Cosa nostra ieri, oggi, domani
La mafia siciliana nelle parole di chi la combatte e di chi l'ha abbandonata
Cosa nostra com'era, com'è, come potrebbe diventare. Una panoramica sulla storia, l'essenza, l'evoluzione e le prospettive della mafia siciliana.
- Collana: Nuova Biblioteca Dedalo
- ISBN: 9788822062703
- Anno: 2004
- Mese: marzo
- Formato: 14 x 21 cm
- Pagine: 176
- Tag: Politica Sociologia Attualità Criminalità Mafia
Attraverso la voce di magistrati, investigatori e "uomini d'onore", il volume tratteggia il quadro dell'evoluzione di Cosa nostra dagli anni '50 ai giorni nostri. Audizioni davanti alla commissione «criminalità organizzata» del CSM e alla commissione parlamentare antimafia, verbali di interrogatorio, sentenze, testimonianze, documenti: tutto materiale «ufficiale», utilizzato per descrivere cos'è stata Cosa nostra fino all'inizio degli anni '90, per analizzare come si è riorganizzata dopo la repressione seguita alle stragi e per ragionare su come potrebbe evolvere in futuro. Dalla fase della "democrazia" delle famiglie a quella della "dittatura" dei corleonesi, dalla "sommersione" degli anni '90 alla «riemersione» dei giorni nostri, il volume descrive l'organizzazione, le gerarchie, gli affari, i rapporti, le alleanze, le guerre e le strategie di Cosa nostra, e apre uno squarcio sui possibili scenari del domani.
Introduzione - I. Cosa nostra ieri - 1. La fase della “democrazia” - Il passato - L'organizzazione - Le regole - Gli uomini - Gli affari - Le alleanze - 2. La fase della “dittatura” - La grande guerra - La decapitazione delle Istituzioni - I primi colpi, i pentiti, il maxiprocesso - La clandestinizzazione - La stagione delle stragi - II. Il presente di Cosa nostra 3. Gli anni dopo le stragi: la crisi - La repressione - La sommersione - La perdita dei miti - 4. La fine degli anni '90: la stabilizzazione - I nuovi modelli organizzativi - Gli uomini - Il territorio - Gli affari e le alleanze - 5. L'inizio del nuovo secolo: la riemersione - I primi segnali - La strategia del figliol prodigo - La coesistenza pacifica - III. Cosa nostra domani - 6. Il futuro di Cosa nostra - La possibile evoluzione - Quelli “di dentro” e quelli “di fuori” - Ritorno al futuro? - IV. L'“altra” lotta a Cosa nostra - 7. Non solo sciabole - I diritti, la cultura, gli esempi - La legislazione - Gli apparati dello Stato - Le amministrazioni locali - Appendice - Bibliografia
Introduzione
C'era una volta … Cominciavano così le favole che ci raccontavano da bambini, quelle che finivano sempre bene, con tutti che vivevano felici e contenti. Questa, invece, è una favola che finisce male. C'era una volta una cosa che oggi non c'è più. All'inizio degli anni '80 erano ancora in tanti a dire, in Sicilia e fuori, che la mafia non esisteva, che era un'invenzione dei giornali e di Hollywood o, comunque, che non era una vera organizzazione criminale ma piuttosto un fenomeno sociale, una specie di attitudine dello spirito dei siciliani. Ma i magistrati, i poliziotti, i carabinieri, sapevano che la mafia c'era eccome, che era un'organizzazione criminale vera e propria, che estorceva, che intimidiva, che ammazzava, che comandava. Erano soli, quegli uomini, nella società dei primi anni '80, distratta dal nuovo benessere e concentrata sulla lotta al terrorismo; investigavano, riflettevano, parlavano, e sembrava che nessuno li ascoltasse. Così, in quell'assordante silenzio spesso a quegli uomini capitava di sprofondare. Spesso quelle incomprensioni, quella solitudine, facevano apparire quegli uomini privi di appoggi, di copertura, di protezione. E allora venivano ammazzati. Per questo, per far sentire meno soli quei magistrati e quegli investigatori, il Consiglio Superiore della Magistratura decise di occuparsi in modo organico dei problemi degli uffici giudiziari più esposti sul versante della lotta alla criminalità mafiosa. Il primo comitato di studio sulla criminalità organizzata, infatti, venne istituito in seno al CSM nel lontano settembre 1982, all'indomani degli assassinii di Pio La Torre e di Carlo Alberto dalla Chiesa, «allo scopo di offrire un sostegno ai magistrati impegnati contro la mafia e, al contempo, di favorire un ampliamento dell'impegno generale nella lotta contro la criminalità organizzata». Il 4 ottobre 1990, dopo l'assassinio di Rosario Livatino, il “giudice ragazzino”, il CSM deliberava la costituzione di un formale «Gruppo di lavoro per gli interventi del Consiglio Superiore della Magistratura relativi alle zone più colpite dalla criminalità organizzata». Il 28 giugno 1995, infine, il Plenum del CSM approvava l'istituzione di una vera e propria commissione consiliare (la decima) con «funzioni di stimolo e di proposta per adeguare l'intervento del CSM alle esigenze della lotta alla criminalità organizzata». In questi anni la decima commissione del CSM ha rappresentato un centro di analisi e riflessione sulla lotta alla mafia, suggerendo soluzioni volte a migliorare l'efficacia operativa degli uffici giudiziari più impegnati nel contrasto della criminalità organizzata, e offrendo contributi propositivi alle diverse istituzioni. Ed è servita anche, con le proprie visite sul territorio, a non far sentire troppo soli i magistrati e gli investigatori che la mafia combattono ogni giorno. «Le informazioni invecchiano, e i metodi di lotta devono essere continuamente aggiornati». Questa riflessione di Giovanni Falcone sintetizza efficacemente il nesso inscindibile esistente tra l'attività di contrasto delle organizzazioni criminali da parte degli apparati dello Stato e il patrimonio conoscitivo di cui gli stessi dispongono. Un'efficace azione repressiva, infatti, postula un'adeguata conoscenza dei fenomeni e delle realtà criminali che si combattono. In quest'ottica, per l'intera consiliatura 1998-2002 la decima commissione del Consiglio Superiore della Magistratura ha concentrato la propria attenzione sugli indicatori di eventuali mutamenti del modo di essere dell'organizzazione criminale denominata Cosa nostra. Un'attenzione, questa, consigliata da alcune audizioni di magistrati impegnati sul fronte anti-mafia i quali, alla metà degli anni '90, avevano riferito di una nuova tendenza organizzativa che pareva essere in atto in Cosa nostra, finalizzata a limitare al minimo i danni derivanti dalle dichiarazioni dei collaboranti con la giustizia (i cosiddetti pentiti). Da notizie acquisite nel corso di indagini penali, infatti, sembrava che la tradizionale struttura mafiosa per famiglie potesse lasciare il passo a un'organizzazione “a raggiera”, imperniata su “cellule” composte da pochi uomini, nella quale ciascun capo avrebbe goduto di una propria struttura logistica e militare “coperta”, cioè senza alcun rapporto con i nuclei omologhi al servizio di altri capi: un'organizzazione, insomma, del tutto nuova per la mafia siciliana, e assai simile a quella adottata dalle organizzazioni terroristiche in Italia e all'estero. Giustificato fu l'allarme scaturito da queste notizie. Se, infatti, Cosa nostra cambiava pelle (alcuni organi di stampa parlarono nel 1995 di Cosa nuova, di Super Cosa nostra, ovvero della struttura a disposizione di Riina come di Cosa sua) era assolutamente necessario che lo Stato adeguasse la propria risposta ai nuovi moduli operativi dell'organizzazione criminale. Per questo, sin dai primi mesi successivi all'insediamento del CSM rinnovato nell'agosto 1998, la decima commissione consiliare decise di aprire un osservatorio sulle tendenze organizzative in atto all'interno di Cosa nostra, allo scopo di verificare l'adeguatezza degli strumenti e delle strategie di contrasto, nonché l'efficacia dell'azione giudiziaria seguita alle stragi del '92/'93: se, cioè, l'organizzazione criminale fosse stata indebolita, quali conseguenze la repressione avesse comportato per la mafia, e quali eventuali mutamenti di strategia questa avesse adottato. Come ha spiegato un Procuratore della Repubblica ascoltato dal CSM, «noi magistrati siamo giudici del passato, non conosciamo il presente, meno che mai possiamo ipotizzare il futuro». Di qui, la necessità che un organo istituzionale diverso dalla magistratura inquirente e giudicante si accollasse l'onere di un'analisi della realtà attuale di Cosa nostra, nonché di una riflessione sui possibili scenari evolutivi nella vita della stessa, al fine di offrire una chiave di lettura delle tendenze in atto e di consentire, di conseguenza, l'elaborazione di sempre più efficaci strategie di contrasto. Non spetta a noi dire se la decima commissione del CSM abbia efficacemente realizzato tali obiettivi; quel che è certo è che i suoi componenti ci hanno provato, e l'essenza di questo lavoro è stato trasfuso nella presente pubblicazione. L'attività istruttoria della decima commissione si è svolta, a più riprese, nell'arco dell'intero quadriennio 1998-2002, attraverso audizioni degli esponenti della magistratura, delle forze dell'ordine e di altre istituzioni, maggiormente impegnati nel contrasto di Cosa nostra (in appendice è riportato l'elenco completo delle personalità ascoltate). Tutte le audizioni, inizialmente segretate per ovvie ragioni di opportunità, hanno acquisito pubblicità a seguito dell'approvazione da parte del Plenum del CSM delle diverse risoluzioni cui erano riferite. Per evitare improprie personalizzazioni, comunque, nella presente pubblicazione si è ritenuto opportuno omettere i nominativi delle persone le cui citazioni vengono di volta in volta utilizzate. Del resto, sulle questioni trattate si è registrata una significativa convergenza di opinioni tra tutti coloro che sono stati ascoltati; il che consente di ritenere le conclusioni cui perviene questa pubblicazione frutto di una vera e propria elaborazione collettiva da parte dei rappresentanti dei diversi apparati statuali che, a vario titolo, si sono impegnati negli ultimi anni nel contrasto dell'organizzazione criminale denominata Cosa nostra. Per un completo inquadramento delle vicende trattate, come anche per l'indispensabile aggiornamento delle “storie” descritte e degli scenari ipotizzati, si sono utilizzate, oltre le citate audizioni, anche le riflessioni e le valutazioni operate in varie pubblicazioni da magistrati impegnati nel contrasto della mafia siciliana, nonché da uomini d'onore divenuti collaboratori di giustizia; di questi ultimi, inoltre, si sono utilizzate le deposizioni rese davanti alla Commissione parlamentare antimafia o davanti alla magistratura inquirente. Si sono utilizzati, infine, atti relativi a procedimenti penali in corso o definiti, tutti ormai pubblici, anche allo scopo di completare il quadro descritto con le novità emerse nel corso del 2003. La legge n. 44 del 2002, per motivi apparentemente incomprensibili, ha ridotto il numero dei componenti elettivi del CSM da 30 a 24. Di conseguenza, si è reso indispensabile adeguare il Regolamento Interno del Consiglio alla nuova dimensione organizzativa, rivedendo la composizione, le competenze e il numero delle commissioni referenti. Così, a partire dalla consiliatura in corso la decima commissione “criminalità organizzata” del CSM è stata abolita (oggi, con la nuova numerazione, la decima commissione si occupa di… bilancio e contabilità). Da tempo, del resto, da Destra si levavano voci a richiedere l'abolizione di quella commissione. Ache serve? che c'entra il CSM con la lotta alla mafia? perché non si occupa solo dei suoi compiti istituzionali? se i componenti del CSM trovano il tempo di baloccarsi con la mafia, si diceva, allora se ne può tranquillamente ridurre il numero. Detto e fatto! Ridotto il numero dei componenti del CSM, è stato inevitabile concentrare le diminuite risorse sui compiti più propriamente “amministrativi” del Consiglio. Certo, il CSM non ha rinunciato a seguire con particolare attenzione le vicende degli uffici giudiziari maggiormente esposti nel contrasto della criminalità organizzata, e le competenze della vecchia decima commissione sono state trasferite ad altra commissione consiliare. E tuttavia, non v'è dubbio che il venir meno di un centro specializzato e permanente di monitoraggio, di elaborazione e di ascolto abbia rappresentato un passo indietro per il CSM, come dimostrato anche dal mancato tempestivo intervento per sopire le polemiche che hanno recentemente scosso la vita della Procura della Repubblica di Palermo. La soppressione della commissione “criminalità organizzata” del CSM è lo specchio dei tempi in cui viviamo: «sotto lune nere», ha scritto Franco Cordero. Dopo Giovanni D'Angelo e Santi Consolo, gli autori della presente pubblicazione hanno presieduto la decima commissione del CSM negli ultimi due anni della consiliatura 1998- 2002: Gioacchino Natoli ne è stato presidente nel 2000-2001, Gianni Di Cagno nel 2001-2002. Siamo stati, insomma, gli ultimi presidenti della decima commissione – “criminalità organizzata” del CSM. Peccato!