilmente.
Comprendere il funzionamento del nostro orologio biologico e adattare quanto più possibile il nostro stile di vita al ritmo che esso scandisce sono le giuste premesse per vivere in salute.
Introduzione - 1.Pianeti diversi - 2.Gufi e allodole - 3.Contando le pecore - 4.Un astronomo sui generis - 5.I giorni perduti - 6.Il turno di notte - 7.Il criceto velocista - 8.In palestra all’alba - 9.La proteina sfuggente - 10.Ecologia temporale - 11.Gli occhi della notte - 12.La fine dell’adolescenza - 13.Tempo sprecato! - 14.Su un altro pianeta - 15.Jet lage sincronizzazione degli organi - 16.La “forbice del sonno” - 17.Socialisti mattutini, capitalisti serotini - 18.Il crepuscolo perpetuo - 19.Francoforte-Marocco, andata e ritorno - 20.Luci nella notte - 21.I tempi di una coppia - 22. Un orologio per tutte le stagioni - 23.Selezione... professionale - 24.Il collo di bottiglia notturno - Note - Indice analitico
Introduzione
Questo libro parla di orologi. Non di quelli che acquistiamo, indossiamo o appendiamo al muro, bensì di quegli orologi interni che regolano i tempi del nostro organismo. L’orologio biologico non è un’invenzione recente nel lungo percorso dell’evoluzione.
Condividiamo la capacità di sincronizzare tempo interno e tempo sociale con praticamente tutti gli esseri viventi, a partire dai mammiferi fino agli organismi unicellulari. Ciò significa che l’orologio biologico riveste un’importanza cruciale ai fini della conservazione della vita sul nostro pianeta. L’assenza o l’inosservanza dei ritmi dettati dall’orologio interno comporterebbe l’estinzione della maggior parte degli animali della Terra, che finirebbe vittima dei predatori o della fame. Come vedremo, scegliendo di ignorare l’orologio biologico, anche noi mettiamo a repentaglio la nostra salute e il nostro benessere. Nella società moderna, non siamo quasi mai sincronizzati con il nostro orologio interno. Viaggiamo attraversando in tempi rapidi parecchi fusi orari, oppure siamo costretti a un lavoro a turni (come circa il 20% della popolazione attiva dei Paesi industrializzati). Se vi è capitato di soffrire il jet lag, sapete quanto siano fastidiosi i disturbi causati dalla mancata sincronizzazione dell’orologio biologico con il tempo sociale. Ma anche se non siete turnisti e non vi spostate in aereo da un fuso orario all’altro, potreste soffrire cronicamente di un altro tipo di jet lag che potremmo definire jet lag sociale.
È inevitabile che un libro sugli orologi affronti anche il concetto di tempo, sebbene quello scandito dall’orologio biologico non sempre coincida con il tempo sociale che governa la nostra vita quotidiana e che ci permette di essere puntuali se dobbiamo andare al lavoro, partire, presentarci a un appuntamento o riuscire a seguire il notiziario della sera. Gli esseri umani vivono in base al tempo sociale, che nell’Ottocento veniva stabilito in base alla posizione del sole: il mezzogiorno corrispondeva al momento in cui il sole raggiungeva lo zenit. Questa convenzione, tanto sensata quanto antica, cominciò a traballare con la nascita della ferrovia: grazie ai treni, le persone potevano percorrere lunghe distanze nell’arco di poche ore, rendendo l’utilizzo del ciclo solare poco pratico, dal momento che i passeggeri avrebbero dovuto regolare gli orologi a ogni stazione.
Tutti i Paesi adottarono quindi, nel 1884, un sistema universale, suddividendo il mondo in ventiquattro zone e stabilendo come meridiano di riferimento quello che passa per l’osservatorio di Greenwich, nei pressi di Londra. In teoria, per scandire il tempo sociale potremmo adottare qualunque sistema di riferimento, a condizione che venga condiviso da tutti. L’intera Cina, per esempio, è inclusa in un unico fuso orario basato sull’ora di Pechino. Questo libro illustra l’interazione tra i diversi sistemi di tempo: il ciclo solare, il tempo sociale e il tempo interno di ciascun individuo.
Il tempo interno è quello scandito dall’orologio biologico. Esso varia da individuo a individuo proprio come l’altezza, il colore degli occhi o il carattere, e interagisce tanto con il ciclo luce-buio dettato dal sole tanto con il tempo sociale. Nonostante quello interno sia il ritmo più importante per la nostra salute e il nostro benessere (ancora più essenziale del ciclo luce-buio e senza dubbio più rilevante del tempo sociale), esso viene del tutto trascurato. Durante la giornata, rimaniamo svegli per circa sedici ore finché il nostro controllo di movimenti, pensieri e desideri non sfocia in quello stato d’incoscienza che chiamiamo sonno. Tali cambiamenti quotidiani sono talmente evidenti che i meccanismi biologici soggiacenti sono rimasti inesplorati per secoli. In base al calare e al sorgere del sole, gli animali dormono e si svegliano, le piante chiudono e aprono i loro fiori, il plancton scende o sale lungo le colonne d’acqua. Tutti questi ritmi vengono controllati da un orologio biologico che scandisce le ventiquattro ore del giorno terrestre.
L’alternanza sonno-veglia non è soltanto il passaggio tra due condizioni della nostra esistenza diverse come le due facce di una moneta. Essa riflette piuttosto continue modificazioni nelle funzioni fisiologiche, che implicano non solo l’attivazione o la disattivazione di determinati geni, ma anche variazioni nel livello di ormoni e di trasmettitori chimici presente nei tessuti.
Da anni mi occupo dei meccanismi che regolano l’orologio biologico nelle diverse specie, dagli organismi unicellulari ai funghi, fino agli esseri umani. Ho condotto una parte delle mie ricerche in laboratorio, dove è possibile controllare i fattori ambientali (come la luce, la temperatura e le sostanze nutritive), e un’altra parte all’esterno, in luoghi come le fabbriche, dove è possibile studiare un certo numero di variabili nel corso della giornata; in alcuni casi mi sono rivolto alle persone comuni chiedendo loro in quali orari svolgono determinate attività. Ho iniziato a interessarmi all’orologio biologico per un curioso caso della vita. Jürgen Aschoff, uno dei pionieri degli studi in questa materia, un tempo dirigeva un istituto di ricerca nella campagna bavarese. Jürgen e sua moglie Hilde avevano iscritto i loro sei figli alla stessa scuola che frequentavo io. Feci amicizia con tutti, nonostante le differenze d’età. Vivevano in una bellissima casa (che chiamavano “castello”) nel piccolo paese di Andechs non lontano dall’Ammersee, uno dei laghi più grandi della Baviera. Andechs allora era circondato dalle campagne, pressoché isolato, per questo gli Aschoff lasciavano che i figli invitassero gli amici a casa loro, anche per la notte. Mi divertivo parecchio con quel bel gruppetto di ragazzi curiosi e brillanti, e non perdevo occasione di fermarmi al castello. Andavo molto d’accordo anche con il professor Aschoff e, via via, mi appassionai sempre più ai suoi studi
A circa diciassette anni cominciai a lavorare d’estate come assistente part time nell’istituto diretto da Aschoff. Quell’esperienza mi permise di imparare, di trascorrere del tempo con persone interessanti e di guadagnare qualche soldo: una situazione da sogno.
Gli Aschoff ricevevano sempre molte visite, non solo da parte di amici di famiglia o dei ragazzi, ma anche di parecchi scienziati, alcuni dei quali di fama mondiale, sempre impegnati in interminabili discettazioni scientifiche. Ho sempre avuto la passione per la scienza, ma l’atmosfera di Andechs mi trasformò pian piano in un fanatico: quella era la vita che volevo.
Benché al mio ingresso all’università sapessi già molte più cose sugli orologi biologici di qualsiasi laureato, scelsi di studiare fisica, che consideravo la più importante di tutte le scienze. Ben presto, però, mi resi conto che i miei progetti erano tutti incentrati sugli esseri umani e che la fisica non mi avrebbe aiutato a studiare la nostra specie. Passai quindi a medicina, ma ancora una volta capii che non era la strada giusta per coltivare i miei veri interessi. Pur desideroso di conoscere tutto ciò che riguardava l’uomo, il mio obiettivo non era quello di aiutarlo o curarlo. Cominciai a pensare che, per comprendere davvero la specie umana, dovevo studiarne l’evoluzione, la genetica, la biochimica, la fisiologia comparata e l’ecologia. Nel corso di medicina, però, nessuna di tali discipline veniva approfondita a sufficienza.
Alla fine scelsi biologia. Preferivo di gran lunga confrontarmi con altri studenti e scienziati piuttosto che seguire le lezioni, e leggevo un sacco di libri e articoli che affrontavano tematiche molto più ampie rispetto a quelle che ci venivano insegnate in aula. Iniziai a imparare davvero qualcosa soltanto quando cominciai a lavorare in laboratorio, raccogliendo dati empirici e cercando di interpretarli: ho sempre provato grande gioia nel riuscire a interpretare i dati. Sono convinto che non solo il piacere, ma anche le modalità e i metodi con cui mi addentro nel misterioso mondo dei dati siano dovuti alla proficua interazione che ebbi con Jürgen Aschoff negli anni più “ricettivi” della mia vita.
Dopo una parentesi fatta di ricerche nei campi della fotobiologia, della neurofisiologia e della neurologia che, in realtà, durò parecchi anni, tornai alla scienza degli orologi biologici (la cronobiologia) grazie a un post-dottorato. Trascorsi il primo periodo proprio ad Andechs, lavorando con Jürgen Aschoff, non più in qualità di studente ma come (per così dire) apprendista scienziato.
Pur continuando a considerarlo un mentore, rimasi collega e amico “del vecchio” (così lo chiamavano familiari e amici più stretti) fino alla sua morte, nell’ottobre del 1998. Dopo due anni trascorsi a studiare i bioritmi degli esseri umani con Aschoff, decisi di dedicarmi al funzionamento degli orologi biologici a livello cellulare e alla loro scansione della “giornata biologica” con l’ausilio delle molecole. Cominciai quindi a lavorare con un altro pioniere della cronobiologia, il professor Woody Hastings di Harvard.
Feci parte del suo team di Cambridge, nel Massachusetts, per quasi quattro anni e tornai negli Stati Uniti durante l’estate per molti anni ancora. Una volta rientrato in Germania, mi resi conto che per chi, come me, studiava sia gli esseri umani sia le alghe unicellulari ed era interessato più a spiegare fenomeni (come l’orologio biologico) che non a rimanere entro i confini delle varie discipline e facoltà, il percorso accademico sarebbe stato accidentato.
In quale ambito mi collocavano i rigidi criteri accademici tedeschi? Botanica, zoologia, ecologia, antropologia o medicina? Finii alla Facoltà di Medicina, più precisamente nel Dipartimento di Psicologia clinica, allora diretto da Ernst Pöppel, che mi accolse in quella che è ancora oggi la mia “dimora” di scienziato. Il professor Pöppel fu anche uno dei pochi a interessarsi più ai fenomeni che indagavo (in particolare quelli legati al tempo) che al tipo di organismi-modello di volta in volta considerati nelle ricerche.
Studiando l’orologio biologico per anni, ho avuto modo di osservare che le scoperte dei cronobiologi hanno una portata enorme nella nostra quotidianità. Ho constatato che le persone sono molto interessate ai concetti scientifici alla base della vita di tutti i giorni, specie agli aspetti a cui non hanno mai pensato. Quando sappiamo come funzionano i nostri meccanismi, comprendiamo noi stessi (e gli altri) molto meglio, percepiamo l’esistenza di un tempo biologico e ci sentiamo di colpo liberi dal peso dei pregiudizi nei confronti delle nostre abitudini: ad esempio, l’essere considerati pigri se la mattina non ci alziamo freschi come una rosa alle sette in punto; o noiosi solo perché la sera non ci piace uscire con gli amici dopo le ventidue.
In questo libro racconterò il tempo biologico o, meglio, racconterò tante storie che illustrano vari aspetti dell’orologio biologico.
29 aprile 2016 | informatutto.info |
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2 febbraio 2016 | ViviSicilia |
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24 agosto 2015 | La Sicilia |