Processo all'università
Cronache dagli atenei italiani tra inefficienze e malcostume
Una giornalista entra nelle aule universitarie e in quelle di tribunale per raccontare problemi, disfunzioni, mancanze, limiti degli atenei italiani e del sistema-università. Un racconto in presa diretta degli ultimi dieci anni di Università italiana tra riforme, concorsi truccati, commissioni pilotate, nepotismo, ingiustizie e corse al potere
- Collana: Strumenti / Scenari
- ISBN: 9788822053657
- Anno: 2007
- Mese: gennaio
- Formato: 14 x 21 cm
- Pagine: 336
- Tag: Didattica Università
Un lucido e documentato atto d'accusa contro l'Università di «Cosa Nostra». Intercettazioni telefoniche, confessioni, conversazioni rubate con microspie e denunce raccontano il volto malato degli atenei italiani da Palermo a Milano. Questo libro vuole capire cosa sta succedendo, senza finti pudori. È un immaginario processo all'Università, dall'ultima riforma Moratti ai primi passi del governo Prodi. Un libro veloce come un articolo di quotidiano, ma di largo respiro come un saggio. Storie vere, avvincenti, con nomi e cognomi di singoli atenei, professori e studenti. Storie, però, che al di là della cronaca, diventano esempi generali e offrono uno sguardo senza censure su un'università in cui esiste un «galateo» delle buone regole per truccare i concorsi; un'università nella quale, in una logica tribale, si accavallano e si sovrappongono leggi di «territorio», «di sangue», «di fedeltà» e dove comunque vince quasi sempre il potere. Una rigorosa ricostruzione che propone ai lettori la fotografia di un'università irrimediabilmente malata, smascherando debolezze e inefficienze di politici e istituzioni.
Introduzione - 1. Il male oscuro - Sulla pelle dell'università - Appelli e manifesti - Una legione di scontenti e una schiatta di raccomandati - Accostamento ardito di due lettere: Gino Giugni e Paola Romano - 2. Razza barona - La storia di Antonina e delle regole bizantine - Asinus asinum fricat - Guerra tra clan - Le catene parentali - I professori imbrogliano: c'è la prova matematica - La cupola di Firenze - Pizzo, trucchi e «notule» - Capiscuola e sistema di poteri - 3. La tela del ragno - Geni corrotti. Dal male oscuro al «cardio-gate» - Mafia contro mafia - Le buone regole: galateo di un concorso truccato - «Abbiamo bocciato il migliore», Pisa - La leggerezza dell'apparenza, Bari - Dissidenti e fronde, Firenze - Ritiri forzati, punizioni e crediti futuri - Apprensioni paterne - La «banda» di Gastroenterologia - Cortocircuito nel sistema: le cattedre di Otorinolaringoiatria - Come anello di fidanzamento ti regalo un bel concorso su misura per te - Un concorso spericolato (e surrealmente innovativo) - Delinquenti pochi, molluschi tanti - Il potere che genera potere e il cambiamento impossibile - 4. Al mercato degli esami - Mercato dei titoli - Duecentomila euro per un «pezzo di carta» - Il fante e l'ufficiale - Libri «strettamente» necessari - Lauree a luci rosse e dottorandi al limoncello - L'università delle donne - 5. Università e politica - Il legame pericoloso - Le libere università fai da te - Le lauree d'esperienza - Appetiti politici e poteri accademici: il caso controcorrente di Urbino - Decentramento uguale frazionamento: le fabbriche di posti - Università polverizzata - Autonomia: la politica delle non scelte - Dal punto di vista dei piccoli - 6. False verità, idee e modelli da sperimentare - Un'università non migliore, diversa - Un pugno di idee per «aggiustare» il sistema - Il genocidio dei baroni: impossibile - La battaglia di Franco Frabboni - Squadra sbagliata si cambia - Chiacchierata con Alessandro Finazzi Agrò - Le riforme non sono rivoluzioni - Il modello americano di Roberto Perotti - Il valore legale della laurea, pericoloso feticcio - Pier Luigi Sacco e Alberto Pagliarini - Liste aperte di idonei, tra localismo e concorsi nazionali - La teoria di Dario Antiseri - La moralità non si può imporre per legge - Il codice etico di Nicola Colaianni - 7. Arringa finale - Il nuovo governo Prodi: programmi e sfide - Ad occhi aperti - Appendice - I. Lettera di Walter Leszl alla professoressa di Harvard - II. Lettera di Quirino Paris agli economisti agrari italiani, 1 giugno 2004 - III. Lettera di Oscar Di Simplicio - IV. Dichiarazioni programmatiche di Fabio Mussi alla Commissione Cultura della Camera dei Deputati - V. Intervento di Guido Trombetti, eletto nuovo presidente della Crui - VI. Il risanamento dell'università - Lettera di Padoa Schioppa al «Corriere della Sera» - VII. Padoa Schioppa e le mie ragioni - Lettera di Fabio Mussi al «Corriere della Sera» - Ringraziamenti - Bibliografia - Indice dei nomi
Introduzione
Professori che si tramandano le cattedre come fossero un'eredità di famiglia, come se l'istituzione fosse una cosa propria. Concorsi truccati, commissioni pilotate, nepotismo, ingiustizie, corse al potere. È questa l'università di «cosa nostra», che genera docenti tanto corrotti, quanto inefficienti, e studenti che un giorno, imparata bene la «lezione», saranno i loro replicanti. Fino a trent'anni fa, l'università era il luogo in cui cresceva e si formava la classe dirigente, le donne e gli uomini, che avrebbero occupato i posti chiave dell'economia, della politica, della medicina, dell'informazione. Oggi, invece, sempre di più la laurea ha valore solo in quanto «pezzo di carta». Negli atenei italiani non c'è selezione e quindi manca anche la competizione. In tutt'Europa, l'obiettivo è quello di creare isole di eccellenza, in cui si concentrano i docenti più preparati e gli studenti più promettenti, in modo da dare una spinta alla ricerca. In Italia succede l'esatto contrario: le risorse pubbliche cadono a pioggia, indistintamente, su tutti gli atenei. Così, nel timore di creare disuguaglianze, si scivola nell'omogeneità mediocre. Alcune università che sono alla disperata ricerca di studenti, oltre a fare pubblicità, utilizzano i risultati della customer satisfaction per catturarli andando incontro ai loro desideri. Se gli studenti rispondono che una materia è difficile la eliminano, se un professore è troppo esigente lo isolano, insomma fanno di tutto perché il corso di studi diventi sempre più facile, in discesa. È il principio di Pinocchio. Sappiamo tutti che Pinocchio, simbolo universale dei ragazzi, non aveva voglia di studiare e, fra andare a scuola e a uno spettacolo di burattini, preferiva il secondo. Così, seguendo la sua personale customer satisfaction, non finisce nel paese della cultura, ma in quello dei balocchi e diventa un somaro. Questo è uno degli effetti dell'autonomia (senza responsabilità) degli atenei. E di un'università, guarda caso, completamente incapace di attrarre studenti e professori stranieri e spesso polverizzata in sedi decentrate, una miriade di nuovi atenei che oscillano tra superlicei e dottorifici. Non ci sono i risultati. E la qualità si abbassa, generazione dopo generazione. Così, chi vuole davvero tentare il salto di qualità deve andare all'estero o seguire costosissimi master post laurea. Il titolo di «dottore» serve solo dopo il cognome sull'elenco telefonico o sui biglietti da visita, ma se un neo-dottore vuole lavorare deve ricominciare tutto daccapo, a trentatrentacinque anni. Anche se poi, a dispetto dell'evidenza, chi propone di abolire il valore legale del titolo di studio, per aprire a un regime di «concorrenza», viene considerato quasi come un eretico. L'abolizione del valore legale del titolo di studio è dunque un argomento tabù: in Italia il pezzo di carta è sentito come una protezione in uno degli ambiti a cui i giovani si rivolgono con maggior facilità per cercare un posto di lavoro, quello dei concorsi pubblici. Nel pubblico, infatti, il valore legale del titolo di studio assicura una certa protezione; nel privato, invece, è tutto diverso […].