Storie di ordinaria fobia
Psicoanalisi delle paure irrazionali
Fantasmi, ratti, il buio, l'altezza: come si cura la fobia e quale contributo può dare la psicoanalisi? L'autrice ci propone una serie di affascinanti casi clinici, descrivendo le fobie più comuni, ma anche altre più insolite e bizzarre.
- Collana: Nuova Biblioteca Dedalo
- ISBN: 9788822062871
- Anno: 2006
- Mese: febbraio
- Formato: 14 x 21 cm
- Pagine: 256
- Tag: Psicoanalisi Psicologia
Alcuni individui hanno il terrore dei serpenti, altri hanno paura del buio, non tollerano le porte chiuse, o preferiscono evitare di prendere l'aereo; altri ancora sono spaventati dalla prospettiva di un legame sentimentale, oppure non conoscono il piacere sessuale, rifiutano di attraversare i ponti o evitano sistematicamente di prendere l'autostrada. Ciascuno di noi dà il proprio contributo alla lista infinita delle fobie. Molti tendono a ridurre la fobia alla «paura di determinati oggetti». Spiegazione un po' affrettata - sottolinea Irène Diamantis - perché trascura l'elemento essenziale: la vertigine del soggetto fobico, il quale, sfidando la logica, si insedia in un mondo fatto di supposizioni, in cui tutto diviene possibile. Perché la fobia nasce in realtà dall'impossibilità di separarsi. Quando l'individuo si separa dalla madre, la fobia lo riconduce a uno stato di fusione, trasportandolo indietro nel tempo e bloccando i suoi pensieri. Attraverso l'illustrazione di numerosi casi clinici, l'autrice ci suggerisce un punto di vista sulle fobie completamente nuovo.
Scene di ordinaria fobia - Che cos'è la fobia? - I. LA VERTIGINE FOBICA - 1. Emma Dupont, la fobia del ponte - Il ponte del Nord e il ponte di Filadelfia - «Quando passo il ponte con te, comincia la nostra avventura!» - Il ponte dello Sguardo - Il valore simbolico aggiunto: il Presidente della Repubblica - II. LE FOBIE INFANTILI - 2. La storia degli antenati o la preistoria - I segreti di famiglia, Marie - L'album di famiglia. La pre-iscrizione: «tutto ciò che è ereditato» - La mappa della metropolitana - Poker e asso pigliatutto - 3. La paura del buio e l'agorafobia - La voce, sostituto dello sguardo - Linguaggio e separazione - L'agorafobia - 4. Gli errori d'ortografia e l'insuccesso scolastico - L'insuccesso scolastico - Gli errori di ortografia - L'ortografia riflessiva - 5. Un caso di fobia infantile - I significanti ancestrali: lo sguardo - L'odore e la separazione - Nucleo psichico polimorfo - Isteria e nevrosi ossessiva - Fobia e disposizione perversa polimorfa - 6. Un ricordo d'infanzia - Xenofobia. La lingua straniera - Lo straniero - III. IL SIGNIFICATO INCOMPIUTO DELLA FOBIA - 7. Anna, la figlia-madre: l'insostenibile reversibilità dell'essere - 8. La prudenza della carne: omosessualità e fobia - La ragazza sul ponte - Noli me tangere. La distanza - Né madre né puttana - 9. La reversibilità del sesso - Il piacere d'organo - Antonin - Aude - «L'oggetto» del piacere sessuale - Fammi godere! - «Un processo di trasporto - Le zone erogene - L'erotizzazione vaginale. La pulsione parziale, l'organo della voce - L'organo della voce - Una donna è penetrata dalle parole - A proposito dell'orgasmo, desiderio e piacere - IV. L'INCONTRO CON GLI OGGETTI - 10. L'incontro assurdo: l'attentato - L'arricchimento fortuito del significato: il trauma - L'effrazione nell'incontro - L'attentato: l'arbitrarietà dell'incontro - 11. Incontro e rottura - Festa e sconfitta amorosa - Contenuto manifesto e contenuto latente dell'incontro - Strategia dell'incontro - La rottura, la separazione - Il lutto e l'assurdo - Il colpo di fulmine: gli «elementi» si scatenano - V. AL DI LÀ DELLA FOBIA - 12. Éléonore: la passione del desiderio dell'altro - Lo sfoggio degli altri - Lo sguardo nell'isteria e nella fobia - L'indifferenza isterica - 13. L'oggetto dell'insoddisfazione, l'insoddisfazione dell'oggetto - Jacques e l'insoddisfazione - Le differenze sessuali - «Non è questo»: traduzione nella coscienza dell'affermazione inconscia «è proprio questo» - Jacques o l'eccesso di separazione - 14. Ludwig: la strategia della simmetria contro il desiderio - L'indecisione di fronte all'oggetto - L'essere-padre - L'atto del matrimonio - Per concludere - L'isteria e la nevrosi ossessiva: la trascrizione della fobia?
Scene di ordinaria fobia
Come mi sentite? Parlo da così distante... Non ho paura. Ho solo la vertigine. Ho bisogno di accorciare la distanza tra il nemico e me. René Char1
Fantasmi, ratti, il buio, l'altezza... ognuno di noi inventa i propri oggetti fobici ed è costretto a far fronte al proprio bagaglio di paure. Il termine «fobia» designa solitamente delle situazioni o degli oggetti che provocano un senso di panico. Alcuni termini che hanno un significato particolare per lo stato fobico – come distanza, separazione, non ritorno, solitudine, assurdo – saranno scritti in corsivo e chiariti nel corso del libro. Alcuni individui collezionano un numero di oggetti fobici superiore alla media. In molti casi, gli oggetti che suscitano il terrore ci sono noti, in altri appaiono più misteriosi e meno evidenti. Rappresentano una fonte di ispirazione per le favole dei bambini, popolate da orchi e lupi cattivi, e per i film dell'orrore che appassionano gli adulti. Universalmente diffusi, questi oggetti prestano il fianco a interpretazioni simboliche semplicistiche, come quelle suggerite da alcune volgarizzazioni. Ecco allora che i serpenti e gli aeroplani diventano un simbolo fallico, il ragno, una rappresentazione materna devastatrice, ecc. Possiamo considerarci fortunati quando i terapeuti comportamentisti non si impadroniscono delle fobie e, costringendo il soggetto a confrontarsi all'oggetto della sua paura, immaginano che l'abitudine e la morale dello sforzo faranno il resto. Allo stesso modo, le compagnie aeree propongono dei programmi di assuefazione ai passeggeri che hanno il terrore di volare. L'essere umano si abitua a tutto e assuefarsi alle proprie paure non è un'impresa impossibile: i bambini ci si applicano tutti i giorni, provando un evidente piacere nel farsi amico un nemico e nel riconciliarsi con un cane che fino al giorno prima li spaventava. Evocare il lupo, come nella filastrocca «Lupo, dove sei?», invitarlo per il piacere di rabbrividire senza correre rischi, permette al bambino di abituarsi alla paura e di familiarizzare con l'oggetto; il lupo diviene più accessibile, un familiare che può essere convocato e congedato a piacimento se il timore dovesse prevalere. Neutralizzare il nemico e sedurlo equivale a sottrarre ad esso l'aggressività che gli avevamo attribuito. Una delle caratteristiche dell'uomo consiste nell'utilizzare il linguaggio per sedurre l'oggetto o renderlo familiare. Se il fobico non riesce a sedurre – a «separare» secondo il significato etimologico della parola – il nemico per renderlo inoffensivo, si paralizza. Il panico si rivela quando il soggetto si ritrova in un vicolo cieco, incapace di pronunciare una parola che riesca a tenere a distanza l'oggetto del proprio terrore, riducendone così il potere malefico. Allearsi con il proprio torturatore è una reazione nota: la sindrome di Stoccolma consiste, nei casi di rapimento per esempio, nello scendere a patti con il nemico, identificandosi con lui, nel tentativo di renderlo più umano, dunque meno temibile. Nulla di sorprendente se un bambino con il terrore dei serpenti sceglie, da adulto, di ammaestrarli. La fascinazione esercitata dalla persona o dalla cosa che ci spaventa ci è talmente familiare che l'oggetto della nostra paura può trasformarsi in un oggetto d'amore – il confine è spesso tenue. Approfondiamo dunque gli oggetti fobici più consueti e le caratteristiche che li accomunano, malgrado la loro apparente diversità. Dai resoconti dei pazienti che, distesi sul divano, evocano le proprie paure, emerge un vero e proprio museo degli orrori delle situazioni fobogene […].
1 RENÉ CHAR, Fogli di Ipnos (1943-1944), a Albert Camus, Einaudi, Torino 1968, pp. 43-59.
08 febbraio 2006 | Il Riformista |