Le farfalle volano grazie alla polverina sulle ali
È una sera d’estate e una falena entra in casa. Di solito si scatenano urla di terrore, in genere femminili. Il Coraggioso di Turno si fa avanti e cerca di afferrare il povero insetto.
Ecco cosa può succedere subito dopo:
1) fuga scomposta dei presenti (tranne del Coraggioso di Turno);
2) il Coraggioso di Turno avanza baldanzoso, per poi fingere un malore e bofonchiare qualcosa circa il “rispetto di tutte le forme di vita e che noi non abbiamo il diritto di...”, ma in realtà ha solo paura;
3) il Coraggioso di Turno apre la finestra per cercare di far uscire la falena, maneggiando mortalmente una pantofola o, in alternativa, un giornale arrotolato (raramente un giornale arrotolato intorno a una pantofola);
4) il Coraggioso di Turno apre la finestra per cercare di far uscire la falena, esortandola gentilmente con le mani.
Nel caso si scegliesse l’ultima opzione, potrebbe avvenire un contatto tra le dita del Coraggioso di Turno e le ali della falena.
In quel momento, si leverà una voce dal fondo della stanza: «Attento alla polverina sulle ali! Se la togli non volerà più».
La cosa che più mi stupisce di questa storia della “polverina volante” è che va ben oltre la solita falsa credenza, è qualcosa di molto più profondo e radicato, qualcosa che fa sentire anche il bimbetto di turno in diritto di guardare torvamente la guida naturalistica che sta per afferrare una farfalla davanti ai suoi occhi.
Ho maneggiato per molto tempo farfalle a fini di ricerca, catturandole con il classico retino entomologico per osservarle da vicino. Con i miei studi ho contribuito non tanto all’avanzamento delle conoscenze scientifiche, quanto ad alimentare l’immaginario collettivo del naturalista ottocentesco che rincorre farfalle in un prato. Con il retino. In pantaloncini corti.
Mi è stato insegnato ad afferrare con perizia le farfalle, senza danneggiarle. Le prendevo delicatamente dal torace, tenendole tra le dita, e osservavo i disegni delle ali per determinare quale specie avessi catturato. Non appena avevo finito, mi bastava aprire leggermente le dita per far volare via tranquillamente l’insetto. Ho passato tre mesi a fare solo questo lavoro.
Un po’ di esperienza ce l’avevo.
Eppure, quando facevo le visite guidate, nonostante specificassi a tutti gli astanti che sapevo come maneggiare una farfalla, c’era sempre quello sguardo ammonitore del bambino di sei anni che tacitamente mi diceva «ASSASSINO».
Ora, vorrei ragionare con quel bimbo diffidente e con chiunque abbia la pazienza di seguirmi: da cosa è composta quella polverina? Anche se la risposta è «non lo so», siamo tutti convinti che sia lei la responsabile del volo. Perciò se afferrassimo una farfalla per le ali e quella polverina rimanesse sulle dita, la nostra mano dovrebbe cominciare a levitare.
E se pensaste «questo ragionamento è sbagliato, noi siamo troppo grandi», allora potrei applicare quella polverina su un pezzo di carta.
E se pensaste «questo ragionamento è sbagliato, il pezzo di carta è inanimato!», allora potrei applicarla su un insetto privo di ali, come ad esempio un qualsiasi insetto stecco italiano.
E se ancora pensaste «questo ragionamento è sbagliato, l’insetto stecco non vola!», allora potrei applicarla a un insetto di pari dimensioni e alato, come un’ape.
Ma... l’ape vola già. Senza polverina. Mistero.
Sarà forse che in ogni insetto alato giace un Peter Pan che vola grazie ai pensieri felici? O forse – rimanendo in tema di Isola che non c’è – Trilly/Campanellino potrebbe distribuire la polvere fatata a tutti gli invertebrati che abbiano voglia di volare...
Un po’ di biologia
Per poter capire perché la polverina sulle ali delle farfalle non ha nulla a che vedere con quella di Trilly che faceva volare i Bimbi Sperduti dell’Isola che non c’è, occorre analizzare la struttura delle farfalle e delle falene a livello microscopico.
La maggior parte degli Ordini degli Insetti viene identificata dagli entomologi con un nome che rimanda alla forma e alle caratteristiche delle ali di quel particolare gruppo; in questo nome, infatti, si nasconde la parola greca pteron, che vuol dire ala. Perciò abbiamo i Ditteri (Diptera, “due ali”), cioè le mosche e le zanzare, che hanno appunto due ali. Oppure i Coleotteri (Coleoptera, “ali inguainate”, cioè dentro una guaina dura), altro nome per definire i “bacarozzi”. Farfalle e falene appartengono invece all’Ordine dei Lepidotteri, che in greco significa “ali con scaglie”, da lepis, “scaglia” o “fiocco”, e pteron, appunto, “ala”.
La struttura dell’ala delle farfalle è nota già da molti secoli, ma è solo con le recenti tecniche di microscopia e gli studi di etologia che abbiamo finalmente carpito i segreti celati dalla “polverina volante”. Spieghiamo dunque cosa sono queste scaglie e a cosa servono.