Dopo la certezza
Il diritto in equilibrio tra giustizia e democrazia
Diritti fondamentali, eguaglianza, ingiustizia nei rapporti privati, abuso del diritto e del potere, cittadinanza e ordine neocostituzionale dell'UE: analizzando i dilemmi più drammatici che oppongono oggi democrazia, giustizia, etiche, l'autore mostra i modi e le strutture istituzionali attraverso cui il diritto contemporaneo svolge il suo nuovo ruolo come misura di equilibrio. Mentre la certezza del diritto è divenuta un ideale secondario, l'equilibrio dipende da qualità costitutive del diritto moderno e contemporaneo, dalla forma dei suoi istituti, dai suoi principi fondamentali. Esso emerge come un nuovo paradigma che identifica la prestazione essenziale oggi attesa dal diritto.
- Collana: Strumenti / Scenari
- ISBN: 9788822053619
- Anno: 2006
- Mese: maggio
- Formato: 14 x 21 cm
- Pagine: 256
- Tag: Politica Diritto Politica internazionale Democrazia Giustizia
La fondamentale idea occidentale di certezza del diritto è di fatto divenuta secondaria rispetto a un nuovo paradigma, la garanzia dell'«equilibrio». Il volume lo dimostra analizzando tensioni oggi drammaticamente sentite: tra diritti «umani» e diritti «fondamentali», tra universalità e identità culturale; tra giustizia e danno nei rapporti privati; tra uso e «abuso» dei diritti o dei pubblici poteri; infine la tensione tra economia e politica, tra il cittadino consumatore e l'ordine neo-costituzionale nell'Unione Europea. Il potenziale distruttivo di tali dilemmi, che oppongono democrazia, etiche, diritti e giustizia, è frenato anche attraverso la risposta ferma del diritto verso unilateralità e integralismi. Nella lotta tra pretese etiche, sociali e religiose, il diritto «in equilibrio» è chiamato ad arbitrare offrendo un'oggettiva misura di giustizia, che è cosa molto diversa dall'insensibile certezza delle regole.
Introduzione, Il diritto dalla certezza all'«equilibrio» - 1. Dai diritti umani ai diritti fondamentali - Le contrastanti proprietà dei diritti - Diritti umani ed etiche - Astratti e neutri? - Fondamentali e concreti - La prova dei diritti nelle società multiculturali - I diritti e l'interesse comune - Uguaglianza politica, uguaglianza sostanziale - I diritti in equilibrio: tra il «giusto» e il «consenso» - 2. La giustizia, l'etica e il danno ingiusto - Una premessa - La «moralità del diritto», il giusto e il bene - L'ingiustizia e la giustizia nel risarcimento del danno - Reintegrazione vs. repressione - La giustizia oltre la colpa? - Dentro e fuori la giustizia - Equilibrio stabile, etica variabile e tutela riparatoria - In conclusione: il punto di equilibrio - 3. L'abuso del diritto, del potere, del rule of law - Il lato oscuro dei diritti e l'utilità del concetto di abuso - I caratteri generali dell'abuso di un diritto o di un potere - Regole, princìpi e abuso - Princìpi e abuso del rule of law - Dal rule of law all'abuso del potere - Un esperimento giuridico. L'abuso del rule of law a Guantanamo Bay - 4. Ordine giuridico e ordine neo-costituzionale europeo - Il discorso costituzionale europeo - Quale equilibrio? Tesi sul diritto e l'ordine europeo - Demos, sovranità, cittadinanza - Cittadinanza e itinerario costituzionale - La cittadinanza come riflesso dell'ordine non-unico (multiplo) - Individui e cittadini - La cura dell'insieme - Diritti come goals - Il diritto e le istituzioni «insature» - Indice analitico
Introduzione
Il diritto dalla certezza all'«equilibrio»
Piuttosto che la garanzia della «certezza», al diritto contemporaneo si chiede principalmente la garanzia dell'«equilibrio». Ma la consapevolezza di questo mutamento, che appare un vero e proprio mutamento di paradigma, sembra ancora incerta o assente. Eppure il «diritto in equilibrio» riflette abbastanza fedelmente la reale condizione della nostra civiltà giuridica. La sua prestazione non consiste solamente nel bilanciamento tra «princìpi», affidato al saggio e ragionevole ufficio del giudice. Il diritto può essere in equilibrio perché vanta caratteri strutturali e istituzionali, inerenti la sua forma, la ratio dei suoi istituti (dai più antichi ai più moderni), i princìpi di funzionamento (spesso riassunti tra i caratteri dello «stato di diritto» o del rule of law), le regole auree per la coesistenza delle libertà («esterne») di ciascuno: tutti insieme capaci di indicare confini di giustizia, resistenti alle potenti pressioni esercitate sugli ordinamenti giuridici dalle nostre pretese morali, dalle diverse e contrastanti visioni del «bene», privato o pubblico. L'equilibrio che il diritto consente dipende spesso dalla «resistenza» della struttura, ossia dei concetti, delle categorie e degli istituti giuridici, e definisce la soglia di accettabilità dei programmi etico-politici. E com'è noto, il diritto offre anche un insieme di precetti «formali» e «procedurali», entro i quali il richiamo alle grandi fedi e alle professioni di Valore, deve subordinarsi, ricollocarsi e definirsi. Questo libro svolge la sua tesi fondamentale evitando un'astratta elaborazione generale, ma analizzando in profondità quattro aree decisive per la comprensione di questo tratto di «equilibrio» del diritto contemporaneo: i diritti fondamentali, i danni ingiusti, l'abuso del diritto, la questione costituzionale europea. Nelle società contemporanee, il diritto appare smarrire progressivamente i caratteri e le prerogative che aveva acquisito stabilmente nei due secoli trascorsi, il 1800 e il 1900. Le principali pretese e le prestazioni tradizionali che ad esso erano ricondotte appaiono sfocate e indebolite. Solo in senso debole e forse marginale, il diritto pretende di esprimere oggi la voce dello Stato, quale detentore unico e autocratico del potere, e dispensatore della giustizia. E ciò sia per il peso esercitato dalle carte costituzionali contemporanee, che relativizzano e limitano l'ultimatività della decisione «politica», sia per la diluizione del diritto statale attraverso la concorrenza pervasiva delle fonti «globali», produttrici di un diritto sopranazionale, che è persino difficile imputare a una qualsiasi unitaria «volontà». Né il diritto pretende realisticamente di irrigidire i comportamenti e le scelte entro «regole» chiuse e inderogabili. Lo sviluppo della complessità sociale costringe il diritto «legale» e statuito in margini sempre più invasi da logiche di equità, dal richiamo a fonti «esterne» o «morali», permeati dall'elasticità della soft law, dalla funzione ri-equilibratrice dei princìpi giuridici. Non pretende di presentarsi nemmeno come un corpus razionale e conoscibile, nel senso in cui gli ordinamenti giuridici erano intesi dal positivismo europeo tradizionale, ossia come un insieme di «dati» normativi, rigorosamente oggettivi, e sottratti, se non in caso di contingente oscurità o vaghezza, alla rielaborazione e all'attività ricostruttiva degli interpreti. È il tramonto delle immagini olimpiche del diritto completo organico e conchiuso, del modello razionale delle grandi codificazioni europee. Sotto alcuni profili, non pretende di fissare una volta per tutte un argine assoluto tra diritto positivo e moralità esterna. Per molti canali, pur mirando a conservare propri separati e visibili confini, il diritto entra in un rapporto difficile e delicato con aree come quelle dei diritti individuali, che emergono nella forma incerta ed evidentemente equivoca, ma dotata di grande forza espansiva, dei diritti «morali» e inducono a interminabili rivalutazioni dei significati profondi dei sistemi liberal-democratici, e quindi della logica complessiva dei loro ordinamenti giuridici. D'altro canto, non pretende nemmeno di produrre, come il proprio prioritario e assoluto ideale, quella rassicurante «certezza» cui generazioni di giuristi e di legislatori intesero preordinarlo, anche nell'intento di precostituire un adeguato vincolo all'esercizio della funzione giudiziaria. Anziché tutto questo, il diritto tende oggi, forse non meno ambiziosamente, all'equilibrio, a svolgere una funzione di «resistenza» e di garanzia, che in realtà assume richiamandosi a un'idea minima, ma non vuota, essenziale ma non eticamente unilaterale, di ciò che è giusto nelle relazioni tra gli individui, arbitrando, quanto è possibile, tra la giustizia e le deliberazioni collettive, tra diritti e decisioni democratiche, tra scelte e protezione delle condizioni di coesistenza giuridica, probabilmente nel senso stesso delle definizioni razionali del diritto proposte da Immanuel Kant. Sottoposto alle trazioni più disparate, il diritto sposta il centro delle sue prestazioni dalla certezza, che presuppone un mondo di soluzioni giuridico-positive date, una sorta di olismo giuridico, all'equilibrio, che dal canto suo è in grado di produrre, secondariamente, anche adeguati e non trascurabili surrogati di certezza, tenendo fermi margini di giustizia, che nelle società liberal-democratiche non possono essere travolti […].