La comoda menzogna
Il dibattito sulla crisi globale
prefazione di Salvatore Bragantini
Il libro che mancava sulla crisi. Tutto ciò che è stato detto in questi anni dagli economisti viene messo a confronto, commentato e criticato. Ci hanno fatto credere che è stata tutta colpa della sola finanza cattiva. E invece questa è solo una comoda bugia…
- Collana: Libelli vecchi e nuovi
- ISBN: 9788822055163
- Anno: 2011
- Mese: febbraio
- Formato: 12,5 x 21 cm
- Pagine: 184
- Tag: Società Politica Economia Crisi economica
Non si tratta dell’ennesimo libro sulla crisi, bensì del primo che esamina il «dibattito sulla crisi» fra i diversi economisti. Dopo più di tre anni dall’insolvenza dei mutui subprime in Usa nell’estate del 2007, è giunto il momento di tirare le somme sulle cose che si sono dette a proposito della genesi di questa crisi tremenda, che sembra non volersi ancora ritirare del tutto, anzi ogni tanto ha ancora qualche sussulto, e le cui conseguenze in termini economici e sociali avvertiremo ancora per qualche anno. Vengono messe a confronto e criticate, con linguaggio chiaro e divulgativo, senza peraltro rinunciare al rigore scientifico, le diverse tesi che sono maturate in questi anni sulle cause della crisi e viene smascherata e indicata come menzognera la tesi dominante che vuol dare tutta la colpa alla «finanza» a danno dell’«economia reale». Tesi che è molto, troppo comoda per chi vuole allontanare da sé ogni responsabilità. È anche troppo semplice, perché consente di opporre ai lavoratori disoccupati e precari la scusa che la colpa è tutta degli speculatori d’oltre oceano. È infine una tesi che fa comodo anche a certa sinistra, a quella che ha sempre coltivato il mito dell’«impresa industriale buona» e della «finanza cattiva». In realtà questa crisi ha le sue radici proprio nell’economia reale, nell’avidità delle imprese, negli orientamenti della politica mondiale emersi negli anni ’80, politica volta a umiliare il lavoro e a esaltare i profitti in tutti i settori economici.
Prefazione - La comoda menzogna di Salvatore Bragantini - Introduzione - Si è perfino riscritta la storia - 1. La tesi prevalente: c’è stato un Lupo Cattivo (la finanza) e un Cappuccetto Rosso buono (l’impresa) - 2. Una parentesi teorica necessaria: le due teorie prevalenti sul ruolo della moneta. Il modello di Minsky e i suoi sostenitori - 3. La tesi degli iperliberisti: fallimento del mercato? Ma no... - 4. Un piccolo intermezzo. La tesi di chi dice: finalmente è arrivata la crisi - 5. Un’altra parentesi teorica necessaria: come si forma il Pil? Con alcuni riferimenti alla situazione attuale - 6. Le tesi di coloro che dicono: la crisi ha origini reali - Conclusione - Perché si nega l’evidenza? ... Il caso italiano è paradigmatico - Indice dei nomi
Introduzione
Si è perfino riscritta la storia
Nel maggio del 2009 è stato divulgato un documento redatto da un gruppo di economisti di tutto il mondo, con il coordinamento del premio Nobel 2001 Joseph Stiglitz e dell’economista francese Jean Paul Fitoussi, cioè due stelle della massima grandezza nel panorama della scienza economica mondiale. In detto documento vengono indicate le cause della crisi che stiamo vivendo e i suggerimenti per superarla. Il gruppo di lavoro, autonominatosi Shadow GN, con riferimento ai vari G… che caratterizzano i rapporti fra le varie potenze del pianeta, è nato dalla collaborazione della Libera Università degli Studi Sociali (LUISS) di Roma, dove lo stesso Fitoussi insegna, e la Columbia University, dove insegna Stiglitz. Del contenuto di questo documento ci occuperemo a tempo debito.
Quello che vogliamo mettere subito in evidenza è che di esso non si è curato adeguatamente nessuno degli economisti «ufficiali» italiani né tanto meno se ne è trovata adeguata presenza nelle pagine economiche dei giornali nazionali, e ciò nonostante portasse la firma di due autorevolissimi economisti di fama mondiale, di cui uno addirittura premio Nobel.
Non vogliamo minimamente sostenere che quel documento dovesse essere considerato il vangelo definitivo sulla crisi attuale a cui tutti devono prestare fede, non è questo che ci saremmo aspettati. Sappiamo benissimo che l’economia, come tutte le scienze che hanno a che fare con il comportamento umano, sia individuale che collettivo, registra solo raramente unità di valutazione. Sappiamo benissimo che l’analisi che ogni economista fa di una data situazione contiene sempre un minimo irriducibile che ha a che fare con la propria visione del mondo. Sappiamo benissimo che ancora oggi nel pensiero economico in generale vi sono sostenitori e avversari di singole tesi, se non addirittura dell’intero pensiero, di economisti del calibro di Smith, Ricardo, Marx, Keynes, ecc.; figuriamoci quindi se si può non condividere un documento redatto da economisti che non hanno ancora passato il vaglio della Storia del Pensiero Economico. Il punto non è questo. Il punto vero è che quel documento meritava almeno di far capolino nel dibattito sulla crisi, visto lo standing dei redattori, anche se per essere confutato; invece niente, o quasi, di tutto questo è accaduto. Inspiegabilmente sia gli economisti che i giornalisti economici, salvo casi sporadici confinati ai margini del carosello mediatico, lo hanno semplicemente snobbato; i primi forse perché timorosi che qualcuno dal di fuori potesse insidiare il proprio ruolo in Italia di dispensatori di analisi e consigli in campo economico, i secondi troppo dipendenti dagli economisti domestici, in particolare da quelli con maggiore esposizione mediatica. Entrambi terrorizzati forse dal fatto che l’introdurre anche nel dibattito italiano la tesi sostenuta in quel documento rischiava di mandare all’aria tutte le favole che avevano raccontato sulla crisi. Infatti le conclusioni cui sono giunti gli economisti del Shadow GN non combaciano affatto con la tesi prevalente in Italia, e se mai rimandano alla diagnosi preventiva fatta dal maggiore economista italiano del secondo Novecento, Paolo Sylos Labini (1920-2005), che l’attuale crisi l’aveva prevista sin dal 2003 (alla faccia di chi sostiene che la crisi non l’aveva prevista nessuno) portando a sostegno della previsione proprio le considerazioni ora svolte, a posteriori, da Stiglitz e Fitoussi, o rimanda a quello che sostengono alcuni altri economisti con minore esposizione mediatica.
Dicevamo che quel documento colpisce al cuore la tesi predominante sulle cause di questa crisi, tesi che attribuisce tutta la colpa alla «finanza cattiva» la quale, complice l’insipienza dei regolatori, ha trascinato nel suo fallimento anche l’economia reale abitata dalle «imprese buone» che avrebbero subìto le nefaste conseguenze. Di questa tesi ci occuperemo subito nel prossimo capitolo essendo, come dicevamo, quella prevalente.
La maggior parte dei commentatori è talmente convinta di questa «verità», di attribuire cioè tutta la colpa alla finanza cattiva che, considerata la tendenza a confrontarla con quella del ’29 (la più spaventosa crisi del capitalismo), per cercare analogie e differenze ne ha forzato anche l’interpretazione, arrivando a riscrivere la Storia pur di trovare conferma alle proprie tesi. Anche per quell’evento sono stati evidenziati gli eccessi finanziari e speculativi, sottacendo quanto risulta ormai assodato, non solo dalla prevalente analisi economica ma dalla stessa analisi storica tout court, e cioè che quella è stata un «crisi di sovrapproduzione».
Ma simili parole, evidentemente, non si possono e devono ripetere nell’attuale contesto storico perché il concetto di sovrapproduzione rimanda a quello di scarsità di capacità di acquisto e questa a sua volta ai problemi nella distribuzione del reddito. Tutti argomenti sui quali vige ancora una certa cautela nel pronunciarli visto che, nonostante l’elezione di Obama e lo stesso scoppio della crisi, l’atmosfera culturale e politica imperante è ancora quella del liberismo puro inaugurato dalla svolta Reaganiana-Thatcheriana a cavallo degli anni ’70 e ’80 del Novecento. A questa ideologia neo-liberista sembra si faccia ancora molta fatica a opporsi, soprattutto in Italia, anche da parte di correnti di pensiero da cui sarebbe lecito aspettarsi l’affrancamento. E allora è consentito al massimo dire che quei problemi di distribuzione ci sono oggi come effetto della crisi, ma mai insinuare che possano essere stati la causa della crisi. Come detto, torneremo ampiamente sulla questione, pertanto è inutile anticipare troppo l’argomento.
In questo libro cercheremo di fare la sintesi del dibattito sulla crisi globale intercorso in Italia fra i vari economisti e commentatori, ivi compresi quelli che non sono italiani di nascita, ma abbastanza italiani di adozione come nel caso di Fitoussi e dello stesso Stiglitz, vista la loro frequente presenza non solo nelle università italiane ma anche sulla stampa italiana.
08 marzo 2011 | Corriere del Mezzogiorno |
08 marzo 2011 | La Gazzetta del Mezzogiorno |
07 marzo 2011 | GDOWeek |
01 marzo 2011 | Moneta e Credito |