La pornocrazia o le donne nei tempi moderni
edizione italiana a cura di Carmela Caldarola e Raffaele Licinio
introduzione di Beniamino Placido
Il feroce libello antifemminista dell'autore della celebre frase «la proprietà è un furto», per la prima volta presentato al pubblico italiano; un'opera che ogni donna deve leggere, per riconoscere l'«antifemminismo dei progressisti».
- Collana: Biblioteca Dedalo
- ISBN: 9788822037206
- Anno: 1979
- Mese: gennaio
- Formato: 11 x 18 cm
- Pagine: 208
- Tag: Critica letteraria Letteratura Donna Femminismo
«Una donna che scrive non dovrebbe esser conosciuta dal pubblico che di nome; una donna che parla in pubblico dovrebbe esser messa agli arresti in casa»; «penso che il marito abbia sulla donna diritto di vita e di morte»: affermazioni sorprendenti sulla penna dell’autore della celebre frase «La proprietà è un furto». In effetti, quest’opera, pubblicata postuma nel 1875, risulta oggi ancora tra le meno note di Proudhon, ma tra le più interessanti per definirne le teorie sociali. Quando, nel 1858, fu dato alle stampe il volume De la justice, Proudhon fu fatto oggetto di aspre critiche da parte di alcune scrittrici, che lo accusarono di aver mistificato il ruolo e l’impegno delle donne sul terreno dell’emancipazione femminile. A quegli attacchi rispose lavorando a La pornocrazia, opera che ne puntualizza il pensiero ferocemente antifemminista. Contrario al divorzio come ad ogni presenza della donna nel tessuto sociale extra-familiare («la sfera d’influenza femminile è il domicilio coniugale»), Proudhon non esita a definire «virago» e «libertine» le femministe dei suoi tempi, sino a sostenere che «non v’è delitto al quale l’emancipazione non possa condurre». In realtà, precisa Beniamino Placido nella sua Introduzione, «nessuna opera come La pornocrazia rappresenta Proudhon al suo meglio. Che coincide ampiamente col suo peggio: un impasto pasticciato di lucidità e confusione, di astuzia e generosità, di velleitarismo e di ribellismo»: quello stesso impasto che, dopo la «riscoperta» di Proudhon nel ’78, «si è guadagnato a pieno merito il nome di pornocraxia».