Psicoanalisi e mondo contemporaneo
Conversazioni con Žižek
introduzione di Sergio Benvenuto
Una serie di conversazioni brillanti, divertenti e profonde, che illustrano l'originalità del pensiero di Žižek in psicoanalisi, filosofia, multiculturalismo, cultura popolare e virtuale, totalitarismo, etica e politica. Un assaggio unico del carattere e dello humour di Žižek, e una vera e propria introduzione generale al suo pensiero.
- Collana: Strumenti / Scenari
- ISBN: 9788822053633
- Anno: 2006
- Mese: giugno
- Formato: 14 x 21 cm
- Pagine: 240
- Tag: Psicoanalisi Psicologia Sociologia
In queste cinque conversazioni, Slavoj Žižek riassume i punti fondamentali del suo pensiero, riproponendo in modo sintetico le idee che lo hanno reso celebre nel corso degli ultimi 15 anni. Žižek è da tempo all'avanguardia del dibattito filosofico, politico e culturale in Occidente, ed è noto per le sue riflessioni, ampiamente basate sulla psicoanalisi e sul pensiero di Jaques Lacan, su un ampio spettro di temi che includono il cyberspazio, la globalizzazione, il cinema, la musica, l'opera e la cultura di massa. I suoi saggi continuano a innescare molte controversie e a trasformare il modo in cui pensiamo a tutti questi temi, antichi e attuali. In queste conversazioni egli affronta vari temi: dalla filosofia alla psicoanalisi, dai film di Kubrik alla nozione di godimento, dal marxismo al marchese de Sade, dal nazismo ai dilemmi bioetici nell'epoca della biogenetica.
L'Europa oggi - Prefazione all'edizione italiana di Slavoj Zizek - Introduzione di Sergio Benvenuto - Un pop «sublime» - Gli alberi e la foresta - Lo spettro di Hegel - Una denuncia romantica - Parlare di ciò di cui bisogna tacere - Dal Simbolico al Reale - Il Reale etico - Etica «inutilitarista» - Marxismo delle anime belle - Conversazione 1 - Aprire lo spazio della filosofia - Conversazione 2 - Follia della ragione. Incontri del Real tipo - Conversazione 3 - Soggetti della modernità: il virtuale e la fragilità del Reale - Conversazione 4 - La tolleranza e l'intollerabile: godimento, etica, evento - Conversazione 5 - I miracoli accadono: globalizzazioni e politica - Postfazione - Rischiare l'impossibile di Glyn Daly - La follia costitutiva dell'essere - Dimensioni del Reale - L'ideologia e lo statuto dell'impossibile - La politica e la scorrettezza radicale - Rischiare l'impossibile - Bigliografia - Glossario - Indice dei nomi e dei concetti
L'Europa oggi
Prefazione all'edizione italiana di Slavoj Zizek
Siccome non considero la mia persona di alcun interesse per i lettori di questo libro, mi rivolgerò al pubblico italiano con un paio di osservazioni sulla nostra situazione attuale. Nei mesi precedenti l'entrata della Slovenia nell'Unione Europea, un giornalista straniero mi chiese quale nuova dimensione la Slovenia avrebbe portato all'Europa; la mia risposta fu immediata e chiarissima: nessuna. La cultura slovena è ossessionata da questa idea: che noi, pur essendo una piccola nazione, saremmo una superpotenza culturale; che possederemmo qualche agalma, un intimo tesoro nascosto di capolavori culturali che aspettano solo di essere riconosciuti dal vasto mondo. Forse questo tesoro è troppo fragile per sopravvivere intatto una volta esposto all'aria fresca della competizione internazionale, come gli antichi affreschi romani in una magnifica scena del film di Fellini, Roma: questi cominciano a scomparire nel momento stesso in cui vengono raggiunti dalla luce del giorno. Questo narcisismo non è una specialità slovena, ne esistono altre versioni nell'Europa dell'Est: apprezziamo di più la democrazia per aver dovuto batterci per essa di recente, per non averne potuto godere come qualcosa di garantito; e ancora, sappiamo cos'è la vera cultura: non venir corrotti dalla cultura americana di massa a buon mercato. Il mio rifiuto di questa fisima su un tesoro nazionale nascosto non implica però affatto un mio etnico odio-di-sé. Sottolineo solo un dato crudele: tutti gli artisti sloveni di un certo livello hanno dovuto a un certo punto «tradire» le loro radici etniche, o isolandosi dalla cultura dominante in Slovenia, o lasciando il paese per un tempo più o meno lungo, vivendo a Vienna o a Parigi. Come accadde per l'Irlanda: non solo James Joyce sentì il bisogno di abbandonarla per scrivere Ulysses, suo capolavoro su Dublino, ma lo stesso Yeats, il poeta del revival nazionale irlandese, passò molti anni a Londra. La peggiore minaccia alla tradizione nazionale sono i guardiani locali che denunciano le pericolose influenze straniere. Il senso di superiorità culturale sloveno trova la sua controparte nel cliché paternalistico occidentale secondo il quale i paesi dell'Europa dell'Est post-comunisti sono poveri cugini ritardati che verranno riammessi nella famiglia se si comporteranno come si deve. Dopo le elezioni del 2004 in Serbia, quando i nazionalisti guadagnarono molti voti, la stampa occidentale lesse questo come un segno del fatto che la Serbia «non è ancora pronta per l'Europa». Un processo simile è in corso oggi in Slovenia: il fatto che i nazionalisti abbiano raccolto abbastanza firme per ottenere un referendum contro la costruzione di una moschea a Ljubljana è alquanto triste; il fatto che la maggioranza della popolazione pensi che non si dovrebbe permettere la costruzione di una moschea è ancora più triste; e gli argomenti evocati («dovremmo noi permettere che il nostro splendido paesaggio venga rovinato da un minareto simbolo della barbarie fondamentalista?», ecc.) ci fa vergognare di essere sloveni. In simili casi, le minacce occasionali provenienti da Bruxelles sono allora le benvenute: «ragazzi, mostrate un po' di tolleranza multiculturale, altrimenti...». E tuttavia, questo ritratto semplificato non dice tutta la verità. Prima strana complicazione: i paesi ex-comunisti – i sostenitori più ardenti della «guerra contro il terrore» degli americani – sono molto preoccupati per la loro identità culturale, per la loro stessa sopravvivenza come nazioni, si sentono minacciati dalla valanga dell'«americanizzazione» culturale come prezzo da pagare per la nostra immersione nel capitalismo globale. Insomma, abbiamo un anti-americanismo pro-bushista. In Polonia, il più entusiasta sostenitore della politica USA è l'expresidente Kwasniewski, un ex-comunista, mentre la principale opposizione alla partecipazione polacca alla coalizione antiirakena viene dai partiti di destra. Verso la fine del 2003, i vescovi polacchi hanno anche chiesto al governo di aggiungere al contratto che regola la partecipazione della Polonia all'UE un paragrafo speciale che garantisse alla Polonia il suo «diritto di mantenere i suoi valori fondamentali quali sono formulati nella Costituzione» – intendendo con questo, ovviamente, la proibizione dell'aborto, dell'eutanasia e dei matrimoni tra persone dello stesso sesso. Nella mia Slovenia abbiamo un'incoerenza analoga: i nazionalisti di destra dicono che i liberali di centro-sinistra che oggi governano, pur essendo entrati nella NATO e pur sostenendo la guerra americana contro il terrorismo, la stanno segretamente sabotando, vi partecipano per ragioni opportunistiche, non per vera convinzione. Allo stesso tempo, tuttavia, costoro rimproverano ai liberali di minare alla base l'identità nazionale slovena promuovendo la completa integrazione slovena nel capitalismo globale occidentalizzato e affogando così gli sloveni nella cultura pop e americanizzata di oggi. Dicono che il centro-sinistra sostiene la cultura pop, gli insulsi divertimenti televisivi, il consumismo, ecc., per convertire gli sloveni in una folla facilmente manipolabile, incapace di qualsiasi seria riflessione e di condotte etiche ferme, ecc., ecc. […].