Il bricolage religioso
Sincretismo e nuova religiosità
Il bricolage come espressione del bisogno di ripristinare un senso forte e globale della trascendenza in una società che ha confinato le religioni in ambiti sempre più ristretti e specialistici.
- Collana: Nuova Biblioteca Dedalo
- ISBN: 9788822062697
- Anno: 2004
- Mese: marzo
- Formato: 14 x 21 cm
- Pagine: 168
- Tag: Società Sociologia Religione
Il libro esamina un modo diffuso di rapportarsi al soprannaturale, in Italia e altrove, in cui ciascuno costruisce il proprio universo di senso ultimo con verità, pratiche, esperienze attinte da tradizioni e fonti eterogenee. Quest'atteggiamento da bricoleur spirituale viene interpretato da molti come un rifugiarsi in una religiosità opportunista, che maschera il sostanziale disinteresse per la religione dell'individuo contemporaneo, immerso in un universo materialista e mercantile; l'autore avanza invece un'ipotesi diversa. Il bricolage viene visto come espressione del bisogno di ripristinare un senso forte e globale della trascendenza che molti avvertono minacciato nelle nostre società che hanno confinato le religioni in ambiti ristretti e specialistici. Reinterpretando antiche verità e integrandole con altre attinte dal ricco mercato di offerte spirituali e di fini ultimi, il bricoleur tenta, paradossalmente, di risacralizzare il mondo, e lo fa manipolando e sintetizzando significati che appaiano compatibili con la percezione che egli ha di esso.
Introduzione - 1. Le economie religiose - La teoria delle economie religiose - Crisi del monopolio e partecipazione - L'offerta religiosa - La scelta soggettiva - Genesi del sincretismo - L'impianto deduttivo - Razionalità e religione - Come «misurare» i beni religiosi - Prospettive del bricolage religioso - 2. Una teoria della religione - Scelte e preferenze - Sacro soprannaturale e sacro secolare - Domanda o offerta? - Homo religiosus - Un bilancio - 3. Portafogli religiosi - Il capitale - L'investimento - Il portafoglio - La propensione al bricolage - 4. Credenze e pratiche «alternative» - Visioni della divinità - Credenze sull'immortalità dell'anima - Magia ed esoterismo - Visioni del sé - 5. Paradigmi in competizione - Il paradigma neognostico - Il sacro fuori dai sacri confini - 6. Logiche del bricolage - Il sincretismo secondo Roger Bastide - Sincretismo come riparazione - Dal sincretismo alla sintesi - Profili spirituali - 7. Prospettive del bricolage religioso - Il campo religioso - Habitus - Ideologia - Laici e clero - Bibliografia
Introduzione
Questo testo tratta del bricolage religioso: un modo diffuso di vivere la religiosità personale attraverso la costruzione di un universo di significati soprannaturali, ottenuto mescolando elementi delle religioni tradizionali con credenze e simboli attinti dal mercato della spiritualità che caratterizza le società contemporanee. Lo studio del bricolage pone sfide più ardue di quante ne ponga la religione di chiesa. Se questa, elaborata e difesa da esperti, offre categorie chiare, non contraddittorie, riducibili in una tassonomia, il bricolage si presenta, al contrario, come religiosità selvaggia, promossa da individui sprovvisti di competenze specialistiche e poco interessati a problemi di coerenza globale. Il sincretismo è di per sé nemico di ogni ordine stabilito poiché è «la parificazione fra le religioni e fra le filosofie, e anche fra le religioni e le filosofie». Il sincretista mette in dubbio la corrispondenza, stabilita dalle dottrine, fra le parole e i contenuti di fede cui esse univocamente dovrebbero rimandare e ravvisa tutt'attorno a sé lo spettacolo comico e tragico di significanti differenti che designano un unico significato o di un solo significante che comprende significati diversi. «Mai – scriveva Zolla (1990: 9-10) – un'idea o una fede è circoscritta da significanti: uguali professioni di fede in un unico dogma celano esperienze interiori opposte; un'identica esperienza interiore si può trovare espressa in dogmi opposti». Il sincretismo si sviluppa allorché il potere discipli- nare delle gerarchie si allenta e le diverse tradizioni religiose si presentano come un capitale fluttuante al quale gli individui e i gruppi di interesse attingono liberamente senza la mediazione delle istituzioni. Il bisogno di salvezza è oggi reinterpretato secondo criteri e schemi che non sono più necessariamente cattolici e dà luogo ad una forma inedita di soggettivazione di tipo volontaristico che consente di sentirsi religiosi «senza necessariamente aderire ad una chiesa particolare, ma anche senza sacrificare la propria libertà ai modelli radicali ed estremi di disciplina richiesti da una setta». Va inoltre considerato che le «libere scelte» del consumatore spirituale non avvengono attingendo a beni e servizi offerti da agenzie fra loro ben differenziate ma, spesso, attingendo ad offerte – soprattutto della religiosità new age – frutto a loro volta di elaborazione di tradizioni eterogenee. Il bricolage individuale si colloca quindi all'interno di un più ampio sincretismo collettivo1. Di fronte alle ambiguità che inevitabilmente ne derivano, è forte la tentazione di valutare il bricolage in una prospettiva che alcuni hanno definito chiesacentrica: prendendo il modello della religione di chiesa come parametro e considerando gli atteggiamenti soggettivi tipici del bricolage come «allontanamento » o, più in generale, come segno inequivocabile di un diminuito interesse per la religione2. Anche una recente ricerca sul pluralismo dei valori manifesta, secondo uno dei suoi autori, la difficoltà di tematizzare e quindi rilevare l'effettiva portata della differenziazione religiosa in Italia: «mancano ancora – scrive Allievi (2003: 281-283) – gli strumenti per analizzarla in dettaglio, e darle dei nomi pertinenti». Ciò fa sì che la progressiva pluralizzazione religiosa rilevata nelle ricerche «sembri un dato ancora marginale, al massimo tendenziale, importante come tale, ma non ancora significativo di un cambiamento radicale di paradigma interpretativo. Ma forse è già oggi più di questo». La visione che valuta la religiosità a partire dalla religione di chiesa rende conto della tenuta della religione tradizionale e della sua influenza nella società, coglie solo in parte però il rinato interesse per il sacro o anche per il cristianesimo, tipico secondo molti autori dell'attuale panorama religioso. Questo, non sempre si orienta verso la religione di chiesa. Le origini remote di tale interesse vengono in genere collegate, sul piano filosofico, ad una svolta che ha portato, nella riflessione di fine ottocento e inizio novecento, a constatare l'impossibilità di qualsiasi metafisica che pretenda di fissare verità assolute e immutabili. Tale critica, che ha investito le immagini di Dio fissate dalla teologia, ha palesato anche l'impossibilità della sua negazione. L'ateismo ha dimostrato di non poter rappresentare la soluzione finale del problema religioso poiché, presupponendo anch'esso una verità trascendente assoluta, poggia sugli stessi presupposti metafisici che vorrebbe negare. «Oggi – afferma Vattimo – non ci sono più plausibili ragioni filosofiche forti per essere atei». Fede nel Dio tradizionale della scolastica medievale e ateismo, sono entrambi «impossibili» per chi si riconosce in una prospettiva che intende eliminare qualsiasi verità definitiva. Per questo, «se è vero che il pluralismo post-moderno permette (….) di ritrovare la fede cristiana, non è detto che tale riscoperta si rivolga alla Chiesa». La fede nata dalle ceneri della metafisica non ha «nulla a che fare con l'accettazione di dogmi rigidamente definiti e discipline imposte da un'autorità». Si tratta, in un certo senso, di «una fede senza “contenuti” – forse dunque anche senza dogmi e senza una teologia come scienza»3. Nella «condizione postmoderna» si aprono possibilità di esperienza religiosa non istituzionale che derivano dalla consapevolezza diffusa della crisi di alcune «certezze» date in precedenza per acquisite. La consapevolezza dei limiti radicali del linguaggio e del sapere razionale nel definire in modo univoco i contenuti delle nostre conoscenze – osserva Crespi (1997: 10, 17) – sviluppa un'attenzione verso la ricchezza delle diverse forme di espressione simbolica che costituisce già di per sé un'apertura verso l'esperienza religiosa. Si tratta di un'esperienza che si svolge per l'essenziale al di fuori della logica di rassicurazione e compensazione tipica della religione di chiesa e che si assume il rischio di un'interrogazione fondamentale sul senso dell'esistenza: la ricerca non è più dettata dal desiderio di colmare una mancanza, ma è soprattutto un aprirsi all'ascolto. Per questi caratteri alcuni autori hanno collegato questa nuova forma di interesse per la religione e il sacro alla categoria «misticismo», così come essa è definita da Troelsch: un'esperienza che si oppone sia a quella tipica della religione di chiesa sia a quella radicale della setta. Non si tratta però di un misticismo interno alle istituzioni che intende innovarle e riportarle ai valori fondamentali ma, in molti casi, di un atteggiamento volto all'interiorità e spesso indifferente alle loro sorti, che non riguarda solo coloro che sviluppano i loro interessi all'esterno delle chiese, ma anche molti che manifestano una certa vicinanza ad esse, mantenendo margini di autonomia personale4. Dobbiamo chiederci a questo punto, nel momento in cui ci accingiamo ad iniziare la nostra analisi, se la nuova sensibilità interessi soprattutto la cerchia di coloro che la teorizzano o coinvolga fasce di popolazione sociologicamente più significative. Ciò equivale, in parte, a chiederci se le teorizzazioni sulla «condizione post-moderna», di cui quella sensibilità viene riconosciuta come il prodotto, designino solo mutamenti superficiali oppure se siamo in presenza di una «frattura epistemologica » nel senso, definito da Foucault, di avvento di un particolare rapporto fra le parole e le cose che rende non più pensabile ciò che in un contesto precedente appariva ovvio e fuori discussione. In questa seconda ipotesi, inevitabilmente, anche i contenuti e i modi dell'esperienza religiosa tradizionale – così come altri parametri che consentono agli individui di definire e rapportarsi a se stessi e al mondo – sono destinati ad essere abbandonati o reinterpretati: essi hanno perduto, agli occhi degli stessi fedeli, la loro plausibilità mentre nuovi contenuti e forme espressive si affacciano e premono per essere riconosciuti. Secondo Vattimo la sensibilità religiosa post-moderna è divenuta ormai senso comune nelle società contemporanee. Essa rimette in discussione le forme tradizionali di credenza e appartenenza e permette di concepire un «cristianesimo non religioso» radicalmente sganciato dalle oggettivazioni metafisiche in cui la Chiesa lo ha racchiuso. Per quelle fasce che maggiormente vi si identificano, il ritrovato interesse non può consistere in un recupero di una cultura tradizionale poiché esso è reso possibile proprio dal «dissolvimento della metafisica » cioè dalla fine delle filosofie oggettivistiche e dogmatiche su cui si basa la religione di chiesa: «a chi ritrova il Cristo a partire da queste esperienze – che non sono solo dei filosofi ma di chiunque viva nella realtà pluralista delle società tardoindustriali – non si può proporre una dottrina metafisicamente ingessata». La vocazione a ritrovare il cristianesimo significa oggi per molti «anzitutto il compito di ripensare i contenuti della rivelazione». L'esperienza di fede può servire non solo a dare sicurezza ma, in molti casi, disorientamento perché coincide con la consapevolezza dei limiti della nostra capacità di definire il sacro. «Ma – conclude Vattimo – anche questo disorientamento, mi pare, fa parte della mia esperienza di fede» (1998: 59-60, 75-76). Anche Crespi (1997: 17-25) ritiene che la crisi dei saperi razionali – quindi della teologia in quanto discorso in grado di stabilire la «verità» e di fornire dogmi – non coinvolga solo le élite intellettuali ma alimenti in molti la ricerca di significati al di là delle certezze offerte dalle religioni tradizionali e dalle loro istituzioni. Si tratta di un'esperienza che non è di tipo cognitivo e diffida delle definizioni univoche fornite dalla teologia; non va in cerca di rassicurazioni e si mantiene lontana dalle istituzioni mediatrici che garantiscono la «bontà» e la «verità» del percorso di salvezza; infine, è un'esperienza che rimanda l'individuo alla solitudine in cui egli deve realizzare la sua elaborazione e il suo percorso personali. Un altro fattore che gioca a favore della frattura epistemologica, e del mutamento radicale dei parametri e della sensibilità soggettivi, deriva dal modo in cui si forma oggi il bisogno religioso e dalle influenze che su di esso hanno le nuove forme della comunicazione: il ruolo assunto dalla televisione, la prevalenza della cultura uditiva su quella scritta, il crescente pluralismo e conseguente relativismo. Questi caratteri, che strutturano la società, incidono profondamente sulla rappresentazione del sé, favorendo lo sviluppo di una spiritualità esperienziale e di una mentalità da «ricercatore spirituale» in molti settori della popolazione. Per questo i tradizionali indicatori della religiosità misurano oggi solo in parte l'interesse complessivo del soggetto per la religione. Il volontarismo che caratterizza gran parte della religiosità contemporanea non può essere compreso nelle categorie dicotomiche della teologia – fatte proprie da molta sociologia – quali ad esempio credente/ non credente; praticante/non praticante; appartenente/ non appartenente ad una chiesa; ortodosso/eterodosso, ecc. Gli attori religiosi – all'interno e all'esterno delle istituzioni – attuano spesso strategie trasversali ispirate ad una logica pratica che non sempre coincide con la logica delle istituzioni5. Ed è solo all'interno di tali strategie che possiamo cogliere il senso delle procedure di bricolage e il valore delle costruzioni sincretiste. Chi vede il sincretismo come smarrimento del senso religioso, non ne coglie l'aspetto più singolare. Esso – come afferma Pace – è una forma di modernità religiosa dal momento che appare compatibile con l'individualizzazione delle credenze, frutto maturo della società contemporanea. Il sincretismo rappresenta una risposta soggettiva al venir meno della capacità delle grandi religioni tradizionali di rappresentare un serbatoio di evidenze etiche e linguistiche cui l'individuo possa attingere per orientare l'azione. Di fronte al moltiplicarsi dei modi di intendere il soprannaturale, l'individuo moderno tenta di ricomporre in un unico universo simbolico elementi provenienti da diverse tradizioni, «ricostruendo evidenze socio-linguistiche che rendano di nuovo possibile la comunicazione». In quanto tentativo di risacralizzare il mondo e l'esperienza che l'individuo fa in esso, il sincretismo si avvicina al fondamentalismo. Entrambi sono risposte, sia pure speculari, allo stesso bisogno di attribuire un significato religioso all'intera esperienza umana. Il sincretismo lo fa ricercando significati che permettano di collocare l'esperienza soggettiva in una prospettiva cosmica e trascendente. Il fondamentalismo – in quanto progetto religioso di rifondazione radicale dell'uomo e della società – pretende invece di imporre ad un'intera collettività significati religiosi che la comprendano e le diano senso. Sia nel sincretismo che nel fondamentalismo c'è la stessa aspirazione ad una ricomposizione dell'universo religioso; entrambi intendono reagire alla tendenza delle religioni tradizionali a ritagliarsi una visibilità specialistica e settoriale, accreditandosi come depositarie di valori collettivi e autorevoli interlocutrici di etica pubblica, e abbandonando molti ambiti dell'esperienza alla cultura scientifica e laica6. Obiettivi e metodo Questo testo nasce dalla convinzione che sia possibile e utile affrontare oggi il bricolage religioso cercando spiegazioni sistematiche di un fenomeno che, non fosse altro che per la sua diffusione, meriterebbe di essere analizzato per ciò che è, non come deviazione da un modello o segno di contraddizione soggettiva. Per far ciò è stato necessario da un lato abbandonare il punto di vista dell'istituzione come riferimento principale dell'analisi e, dall'altro, andare alla ricerca delle motivazioni che spingono tanti a costruirsi sistemi di senso trascendente e forme private di religiosità. Abbiamo privilegiato il punto di vista dell'attore e indagato sulle convenienze e i costi delle sue scelte, sui suoi bisogni e sui vincoli che ne determinano il comportamento; nella convinzione che una spiegazione del bricolage possa derivare solo da una teoria dell'agire religioso. Una questione preliminare che chi è interessato allo studio della religiosità fuori dall'ortodossia dovrebbe affrontare, è di stabilire quanto sia esteso l'interesse per il soprannaturale, qualunque forma esso assuma. I dati dell'indagine che viene più avanti presentata permettono una quantificazione. Emerge come sia esiguo il numero di coloro che si dichiarano atei o non interessati alla religione, non credenti in Dio o nell'immortalità dell'anima: in generale, non più di un sesto. Un altro dato che testimonia delle aspettative religiose è quello sulla diffusione generalizzata dell'esperienza della preghiera a Dio (ma anche alla Madonna o ai morti) che di per sé mostra come la grande maggioranza riconosca un'influenza del divino sugli eventi della vita di tutti i giorni. Si tratta di atteggiamenti di attesa e predisposizione allo stupore che emergono anche dalla diffusa credenza che possano darsi guarigioni «miracolose» o anche apparizioni della Madonna o altre entità soprannaturali. In tutti questi casi si ammette – ci si attende – che il divino comunichi con noi, interferisca nelle nostre esistenze. Del resto, se escludiamo la quota di coloro che si dicono atei o indifferenti alla religione, quasi il 90% dichiara di «credere»: e non si vede perché non bisognerebbe credere a tali dichiarazioni (vedi tabella 1). Possiamo quantificare in un valore non molto dissimile da questo, l'ampiezza della domanda religiosa; la quota cioè di quanti sono potenzialmente interessati ad accogliere proposte e suggestioni di agenzie che offrono beni e servizi a contenuto soprannaturale. Si tratta di un valore analogo a quelli rilevati in altre ricerche che, in alcuni casi, hanno registrato un incremento dell'interesse degli italiani per la religione nelle sue diverse espressioni negli ultimi decenni7.
Tabella 1. Differenziazione religiosa (percentuali arrotondate riferite all'intero campione).
a) Credenze | % |
Dio è onnipotente e creatore | 68 |
L'anima è giudicata in base al comportamento | 56 |
Apparizioni della Madonna o altri santi possono essere di origine divina | 63 |
Esistono guarigioni miracolose di origine divina | 68 |
Crede o prova interesse per la dottrina della reincarnazione | 25 |
Vede il centro del sacro nel cosmo, nella natura, in forze paranormali, in se stesso | 26 |
Crede in due o più verità esoteriche (magia, paranormale, astrologia, spiritismo) | 51 |
L'anima immortale non esiste; non mi pongo il problema | 15 |
Dio è un'invenzione; non mi pongo il problema di Dio | 9 |
Gesù non è l'unigenito figlio di Dio (è uno dei profeti, solo un uomo, non mi pongo il problema) | 27 |
b) Pratiche | % |
Messa ogni settimana | 43 |
Partecipa ad associazioni religiose cattoliche | 28 |
Consulta: astrologi, maghi, parapsicologi, ecc. | 14 |
Legge l'oroscopo | 65 |
Segue trasmissioni di magia | 20 |
Segue trasmissioni di astrologia | 22 |
c) Esperienze | % |
Confessione almeno mensile | 38 |
Confessione almeno episodica | 66 |
Preghiera a Dio frequente (ogni settimana) | 60 |
Preghiera a Dio almeno episodica | 84 |
Prega la Madonna, almeno raramente | 75 |
Prega le anime dei morti, almeno raramente | 61 |
Si è sentito colpito dal malocchio | 21 |
d) Appartenenza | % |
Si considera cattolico | 67 |
Si considera credente ma non cattolico o è dubbioso sull'appartenenza | 18 |
Si considera ateo o indifferente alla religione | 12 |
Aderisce ad altre religioni | 3 |
e) Morale | % |
Libertà di scelta di abortire nelle prime settimane | 51 |
Libertà di scelta sull'eutanasia | 44 |
Potremmo chiederci se questa massa sia effettivamente religiosa, e se coloro che si dicono credenti siano conseguenti nelle cinque dimensioni della religiosità individuate da Glock: appartenenza, credenza, conoscenza, esperienza, pratica8. In altri termini potremmo chiederci: quanto sono religiosi coloro che si dicono credenti? Quanto è coerente e conseguente la loro religiosità? Questo studio, però, nega la pertinenza di tali domande. Esso nasce dal presupposto che il compito del ricercatore sociale non è, di fronte a queste emergenze, di valutare la qualità del comportamento religioso (compito che andrebbe lasciato ad altri esperti: teologi, uomini di chiesa), ma di prendere atto della differenziazione e spiegarla sulla base di modelli teorici. La domanda che ci porremo non è «quanto», ma «come» è religiosa l'ampia quota di popolazione che risulta interessata al soprannaturale? Si può a questo proposito constatare come, accanto al modello tradizionale di chiesa, rappresentato nei nostri dati da coloro che frequentano messa e confessione con regolarità, vi sia un'area significativa di differenziazione evidenziata da molti segni: ad esempio dalla presenza di una discreta minoranza di «credenti» che rifiutano, oppure sono in dubbio sull'appartenenza al cattolicesimo; dal rifiuto della credenza nel giudizio dell'anima dopo la morte che coinvolge poco meno della metà del campione; da credenze dissonanti con quelle cattoliche sulla concezione del divino, o di Cristo (circa un terzo); dal rifiuto diffuso della dottrina morale ecclesiastica su temi come aborto ed eutanasia. Accanto a questi scarti possiamo osservare l'esistenza di atteggiamenti che, anche se non «ortodossi», suggeriscono comunque interesse e ricerca di significati soprannaturali. Ad esempio la credenza nella reincarnazione o l'adesione a visioni cosmico-esoteriche del divino; ma anche l'abitudine di seguire trasmissioni di argomento magico e astrologico, il consulto di maghi ed esperti esoterici, l'esperienza di essere stati colpiti dal malocchio; atteggiamenti simbolizzati da due dati apparentemente «minori»: la lettura di massa dell'oroscopo e la propensione (in metà del campione) a credere a due o più verità magico-esoteriche. I risultati della nostra indagine mostrano come le cinque dimensioni citate, considerate in passato come costitutive di una religione pienamente vissuta all'interno di un'istituzione particolare, siano oggi esplose all'interno dell'intero mercato religioso. Esse sono l'oggetto di offerte specializzate, e possono essere liberamente attinte da ciascuno. Non stupisce che alcuni soggetti realizzino ciascuna delle dimensioni in un ambito diverso ed autonomo. Ad esempio qualcuno può mantenere un atteggiamento soggettivo di appartenenza alla Chiesa ma, allo stesso tempo, accogliere credenze estranee alla tradizione cui questa si collega; può approfondire, seguendo corsi, frequentando esperti, studiando la letteratura specialistica, la conoscenza di particolari correnti e discorsi astrologici, magici, esoterici; fare esperienza della meditazione buddista o dello yoga; praticare, accanto ad alcuni riti cattolici, forme di client cult, attraverso il consulto di guru o altri esperti di spiritualità. In una prospettiva tradizionale, l'analisi potrebbe concludersi qui. I dati brevemente illustrati bastano a quantificare l'allontanamento soggettivo dal cattolicesimo e dalla religione di chiesa. È però da qui, dal punto di arrivo di molte riflessioni, che parte la nostra ricerca, ponendo al centro alcune questioni decisive per la comprensione della religiosità non ortodossa. Innanzitutto: quali sono le condizioni che favoriscono il bricolage? Cosa spinge gli individui a differenziare le loro opzioni in tema di soprannaturale? Inoltre: gli individui si limitano a mescolare contenuti eterogenei, oppure il bricolage è volto alla costruzione di nuovi significati? In quali direzioni si muove tale lavoro? Perché si diffondono determinati contenuti e forme del sacro, e non altre? Porre queste questioni significa considerare il sincretismo come una forma di religiosità meritevole di essere studiata non come scarto di forme legittime, ma a partire dalla sua logica e necessità interne9. Tenterò di pervenire ad una spiegazione utilizzando, inizialmente, una prospettiva teorica elaborata negli USA e nota come «teoria delle economie religiose» valutando successivamente fino a che punto questo approccio – che si è sviluppato in un contesto strutturalmente diverso dal nostro – sia in grado di spiegare quanto avviene oggi in Italia. Nel primo capitolo esploro le potenzialità offerte dall'utilizzo della metafora economica nello studio della religiosità. Metto in evidenza come la logica utilitarista consenta di guardare il bricolage come comportamento sensato che i soggetti attuano nella costruzione del proprio portafoglio personale di beni soprannaturali nel tentativo di massimizzare i «guadagni» materiali e simbolici, sfruttando ciò che è disponibile sul mercato della spiritualità. Approfondisco, nel secondo capitolo, alcune questioni controverse e alcuni limiti della teoria delle economie religiose e suggerisco, anche attraverso il dibattito che essa ha suscitato in America, percorsi paralleli che servano a comprendere meglio le dinamiche del bricolage e la sua prevedibile evoluzione nel contesto italiano. Nel terzo e quarto capitolo espongo i risultati della ricerca. Inizialmente utilizzo le categorie «economiche» per ricostruire le diverse strategie di investimento religioso e la logica che le sostiene. Successivamente centro l'attenzione sul lavoro di reinterpretazione ed adattamento dei contenuti soprannaturali che vengono a far parte delle configurazioni soggettive. Nei capitoli cinque e sei studio le dinamiche generali del bricolage. Ricostruisco schematicamente il paradigma «neognostico » cui, secondo molti autori, si ispira la spiritualità new age e descrivo alcune forme mitologiche non religiose che ugualmente influenzano l'immaginario e la costruzione del portafoglio religioso personale. Individuo quindi due direzioni in cui si orienta oggi il lavoro di bricolage: la prima volta ad «aggiornare» il codice religioso tradizionale, l'altra volta a sintetizzare un paradigma alternativo. Sulla scorta dei dati dell'indagine empirica, mostro infine l'influenza esercitata dalla cultura new age sulla religiosità soggettiva. Nell'ultimo capitolo delineo un'ipotesi sul futuro del soggettivismo religioso in Italia. Il mio interesse per il bricolage religioso nacque, alla fine degli anni Ottanta, nel corso di alcuni viaggi in Brasile allorché entrai in contatto, con l'aiuto di Ana Gomes e Pierre Sanchis dell'università di Belo Horizonte, con la varietà di forme in cui si esprime il senso del trascendente in quel paese. Iniziai le ricerche presso l'ISER di Rio de Janeiro: luogo di incontro delle diversità, riflessione e impegno sociale. Conobbi in un successivo viaggio José Jorge de Carvalho che mi mise in contatto col sincretismo nell'area metropolitana di Brasilia, capitale magica e spiritica del paese ed ebbi la fortuna di navigare insieme a Thago de Mello nella riserva amazzonica dei Sateré Maué. Attraverso de Mello e Raymundo Heraldo Maués dell'Università di Belem compresi qualcosa della spiritualità caboclo che mescola tratti indigeni con elementi cattolici e afrobrasiliani. Ma soprattutto, fu attraverso l'ospitalità dei brasiliani che potei osservare, partecipandovi, alcune tipiche espressioni della loro religiosità sincretica: l'umbanda, il candomblé, il santo daime, lo spiritismo, nelle loro varianti e la versione brasiliana del protestantesimo pentecostale. La riflessione sul sincretismo mi portò ad approfondire la conoscenza della «teoria delle economie religiose» e le sue possibilità di spiegare i comportamenti religiosi in un contesto di differenziazione delle offerte e di centralità delle «scelte» del consumatore. Potei far ciò grazie all'ospitalità che Rodney Stark mi concesse a Seattle e all'opportunità di frequentare i suoi collaboratori della Washington University. Parallelamente ebbe inizio la collaborazione col GRIS (Gruppo di Ricerca e Informazione Socio-religiosa) e col suo segretario nazionale Giuseppe Ferrari che si interessò al mio progetto di inchiesta sul sincretismo in Italia, finanziò la ricerca e mise a disposizione la rete di contatti che ne permise lo svolgimento in diverse città italiane. Il questionario fu somministrato inizialmente a 1000 giovani in Emilia Romagna grazie al contributo di Barbara Riva. La consulenza statistica fu affidata a Roberto Marchisio e a Maurizio Pisati. Questo libro è tuttavia frutto esclusivo del lavoro del suo autore e nessuna responsabilità per quanto vi è scritto può essere attribuita al GRIS né alle persone sopra nominate. Il testo include anche, sebbene rivisti e contestualizzati, brani tratti da pubblicazioni precedenti. I capitoli uno, due e sette sono, in parte, una rielaborazione del saggio Monopolio religioso e sincretismo soggettivo apparso in «Inchiesta», n. 136, 2002. Alcuni risultati dell'indagine contenuti nei capitoli dal tre al sei furono presentati al convegno di Assisi «L'arcobaleno del sacro» e pubblicati in «Convivium Assisiense» (anno V n. 1, 2003) col titolo: Nuovi modi di credere degli italiani: verso una teoria del bricolage religioso.
1 Si vedano su questi punti: Pace, 2003: 61 sgg. (da cui è tratta la citazione) e Allievi, et al., 2001: 10.
2 Cfr. Marchisio-Pisati (1999). Un esempio di questo approccio che fa tendenzialmente coincidere l'interesse per la Chiesa con l'interesse per la religione in generale, possiamo ricavarlo dalle conclusioni di una ricerca dell'inizio degli anni novanta. Dopo aver rilevato che il persistere del cattolicesimo avviene in Italia al prezzo del depotenziamento, della differenziazione, della perdita del carattere d'esclusività, si conclude: «la grande maggioranza della popolazione si caratterizza pertanto per un riferimento religioso allentato, che persiste sull'onda della tradizione o in quanto risponde ad alcune esigenze dell'uomo contemporaneo, senza però produrre una particolare mobilitazione delle coscienze» (Garelli in AA.VV., 1992: 65).
3 Cfr. Vattimo 1998: 17-18 e 2002: 9, 12, 139. Una posizione che considera compatibili relativismo postmoderno e cattolicesimo è esposta nel libro di D. Antinori (2003) che contiene in appendice due repliche di S. Galvan e R. Fisichella.
4 Cfr. Roof, 2002: 73 sgg. Al ruolo del misticismo nella nuova religiosità è dedicato un numero recente della rivista «Social Compass» n. 3, 2002.
5 Per queste riflessioni si vedano Roof, 2002: 73 sgg. e Ammerman, 2002: 66 sgg.
6 Cfr. Pace, 1997: 159, 162, 165. Il fondamentalismo non va considerato espressione di un ritorno a concezioni arcaiche e premoderne: è una figura della modernità che denuncia il fallimento della politica nel realizzare le sue promesse di giustizia, libertà, benessere e si oppone al progetto moderno di una società eticamente neutrale. Fa ciò affermando che «la politica senza più riferimenti ai fini ultimi – che solo la religione può aiutare a definire – decade e condanna tutta la società alla decadenza morale» (Pace-Stefani, 2000: 12). Quindi: «il fondamentalismo è una forma di modernità religiosa che si confronta drammaticamente con altre forme moderne del credere» fra cui i sincretismi vecchi e nuovi. Il fondamentalismo fa parte di quel ritorno del sacro che segue l'ondata secolarizzatrice che sembrava aver decretato la morte di Dio e delle religioni (ivi, 162-164) Un'indagine esplorativa sulla presenza di atteggiamenti fondamentalisti in alcuni contesti giovanili europei è stata coordinata da L. Tomasi (1995).
7 In base ai dati ISSP dell'inizio degli anni Novanta la quota di credenti in Dio si aggirava intorno al 90%, mentre una quota analoga si riconosceva come cattolica (Garelli-Offi 1996: 16, 73). Risultati simili sulla ridotta quota di soggetti che si considerano atei o non religiosi emergono dall'indagine della Fondazione Agnelli (AA.VV., 1992: 61 sgg.) e da un'altra più recente indagine (Garelli 2003: 81). Inoltre, un'inchiesta europea sui valori ha messo in luce una costante crescita della fede in Dio e nell'anima immortale, della pratica della preghiera, delle credenze nell'inferno e paradiso, della fiducia nella Chiesa negli ultimi venti anni. Dalla stessa indagine risultano essere solo il 3% gli atei convinti e l'11% coloro che si dicono «non religiosi» (Gubert, 2000: 398 sgg.). Conclusioni analoghe – crescente interesse per la religione e scarsa percentuale di non credenti – sono tratte da Ilvo Diamanti sulla base di una rilevazione EURISKO (Diamanti, 2003).
8 Cfr. Acquaviva-Pace, 1998: 74 sgg. Un'approfondita analisi di queste dimensioni nella religiosità degli italiani è compiuta nell'ambito della ricerca sul pluralismo morale e religioso (Garelli et al. 2003). Si vedano in particolare i saggi di Garelli sull'esperienza religiosa (p. 77 sgg.), di De Sandre su pratiche e credenze (p. 115 sgg.), di Bove-Cipriani sull'appartenenza (p. 159 sgg.).
9 Ciò, ovviamente, non significa attribuire al sincretismo soggettivo una patente di «autenticità religiosa» né metterlo sullo stesso piano della religione istituzionalizzata.