Mariano De Angelis è nato a Napoli nel 1933, dove ha ricevuto un’educazione che ha risentito dell’influenza francese da parte materna e napoletana da parte paterna. L’esperienza di studioso, la pratica sociale, la pratica proletaria, sono tre momenti incontratisi in lui con tutte le loro contraddizioni. Il groviglio di queste contraddizioni induce a un soggettivismo dal quale egli cerca di uscire attraverso l’unica strada che gli è consentita: la consapevolezza del ruolo storico della classe operaia. Lasciata, ancora ragazzo, la città natale per un lunghissimo girovagare sulla costa e all’interno del centro e sud America, prima. In Europa, dopo, ha vissuto attraverso ogni mestiere, manuale e intellettuale. Iscrittosi nel 1951 alla facoltà di chimica dell’Università di Montevideo, lasciò gli studi scolastici per riprendere a viaggiare. Tornato in Europa, si impegnò definitivamente nei suoi interessi letterari.
Un colloquio o una meditazione con se stessi, sui temi delle contraddizioni sociali e sulla carica di violenza che le accompagna, ma anche su una speranza ancora impregiudicata.
Violenza borghese, speranza proletaria di Mariano de Angelis ci ridà il gusto del saggio, inteso – secondo illustri precedenti – come un colloquio, o una meditazione con se stessi. Il tema di una tale meditazione è, in questo caso, la situazione rivoluzionaria oggi stretta nella morsa di contraddizioni che appaiono a lume di ragione, pressoché insanabili. Rimane, tuttavia, impregiudicata la speranza: una speranza, del resto, ancorata a eventi e motivazioni reali, che dalla Cina di Mao alla gioventù degli Stati Uniti e dell’Europa, dalla resistenza vietnamita alla guerriglia in Sudamerica, stringono da presso la violenza borghese: aprono uno spazio al possibile.