Tra cielo e terra
In viaggio con Dante Alighieri e Marco Polo
Cosa unisce Dante e Marco Polo? Tra aneddoti storici e curiosità scientifiche, tutti i legami tra questi due grandi esploratori della vita, capaci di cambiare per sempre il nostro modo di guardare il mondo.
- Collana: Nuova Biblioteca Dedalo
- ISBN: 9788822063403
- Anno: 2021
- Mese: giugno
- Formato: 14 x 21 cm
- Pagine: 272
- Tag: Storia Letteratura Storia della scienza
«Entrambi avevano viaggiato in posti sconosciuti, in luoghi mai visti da nessuno prima, in una grande corsa verso l’ignoto: nei loro viaggi avevano seguito il ritmo delle onde, la tempesta dei venti, si erano inebriati uno della vastità dei paesaggi immensi, l’altro di oscuri gironi infernali. Si erano interessati di scacchi e di angeli, di peccatori e di briganti, di santi e di assassini, di strabilianti miracoli e di grandi nefandezze, così come di astrolabi e di bussole, di geografia e di cosmogonia».
Dante Alighieri e Marco Polo: due facce di un’unica medaglia, quella dell’Italia del Trecento che non finirà mai di stupirci per la sua dannata ricchezza.
Prologo - Il Mercante e il Poeta - Geni ordinari e stregoni - Il gigantesco cristallo - L’enigma del manoscritto perduto - La malattia dello scrivere - Nelle tenebre dell’Inferno - La collina del Purgatorio - La luce del Paradiso - I tormenti di Botticelli - Un libro inesistente - Missioni diplomatiche - L’arte del viaggiare - L’infinita querelle - Venezia e Firenze - Alle porte del XIII secolo - Il mondo visto da Rialto - Una straordinaria Repubblica - I cavalli di San Marco - L’arte della lana - Alle radici dell’odio - Senza esclusione di colpi - Intrigo internazionale - «Come sa di sale lo pane altrui» - L’astrolabio e la bussola - Tutto ebbe inizio a Gerusalemme - L’ombra di un antico maestro - Dietro le quinte - Nel cuore della Tartaria - Il nobile castello - Pax mongolica - Francesca e le altre, ovvero dell’amore e del peccato - Pulzelle d’Oriente - Mostri, animali e giganti - L’ineffabile prete Gianni - Viaggiatori in direzione ostinata e contraria - La setta degli assassini - La Croce del Sud - Sulle orme di Alessandro Magno - Il fuoco purgatorio - Il miracolo della montagna - Sogni, preghiere e numeri - Andata e ritorno da Ormuz - Fiori e alberi, luce e fuoco - Il luogo più alto del mondo - Gli elementi, l’etere e il trasumanar - La Via della Seta - Luce, danza e musica - Alla corte del Gran Khan - Il quesito all’aquila - La scoperta dell’Asia - Genialità medievali - La Candida Rosa - Il lungo addio - Letture consigliate
Una leggenda vuole che Dante Alighieri e Marco Polo si siano incontrati a Verona nel 1313 in occasione di un banchetto di corte. Erano più di dieci anni che il Poeta era in esilio dalla sua amata-odiata Firenze: aveva girovagato per varie regioni d’Italia ma da circa un anno aveva trovato generosa accoglienza presso Cangrande della Scala, signore di Verona, scaltro condottiero prima e abile politico dopo. Anche Marco Polo, molti anni prima, era stato accolto generosamente da un “Gran Can”, o meglio da Kublai Khan, il signore di tutti i Mongoli, il cui Impero immenso si estendeva dalle sponde dell’Oceano Pacifico a quelle del Mar Nero, dalle steppe paludose della fredda Siberia alla bianca catena dell’Himalaya e alle foreste della Birmania.
Cosa si siano detti il Poeta e il Mercante, questi due grandi affabulatori, il primo in rime, il secondo in prosa, in una lingua italiana che stava iniziando a prendere forma anche grazie a loro, rimane a tutt’oggi sconosciuto. Se la politica era stata l’asfissiante passione di Dante, una passione che lo aveva consumato fino all’osso e per cui stava pagando un prezzo altissimo, la geografia, gli usi e costumi dei vari popoli del lontano Oriente, o meglio la curiosità per tutto ciò che era nuovo ed esotico, era stata la molla che aveva spinto Marco Polo ad attraversare deserti, scalare le vette del Pamir, percorrere gli immensi pianori asiatici.
Entrambi avevano viaggiato in posti sconosciuti, in una grande corsa verso l’ignoto: avevano seguìto il ritmo delle onde, la tempesta dei venti, si erano inebriati uno della vastità dei paesaggi immensi, l’altro di oscuri gironi infernali. Entrambi avevano provato il gelo delle sconfinate paludi ghiacciate o la luce accecante del Sole, quell’astro che guida e muove tutte le altre stelle. Avevano sempre detto “andiamo avanti, voglio vedere cosa c’è più in là”, uno con il cuore pieno di rancore, l’altro con la leggerezza di una bolla di sapone.
Si erano interessati di scacchi e di angeli, di peccatori e di briganti, di santi e di assassini, di strabilianti miracoli e di grandi nefandezze, di Imperi e di religioni, di fiumi maestosi e di mari altrettanto immensi, così come di astrolabi e di bussole, di terra e di cielo, di geografia e di cosmogonia.
L’amore per il sapere e la loro sete di conoscenza avevano fatto spiccare loro un «folle volo», chi verso territori inesplorati dell’Asia, chi nelle zone remote della storia e della mente. Due viaggiatori straordinari che vale la pena seguire nei loro passi, nelle nobili storie che hanno da raccontare, nelle formidabili memorie di cui sono pieni i loro scrigni.
Mettere a confronto e intrecciare le storie di questi due viaggi, verso l’immensità del divino e lungo gli spazi vaghi e indefiniti di terre sconosciute ci porta a guardare, come in un affascinante caleidoscopio, un mondo lontano nel tempo e nello spazio che, dopo sette secoli, ci fa ancora sognare e appaga la nostra sete di conoscenza. Se nella Commedia di Dante ogni racconto è allegorico, nel Milione di Marco Polo ogni racconto, quando non è esplicita novella, ha invece il taglio fotografico di un reportage.
James Joyce ebbe a dire: «Amo il mio Dante tanto quanto la Bibbia, egli è il cibo spirituale». Honoré de Balzac cercò nella sua Commedia umana di rendere la stessa ricchezza di personaggi e di situazioni del poema dantesco. Il poeta russo Osip Mandel’štam non lasciava mai il suo appartamento a Mosca senza una copia della Commedia nell’eventualità di un suo arresto, cosa che accadde puntualmente. Riguardo a Marco Polo, il famoso sinologo Jonathan Spence ha scritto: «È una strana malattia. Può colpire in qualsiasi momento. La sintomatologia è abbastanza chiara: si avverte un fascino travolgente per tutto ciò che Marco ha detto e descritto. La cura è ignota».
Dante Alighieri e Marco Polo, due facce di un’unica medaglia, quella dell’Italia del Trecento che non finirà mai di stupirci per la sua dannata ricchezza.
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